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Caro Direttore, sulle pagine di Repubblica Milano è stato pubblicato un intervento del professor Giuseppe Boatti, che esprime giudizi generali sullo stato dell’urbanistica italiana e milanese, e in questo quadro presenta il Politecnico di Milano come luogo in cui prevale il pensiero unico e sono marginalizzate le posizioni critiche. Una risposta ci sembra necessaria in merito alla complessa questione delle tendenze prevalenti della cultura urbanistica italiana. La capacità di governo delle trasformazioni del territorio non è indipendente dalla cultura di governo che un paese è in grado di esprimere. Non vi è dubbio che in questi anni sia in crisi la possibilità di un’azione urbanistica legittima, rigorosa ed efficace; ma l’immagine dell’urbanista eroico, capace da solo di contrastare il corso della realtà, rischia di diventare un facile alibi, mentre è più complicato continuare a impegnarsi in un paziente processo riformista.

Inoltre, presentare il Politecnico come sede di un pensiero unico, o, peggio, di atteggiamenti collusivi con i poteri costituiti, è in palese contraddizione con l’attività quotidiana dei nostri docenti e ricercatori, con l’impegno a sostegno della costruzione di politiche pubbliche per la città e il territorio e con lo sforzo di alimentazione della riflessione pubblica. Un dipartimento, una scuola o un ateneo non sono partiti politici o lobby professionali. Pluralismo, trasparenza, cura del confronto pubblico sono requisiti inderogabili per qualunque università vera: la nostra attività di ricerca e di formazione e la stessa reputazione pubblica delle nostre istituzioni valgono dunque come la risposta più semplice e chiara.

Può essere utile aggiungere qualche considerazione relativamente all’impegno delle nostre istituzioni sui temi della città, pubblicamente espresso negli ultimi anni. Vari gruppi di colleghi hanno pubblicato testi rilevanti sul tema, tra i quali segnaliamo almeno "Per un’altra città. Riflessioni e proposte sull’urbanistica milanese" (2009, un libro a cui ha contribuitolo stesso Giuseppe Boatti); e più recentemente "Milano al futuro", testo sulle prospettive urbanistiche della città che sarà divulgato tra poche settimane. In questi volumi e in altre attività di ricerca e formazione docenti e ricercatori del Politecnico provano, in modo non ideologico, ad affrontare i complessi problemi del governo urbano, sostenendo la necessità di promuovere l’innovazione sociale, garantire abitabilità e qualità ambientale, favorire la coesione sociale. Il lettore interessato potrà dunque verificare se davvero le nostre istituzioni sono afflitte da pensiero unico, o se invece sono in grado di contribuire ad alimentare il dibattito sulla città con la critica e con la proposta.

Postilla

Svelta come il baleno l’Accademia nel difendersi (debolmente: «abbiamo pubblicato un libro a cui ha contribuitolo stesso Giuseppe Boatti »). Lenta, anzi, immobile come un elefante in coma, nel difendere l’espressione della libertà di critica dagli attacchi intimidatori.

Del resto, è difficile aspettarsi altro da chi ritiene il termine “ideologia” non significa “insieme di principi e convinzioni condivisi da un determinato gruppo sociale” ma è sinonimo di dogmatismo e ottuso preconcetto: operazione semantica messa in opera da chi ha voluto imporre, come unica ideologia, quella dominante. Il “pensiero unico”, appunto, che Boatti ha denunciato nella sua lettera aperta. Insomma, viene il sospetto che, nel dire "no all'urbanista eroico", i due professori abbiano voluto dire "si" al pensiero unico.

Vedi qui il racconto e il commento sull'evento che ha provocato la polemica

Gianni Beltrame, urbanista “ambientalmente orientato” fin dai lontani anni Settanta, ha criticato una proposta legislativa di Legambiente Lombardia in un articolo pubblicato su questo sito. Legambiente Lombardia risponde, molto adirato, il presidente Damiano Di Simine, cui a sua volta replica Beltrame

Damiano Di Simine

Risposta di Legambiente Lombardia

a Gianni Beltrame

Caro Gianni Beltrame, consentici di rispondere alle tue critiche incomprensibilmente nostalgiche e rancorose.

Legambiente, per sua missione, ha da un lato il compito di sensibilizzare l’opinione pubblica, dall’altro quella di avanzare proposte scientificamente fondate e concretamente fattibili.

Questo è quello che abbiamo fatto lanciando la legge di iniziativa popolare incriminata. Nel confezionarla, ci siamo confrontati con una pluralità di esperti: urbanisti, economisti, agronomi... abbiamo chiesto un parere anche a te, memori di un lontano passato in cui da Gianni Beltrame giungevano critiche e suggerimenti utili e costruttivi. Ma evidentemente erano altri tempi, forse più generosi e stimolanti per te. Peccato, forse col tuo contributo avremmo potuto perfezionare quella norma che ora contesti. O forse no, perchè gli aiuti e i suggerimenti che abbiamo ricevuto dai molti esperti che abbiamo consultato sono stati davvero ricchi e puntuali.

Evitiamo in questa sede di discutere gli argomenti generali, anche se non ci possiamo esimere dal segnalare che ritenere il tema del consumo abnorme di suolo come un problema “solo ed esclusivamente urbanistico” ci sembra riduttivo e forse fuorviante. Chi dice questo evidentemente non si è accorto degli enormi flussi finanziari che si riversano sempre di più sul mattone; pressioni che vanno ben al di là di una normale (seppur disdicevole) dinamica del profitto: non si spiegherebbe altrimenti la scelta di costruire per costruire, indipendentemente dalle reali possibilità di vendita degli immobili. Inoltre i procuratori antimafia ci spiegano da qualche anno quante sono le infiltrazioni mafiose nel settore immobiliare, anche qui a Milano. Non è quindi solo “questione urbanistica”. Certo, gli urbanisti hanno pesanti responsabilità, che sono quelle di essersi limitati troppo spesso a trascrivere in bella copia le peggiori perversioni cementizie, ma i mandanti sono altri, e all'urbanistica si può 'solo' rimproverare la mancanza di un credibile movimento di obiezione di coscienza.

Per il resto l'urbanistica non ha mai avuto il ruolo che gli attribuisci, perchè non ha mai governato nemmeno concettualmente il tema del suolo e del suo consumo: lo dimostra il fatto che in Italia manchino persino i dati su base nazionale di consumo di suolo, e che nessuno si sia peritato di porre seriamente questo tema, che invece dovrebbe essere un caposaldo su cui informare le scelte strategiche di pianificazione e programmazione territorale (come insegna la legislazione tedesca sui suoli, una delle fonti a cui ci siamo ispirati per scrivere la nostra 'leggina'). Se dovessimo valutare in base alla qualità e alla quantità dei dati disponibili in Italia, dovremmo dirci che l'urbanistica come disciplina semplicemente non si occupa del suolo e del suo consumo, tutt'al più lo considera un argomento retorico. L'eccezione è quella, avviata da alcuni mesi a questa parte, dal DIAP del Politecnico di Milano che con Legambiente e INU sta lavorando alla difficile raccolta e validazione dei dati esistenti.

Ma veniamo alle specifiche critiche.

Abbiamo proposto una “leggina”.

Sì, è vero, si tratta di una legge che interviene in modo limitato e parziale. E’ una colpa grave? Noi, molto modestamente, sappiamo fare questo. Ci vuole il solito 'ben altro'? Di sicuro, ci vuol sempre ben altro, e, caso mai ce ne dimenticassimo, ci sarà sempre qualche 'benaltrista' che ce lo ricorderà. D’altra parte sono ormai troppi anni che attendiamo che qualcuno più bravo di noi scriva una buona legge urbanistica regionale da opporre alla “controriforma” venuta avanti in questi anni, l’avremmo appoggiata volentieri. Ma non solo non sono venute proposte da “tutte le sane forze dell’ambientalismo”, ma neppure da quegli urbanisti che in ogni convegno ci spiegano come gira il mondo: evidentemente sono stati troppo occupati ad aiutare le amministrazioni comunali ad applicare le “controriforme” che nel frattempo sono arrivate.

Da parte nostra avremmo certo voluto scrivere un testo più forte, che affrontasse ad esempio la questione della fiscalità locale, i meccanismi di incentivo perverso legato all'uso degli oneri di urbanizzazione, la questione della proprietà privata... ma si dà il caso che le materie fiscali e quelle di modifica della Costituzione sono sottratte all'iniziativa popolare di proposta di legge, avremmo scritto un testo certo molto più incisivo, ma privo dei requisiti di ricevibilità da parte delle sedi legislative: sarebbe stato un ottimo manifesto politico, non una proposta di legge. E tuttavia di questi temi certo non ci dimentichiamo, ma ne facciamo elemento di battaglia politica, non di proposta legislativa che compete, per queste materie, esclusivamente alle sedi a ciò istituzionalmente preposte, i parlamenti regionali e nazionale, ma che noi intendiamo condizionare con la nostra campagna 'metti un freno al cemento'.

La proposta “ha poco più il valore di una grida, …. “

Articolo 1, comma 2: In particolare, la Regione promuove e garantisce la tutela delle risorse naturali del territorio, in quanto beni che costituiscono patrimonio della collettività e non possono essere consumati in modo rilevante e irreversibile. Sarà pure una grida, ma sarebbe la prima volta che, in una norma di legge italiana, si riconosce il principio che il territorio, pur vigendo la proprietà privata, è un bene comune, appartiene all’intera comunità.

All’articolo 4 si vieta di pianificare espansioni se nel Comune esistono aree già urbanizzate non utilizzate, sottoutilizzate o dismesse. Tale indicazione esiste già in altre leggi (compresa la 12/2005), ma non è mai prescrittiva e vincolante: con la nostra “leggina” lo diventerebbe. E’ una norma inutile? Non è abbastanza radicale? Non sarebbe una concreta limitazione alle espansioni?

All’articolo 5 le espansioni già previste vengono gravate dall’obbligo di cedere al Comune e ad equipaggiare il doppio della superficie fondiaria occupata dal nuovo intervento, sia edificatorio che infrastrutturale, oltre ai vigenti oneri, standard a verde compresi. Noi crediamo che, oltre che garantire un consistente “ristoro” al danno causato dall’occupazione di suolo libero, questa norma possa influenzare positivamente il mercato orientando almeno una parte degli appetiti immobiliari sul riuso del patrimonio esistente anziché sulla costruzione del nuovo. E’ poco? Può darsi, però porterebbe matematicamente ad un esaurimento delle possibilità di espansione ad un livello comunque inferiore al 100% oggi possibile (e in qualche Comune già avvenuto). E’ inutile? Certamente no. E’ “vago e confuso”? Ci si spiega perché, di grazia?

In ogni caso, se la norma è così indolore, benissimo, allora dovrebbe essere molto facile metterla alla prova: non occorre una legge per inserire, volontaristicamente, la 'indolore' compensazione ecologica preventiva all'interno del piano delle regole di uno qualsiasi dei PGT dei1546 comuni lombardi, anzi, visto che è così indolore, ci stupisce che nessuno l'abbia ancora fatto: confidiamo pertanto che ciò avvenga, per vedere come questa norma indolore agisce.

“… se pur alla ricerca di un facile consenso”.

Questa critica ci pare proprio curiosa. E’ forse una colpa cercare, e possibilmente avere, un largo consenso? E’ forse inutile obbligare il Consiglio Regionale ad esprimersi su una proposta di risparmio di suolo corredata da un alto numero di firme che ne comprova il consenso popolare?

Dovremmo fare proposte che suscitano opposizione nell’opinione pubblica?

“solo il ritorno ad una corretta e operante pianificazione territoriale-paesistico-ambientale …”

Questa è la parte meno comprensibile tra le tue critiche. A quando o a dove si riferisce l’auspicato “ritorno”? Se, per restare in Lombardia, tutti siamo dell’opinione che lo sfascio delle normative urbanistiche degli ultimi 15 anni ha provocato danni incalcolabili, a noi non pare che prima si fosse in una mitica “età dell’oro” della pianificazione territoriale. Forse le “corrette pianificazioni” stavano, in qualche caso, sulla carta. Sul territorio concreto a noi non pare. Oppure ti riferisci ad altre regioni italiane supposte virtuose? Quali sarebbero? Chi e quando ha quanto meno limitato il consumo di suolo? Qual è la corretta urbanistica che ha dato prova di funzionare bene e che pertanto meriterebbe nostalgia?

Da ultimo

Nell’ultimo punto della lettera aperta fai riferimento a “sane forze ambientaliste” da “guidare” e da “mobilitare”. Ora, i casi sono due: o consideri Legambiente una forza ambientalista “malata”, e allora il dialogo diventa veramente difficile, oppure ci annoveri tra quelle sane, ma in questo caso non comprendiamo chi ci dovrebbe “guidare”. Noi intenderemmo auto-guidarci. Almeno questo lasciacelo.

Nel frattempo, attraverso i banchetti di raccolta firme presenti in tutta la Regione, noi stiamo parlando di consumo di suolo con tutti i cittadini che si avvicinano, e sono tanti.

Non servisse ad altro, basterebbe questo a giustificare la campagna. O no?

Gianni Beltrame

Risposta a Damiano Di Simine

A chi non capisce, è bene e doveroso, gentilmente, rispiegare una seconda volta (se, naturalmente, chi non ha capito ha sincera voglia di capire).

Il contenuto della mia “lettera aperta” è molto chiaro e si basa su un ragionamento semplice e lineare, articolato in tre punti:

1) l’abnorme e non necessario consumo di suoli oggi in atto dipende esclusivamente dalla mancanza e dalla assenza di una corretta e operante pianificazione territoriale ovvero dalla assenza di applicazione di quel complesso di norme, leggi, pratiche disciplinari, pianificatore e ambientali e corretta amministrazione del territorio e del paesaggio definite in pratica “urbanistiche”, “comprensive di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi o gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la protezione dell’ambiente”.

2) regole, norme e buone pratiche rese possibili attraverso un buon uso del complesso delle leggi precedentemente esistenti ma distrutte sistematicamente negli ultimi anni da quella “controriforma urbanistica” che, in nome di un ideologico “liberismo” e “laissez faire a fini cementificatori” ha portato ad uno smantellamento totale della gestione del territorio improntata all’interesse collettivo e all’uso di piani e programmi pubblici per mettere al di sopra di tutto l’interesse privato a edificare ovunque e la “negoziazione” e “mercatizzazione” di ogni bene territoriale. (Disegno di legge Lupi).

Ovvero da quella concezione della “barbarie antiurbanistica” che quest’anno celebra il suo trionfo col cosiddetto Piano casa del Presidente Berlusconi e con le dichiarazioni del Ministro per i Beni e le attività Culturali Sandro Bondi che afferma che i disastri urbanistici in Italia sono stati fatti dai Piani regolatori! (E quasi nessuno si indigna)

3) sostengo, infine, che l’idea di poter invertire questa situazione promuovendo una ingenua leggina, sia pur di iniziativa popolare, per arginare gli eccessi di consumo dei suoli, sia pura illusione.

Non esistono vie facili e brevi in materia così complessa e difficile - e profondamente avversata - com’è urbanistica, tanto più che le forze di sinistra e ambientaliste cui dovrebbe competere questo sforzo di ricostruzione, non danno sino ad oggi segni di risveglio.

Solo un lungo, non facile e faticoso lavoro di rilancio e di ricostruzione di un quadro legislativo-normativo, di comportamenti e di corrette pratiche di pianificazione territoriale a guida pubblica, potrà affrontare il problema di un corretto uso dei suoli.

Del resto solo una corretta pianificazione territoriale e ambientale, basata su una conoscenza sistematica, complessiva e preventiva di valutazione di tutti i suoli e di tutti i valori paesistico-ambientali connessi in una visione di organizzazione territoriale, è in grado di decidere razionalmente su quali e quanti suoli trasformare, su cosa è consumo corretto e cosa è spreco, su quali e quanti non trasformare e proteggere: su quali , quanti, dove e perché.

Questi sono i contenuti della mia “lettera aperta” :nessuna aggressione e nessuna affermazione ideologica dunque, come invece sostiene il sign. Di Simine.

Caro Leandro,

in nome delle tante battaglie condotte assieme, dei comuni valori e dei sentimenti di reciproca stima che ci legano, esprimo a te, come Presidente Regionale Siciliano, e a tutta Italia Nostra, la mia solidarietà, che è anche di altri militanti di Legambiente Sicilia, per l'attacco inaccettabile nei contenuti, nelle modalità e nel tono che alcuni dirigenti nazionali della mia Associazione hanno ritenuto di rivolgere a Italia Nostra.

Io non so se la Vostra posizione su metropolitana di Roma, auditorium di Ravello, eolico, sia da condividere o meno.

Non è questo il punto.

Sono però certo che diversità di opinioni, anche profonde, su argomenti come quelli citati, non possono motivare simili prese di posizione.

Ritengo allo stesso tempo, con convinzione e fermezza, che la coesione delle associazioni ambientaliste è un valore importante ed un obiettivo da perseguire in maniera determinata, pur nella differenza di posizioni.

In questo paese travolto dall'illegalità e nel quale la natura, il territorio e il paesaggio sono oggetto di un'aggressione senza eguali, non serve minimamente lanciare all'opinione pubblica un segnale di cosi' profonde divisioni nè lacerare i rapporti di collaborazione, che vanno invece coltivati e rafforzati dinnanzi a vicende come quella del Ponte sullo Stretto di Messina, della Legge delega ambientale, delle continue sanatorie, del carbone, delle ecomafie.

Potremmo stilare un elenco lunghissimo delle tante cose importanti che dobbiamo continuare a fare assieme, dinnanzi all'elenco striminzito delle poche cose, non importanti, che ci hanno diviso e che possono dividerci.

Italia Nostra ha poi un merito ed un ruolo insostituibili in questo paese, per le battaglie (che conduce in modo efficace ed esemplare) a tutela del nostro paesaggio e del nostro patrimonio culturale, minacciati, da ultimo, dal recente disegno di legge in materia di pianificazione urbanistica, sul quale si sono registrati disattenzione e silenzi, per non dire acquiescenza, di tante altre associazioni.

So che in Sicilia continueremo a collaborare e a fare ancora più cose assieme di quante non ne abbiamo fatto sino ad oggi.

Accogli, come concreto segno di solidarietà, la mia richiesta di iscrizione ad Italia Nostra.

Per il resto, della presente fanne l'uso che ritieni più opportuno.

Con affetto e stima.

Angelo Dimarca, Vice Presidente Regionale di Legambiente Sicilia

La risposta del presidente di Italia Nostra – Sicilia

Caro Angelo,

grazie per la solidarietà. La tua lettera è molto bella. E' la lettera di un uomo, di un ambientalista che crede profondamente in ciò che fa. L'onestà, la chiarezza, la passione sono valori sempre più rari, oggi. La coerenza e la tenacia, poi, non appartengono più a questo mondo confuso e disperso dietro a idoli tanto sfavillanti quanto illusori. Ed io, insieme a te, credo che ambientalismo sia innanzitutto rispetto degli altri, cultura della pace e della solidarietà, senso del limite. Comunione d'intenti.

Altrimenti, è solo cattivo gioco, lotta per il potere, per le luci della ribalta. Un gioco, una lotta che inevitabilmente producono altre devastazioni, altro dolore, altri inganni. Non ne abbiamo certamente bisogno.

Anch'io sono convinto che in Sicilia Italia Nostra e Legambiente continueranno a collaborare, e a fare ancora più cose insieme di quante non ne abbiano fatte sino ad oggi. Insieme, anche, agli amici del Wwf, del Cai, della Lipu.

Mi fa veramente piacere la tua richiesta di iscrizione ad Italia Nostra. E' un gesto semplice, concreto, generoso. Un gesto eloquente.

Adesso ti saluto, con altrettanto affetto e altrettanta stima. C'è ancora tanto da fare, carissimo e gentile Angelo.Invierò queste note alle sezioni siciliane di Italia Nostra e alla sede nazionale di Roma.

A presto, Leandro Janni

Ambiente, difendo quel che ci han lasciato

Una replica di Italia Nostra a Legambiente. Da l’Unità del 23 maggio 2005

Caro Della Seta,

mi scusi se al suo articolo rivolto a Emiliani e Chiarante rispondo io, “vecchia bacucca” come dice lei, ma per mia fortuna ancora sufficientemente lucida da guidare l'associazione che ho contribuito a fondare ben 50 anni fa. Chiede che si entri nel merito dei problemi, rispondo nel merito dei problemi.

1) La linea C della metropolitana di Roma. Italia nostra la vuole, la chiede da anni e insiste perché venga realizzata una metropolitana automatizzata che costerebbe molto meno (60 milioni di euro al metro di rotaia invece dei 150 previsti) e potrebbe essere realizzata in un tempo molto minore. Non riusciamo a capire perché Legambiente non ne voglia neanche parlare, di risparmiare tempo e denaro.

2) L'energia eolica: sa benissimo che per noi il problema è solo in termini di difesa del paesaggio (così come dice la Costituzione) e delle aree protette. Se si tutela una zona è perché la si ritiene di pregio, o no? Perché magari vivono là specie animali rare, o no?

3) La gestione dei rifiuti. Noi saremmo contrari al compostaggio? Ma se organizziamo corsi di compost a Genova frequentati da migliaia di persone! Forse non è informato, caro Della Seta, sui fatti a cui si riferisce: quell'impianto a Grosseto che siete tanto favorevoli a costruire non è per produrre compost per uso agricolo ma bensì "carburante" per gli inceneritori a cui voi siete favorevoli e noi (e molti altri) contrarissimi; anche perché siamo convinti che la risposta al problema sia nella promozione dell'opzione Rifiuti Zero attraverso politiche radicali di raccolta differenziata e riciclaggio. Per questo stiamo lanciando la nostra rete dei Cittadini Riciclatori alla quale speriamo lei voglia aderire.

4) Ravello: mi duole doverle ricordare che gli strumenti urbanistici non prevedono ulteriori costruzioni sul territorio già molto gravato di Ravello. Che ci vuol fare, è la legge. Legge che noi chiediamo venga rispettata e non "aggirata" per un elementare, banale principio di civiltà del diritto. Cosa vuole, in questi ultimi anni della legalità il governo ha fatto carne da macello e quindi da vecchi bacucchi un po' rimbambiti quali siamo ci attacchiamo con le unghie e con i denti a quel che ci hanno lasciato.

Desideria Pasolini dall'Onda è Presidente Italia Nostra

Non seguirò Giuseppe Chiarante e Vittorio Emiliani (prima pagina de l'Unità di ieri) sulla via delle insinuazioni e delle offese. L’immagine di Legambiente associazione ricca e compiacente verso i “poteri” non è nemmeno una cattiva caricatura: è un ossimoro, come sanno tutti coloro - amici e avversari - che ci hanno incontrato in questi 25 anni; ed è un insulto per le migliaia di militanti, per le centinaia di circoli che si battono ogni giorno nei loro territori per migliorare l'ambiente e metterlo al centro dello sviluppo. Quanto al fatto che non sapremmo dire dei no, invito i nostri amici a chiedere ai cittadini di Civitavecchia che rifiutano la centrale a carbone, ai magistrati e alle forze dell'ordine che cercano di sconfiggere le ecomafie (parola coniata e realtà portata all'attenzione da Legambiente), agli agricoltori e ai consumatori mobilitati contro gli ogm. O magari ai Mazzitelli, proprietari dell'Hotel Fuenti - l'ecomostro abbattuto pochi anni fa -, o ancora ai Matarrese, costruttori dello scempio di Punta Perotti che sembra avere ormai i giorni contati.

Amenità a parte, resta il vero punto di differenza tra Legambiente e altre espressioni dell'ambientalismo: noi crediamo che i no diventino più forti, riscuotano più consenso, se al tempo stesso si indicano e si contribuisce a concretizzare strade positive. E poiché siamo convinti che tra queste strade vi siano il trasporto urbano su ferro, l'energia eolica, il riciclaggio dei rifiuti, una tutela del paesaggio e dei centri storici che distingua (come Italia Nostra non sempre fa) tra seconde case abusive e manufatti progettati da grandi architetti (oltre che, naturalmente, legali), allora ci pare inconcepibile, e comunque sbagliato, che un'associazione ambientalista compia azioni che obiettivamente si muovono nella direzione opposta.

Anche a noi, cari Chiarante ed Emiliani, sta molto a cuore l'unità delle forze ambientaliste, compresa ovviamente Italia Nostra che è una presenza preziosa e originale nell'amnbientalismo italiano. Ma a due condizioni: che da una parte sia vista da tutti come un mezzo e non come un fine, che serva ad avvicinare gli obiettivi comuni. E che quando emergono differenze e magari polemiche, ognuno dica come la pensa sul merito e rifugga da invettive apodittiche.

Roberto Della Seta è presidente nazionale Legambiente

Signor direttore,

vorremmo provare a riassumere i punti salienti della crisi evidente che attraversa il mondo ambientalista. Due giorni fa Legambiente nazionale, enfatizza un fatto soltanto romano (la Linea C della metropolitana e il diverso parere, e quindi il ricorso, discutibile, della sezione romana di Italia Nostra) convoca una conferenza stampa per : 1) annunciare di costituirsi a sua volta in giudizio contro Italia Nostra ; 2) attaccare tutta la politica di Italia Nostra nazionale mettendo nello stesso sacco una serie di casi nei quali la stessa associazione ha detto "no". Legambiente attacca a fondo il cosiddetto ambientalismo "che sa dire solo no".

Contrapponendolo, evidentemente, al suo che sa dire dei sì.

Per comprovare tale attacco, Legambiente porta alcuni casi (di cui ieri sull'"Unità", Roberto Della Seta parla pochissimo): a) l'auditorium di Ravello per il quale Italia Nostra ha fatto ricorso al Tar vincendo la prima causa ; b) la massiccia costruzione di De Carlo a Urbino, sotto i Torricini (contestata da Mahon, Gombrich, Dalai Emiliani, De Lucia, ecc., da Comitati cittadini e da altre Associazioni) ; c) l'Ara Pacis, tormentato progetto al quale disse molti "no" Adriano La Regina ; d) il piano per l'installazione di centinaia di pale per l'energia eolica (utili ma indubbiamente deturpanti per il paesaggio).

Bastano queste munizioni per sparare a zero su Italia Nostra e la sua cinquantennale tradizione di difesa del Bel Paese, da Zanotti Bianco a Bassani, a Cederna, a Iannello, a Fazio, ai dirigenti attuali? Francamente a noi pare di no. Per cui passa una ben strana comunicazione : non più Legambiente che attacca frontalmente Italia Nostra e il cosiddetto ambientalismo del "no", bensì una sgradevole "rissa fra le associazioni".

In realtà, Legambiente è molto coerente. Ha infatti assunto negli ultimi anni questa linea : bisogna "far fruttare" i beni culturali, i monumenti, i centri storici, gli stessi Parchi, "metterli a reddito". E su tale strategia ha ricevuto e riceve finanziamenti molto ingenti dallo stesso ministro dell'Ambiente, Matteoli, descritto in modo benevolo, alla fine positivo. La linea di altre Associazioni è molto diversa, contrapposta : i beni culturali e ambientali, la cultura, sono un inestimabile valore "in sé e per sé", se il loro indotto turistico-culturale è fiorente ne siamo felici, ma quei beni hanno un valore assoluto che travalica quello commerciale.

Qui sta la divaricazione. Qui sta il conflitto. Faticosamente sanato, più volte, al tavolo comune delle associazioni in un momento che richiederebbe il massimo di unità : per esempio, di fronte ad un Ministero dei Beni Culturali ridotto allo stremo, senza fondi, mentre la Arcus SpA distribuisce milioni di euro al di fuori di ogni valutazione tecnico-scientifica. Noi crediamo che associazioni e movimenti debbano mantenere una loro precisa, intangibile autonomia, culturale e dialettica. Avanzare proposte e controproposte si può, anzi si deve. Farsi finanziare ricchi progetti è un altro conto. Ne va dell'autonomia di giudizio. Un saluto sincero

Giuseppe Chiarante è presidente dell'Associazione Bianchi Bandinelli

Vittorio Emiliani è presidente del Comitato per la Bellezza


ROMA — « Sar anno anche vecchi bacucchi quelli di Italia Nostra, ma meglio essere parrucconi che fare danni » . Vittorio Sgarbi non ha dubbi: « Se devo identificare un'associazione che difenda meglio l'ambiente, penso senz'altro a Italia Nostra » .

Il mondo degli ambientalisti è da ieri in piena ebollizione. I contrasti fra Legambiente e Italia Nostra sono venuti alla luce in modo clamoroso.

Le divergenze sono tante, riguardano il restauro di monumenti come l'Ara Pacis a Roma, il Palazzo Ducale a Urbino, investono la scelta dell'energia eolica. Ma il caso su sui si è consumata la rottura netta, insanabile, è la linea C della metropolitana di Roma. Italia Nostra aveva presentato un ricorso al Tar per bloccare la gara d'appalto: il progetto non piace perché troppo faraonico, pericoloso per il sottosuolo del centro storico della capitale.

Legambiente ha replicato ieri con un contro ricorso per bloccare l'iniziativa dell'altra associazione provocando la reazione della presidente di Italia Nostra Desideria Pasolini dall'Onda: « Avevamo disagio a collaborare con Legambiente, adesso, per sua responsabilità, chiudiamo i rapporti » .

Un pericoloso muro contro muro, che provoca l'intervento di cinque sigle storiche dell'ambientalismo italiano. In una lettera aperta firmata dai presidenti Giulia Maria Crespi ( Fai), Fabrizio Vincenti ( Fare Verde), Giuliano Tallone ( Lipu), Guido Pollice ( Verdi, Ambiente e Società) e Fulco Pratesi ( Wwf), le associazioni lanciano un « fort e e deciso appello all'unità e alla compattezza » , ritengono « fondamentale non cadere in comportamenti che non solo non appartengono alla nostra cultura associativa, ma che ci distraggono dai nostri veri obiettivi e ideali » , denunciano « che ciò che è in gioco non è solo il nostro ruolo o la nostra credibilità, ma lo stesso futuro del l'Italia » . Sulla lite interviene il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, rilevando che a volte quelli di Legambiente « mostrano un'eccessiva disponibilità: a me non piacciono i fondamentalisti, ma neanche l'industrializzazione selvaggia. L'entusiasmo con cui Legambiente difende gli impianti delle pale eoliche è eccessivo, e nemmeno gradisco il favore con cui accolgono i progetti di inceneritori. Sono convinto che non si può dire sempre no, una soluzione va cercata, ma un conto è cercare una soluzione, un altro è sponsorizzare apertamen te i progetti degli amministratori » .

Nei gruppi di sinistra, dove Legambiente è radicata, molti prendono le difese dell'associazione, tranne che sull'energia eolica. La sua infatuazione per gli impianti ad elica suscita critiche. Su altre iniziative il consenso degli esponenti di sinistra a Legambiente è quasi unanime. Per esempio Marco Rizzo, dei Comunisti italiani, non ha dubbi sulla necessità di realizzare la terza linea, la C, della metropolitana di Roma.

« In una società moderna — dice Rizzo — bisogna risolvere i problemi. Il trasporto è fondamentale e gli ostacoli posti da Italia Nostra alla realizzazione della metropolitana vanno rimossi. Probabile che il metrò dia fastidio perché trasporta i proletari. Li conduce nel cuore della capitale e i radical chic del centro storico ne sono molto infastiditi » .

Paolo Cento, dei Verdi, parla di « sfida delle innovazioni » . Va accettata e perseguita. « Con tutte le cautele per le zone archeologiche, il metrò va fatto, Legambiente ha ragione ad appoggiare il progetto del Comune. Con questo non voglio liquidare Italia Nostra come un gruppo di nostalgici che ha fatto il suo tempo. No. fa benissimo a richiamarci al rispetto e alla conservazione dell'ambiente » .

Gentile direttore,

in merito all’inaudito attacco a Italia Nostra portato avanti da Legambiente, vorrei esprimere il mio rammarico per l’inevitabile frattura del fronte ambientalista, ma anche, in qualche modo, il mio sollievo.

Era da tempo ormai che Italia Nostra provava disagio in un’alleanza con Legambiente, non già per la naturale divergenza di opinioni su questione specifiche, ma perché si tratta di una organizzazione che ha perso negli anni gli elementi caratteristici dell’associazione ambientalista per legarsi sempre più al mondo della politica e degli affari. Prendiamo l’eolico, per esempio. Non è affatto vero, come afferma Legambiente, che Italia Nostra è contraria a questa fonte di energia pulita: è contraria però al disseminare migliaia di pale in aree naturalistiche protette o in siti di particolare pregio paesaggistico e auspica un rinnovato impegno nella ricerca sul solare. Legambiente trae dall’eolico vantaggi economici: questo ci imbarazza molto. Prendiamo la metro C di Roma: Italia Nostra si batte da anni per il metrò. Vuole -come il Cipe ha stabilito - un metro leggero e tecnologicamente avanzato.

Dicevo che siamo tutto sommato sollevati: con Legambiente, per sua responsabilità, abbiamo chiuso. E portiamo avanti le nostre battaglie insieme agli altri ambientalisti e a tutti coloro che sanno dire di si e di no: non soltanto di si, come Legambiente.

Desideria Pasolini dall’Onda

19/05/2005 12:04 - Intervento ad opponendum contro Italia Nostra sul progetto romano. Legambiente: "Da Ravello a Urbino, attenzione all'ambientalismo che sa dire solo NO"

Sulla linea C della Metropolitana di Roma anche Legambiente ricorre al Tar del Lazio. Il motivo dell’azione legale è quello di contrastare il ricorso con cui Italia Nostra e Cesia (Centro studi e iniziative per l’ambiente) hanno chiesto l’annullamento della delibera Cipe che approva e finanzia la Linea C della Metropolitana di Roma.

Una scelta “inedita e sofferta” che l’associazione ha illustrato oggi a Roma in una conferenza stampa cui hanno partecipato il presidente nazionale Roberto Della Seta e Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio: “Certo – ha detto Della Seta - non fa piacere costituirci in giudizio contro un associazione ambientalista che ha grandi meriti nella difesa del patrimonio ambientale e culturale italiano. Ma la vicenda della Linea C è davvero emblematica di due modi diversi di praticare l’ambientalismo. Per noi, difendere l’ambiente vuol certo dire dei no: senza conflitto non ci può essere azione ambientalista, e dal nucleare al Ponte sullo Stretto di Messina, dalle centrali a carbone alla cementificazione di verde e coste, i no sono un nostro pane quotidiano. Ma noi pensiamo che occorra anche individuare degli obiettivi prioritari e perseguirli: tra questi obiettivi c’è sicuramente quello di dotare le città di una rete efficiente di trasporto su ferro, la linea C romana va in tale direzione e riteniamo un errore grave intralciarne la realizzazione sulla base di argomentazioni fragili e spesso capziose”.

L’intervento ad opponendum di Legambiente. La linea C per Legambiente è un’opera quanto mai urgente per affrontare i problemi di un traffico sempre più congestionato e inquinante e offrire alternative credibili all’uso dell’automobile. Il trasporto pubblico a Roma serve un territorio di oltre 1200 kmq, grande come la somma degli altri otto comuni più popolosi d’Italia: un territorio così esteso è servito da sole due linee della metropolitana, la prima inaugurata nel 1955 e la seconda nel 1980, un quarto di secolo fa. “Se il ricorso di Italia Nostra venisse accolto – ha affermato il presidente di Legambiente Lazio Parlati - Roma dovrà aspettare ancora molti anni prima di vedere una terza linea di metropolitana, aumenterà il suo ritardo nei confronti delle altre città europee e soprattutto diventerà ancora più difficile ricondurre il numero di auto in circolazione. Italia Nostra propone di sostituire l’attuale progetto con quello di una linea di minore portata, più breve e con un’unica galleria, progettata a suo tempo dal presidente del Cesia Tamburino, che ha firmato anche lui il ricorso: legittimo che un ingegnere sia affezionato al proprio progetto, ma non è una buona ragione per fermare un’opera di questa importanza in una città che vede aumentare ogni giorno congestione e inquinamento”.

Nel suo contro-ricorso Legambiente, assistita dall’avvocato Riccardo Biz del suo Centro di azione giuridica, argomenta tra l’altro: “Il progetto del Comune proprio perché viaggia a trenta metri di profondità, al di sotto della linea archeologica, non mette a rischio la storia di Roma né la falda idrica. Inoltre non vi è alcun motivo di tipo trasportistico che renda preferibile in una città di 3 milioni di abitanti una metropolitana leggera come quella proposta dal Cesia (da 20mila passeggeri/ora invece che da 40mila passeggeri/ora come le altre linee di Roma). Al contrario sono evidenti i vantaggi tecnologici di avere lo stesso tipo di convogli e tecnologie per le 3 linee di metropolitana”.

Certo è che la linea C da sola può fare ben poco per sciogliere i nodi del traffico capitolino. Serve un insieme di misure urgenti, da mettere in strada subito: più corsie preferenziali, più isole pedonali, più efficienza per bus e tram di superficie, più risorse per il trasporto pubblico da reperire anche con l’introduzione di tariffe (come il road pricing) che hanno anche il vantaggio evidente di disincentivare il traffico privato. Servono insomma un sacco di cose. E serve anche la linea C. Rinunciare a questo tassello sarebbe assurdo.

Ecomostri e grandi architetti. Per Legambiente, il confronto sulla linea C della metropolitana di Roma non è l’unico esempio di atteggiamenti che richiamano una sorta di “paradosso conservazionista”, che cioè in nome dell’ambientalismo finiscono per equiparare ecomostri e gioielli architettonici, o per contrastare scelte indispensabili a fronteggiare i grandi problemi ambientali, dall’energia ai rifiuti.

“Per noi – ha affermato il presidente nazionale di Legambiente – è inaccettabile presentare come ecomostri e come scempi l’auditorium disegnato da Niemeyer a Ravello o il progetto di recupero dell’Orto dell’Abbondanza a Urbino firmato da De Carlo. E’ una visione fuori tempo e fuori luogo, soprattutto perché non tiene conto che il paesaggio italiano non è wilderness, ma è il frutto dell’intreccio tra bellezze naturali e interventi dell’uomo. Senza questa ‘intrusione antropica’ non ci sarebbero né le Cinque Terre né la costiera amalfitana. Ancora più grave è che con argomentazioni del tutto inconsistenti ci sia chi da ambientalista si batte contro l’energia eolica o contro gli impianti di compostaggio: cioè contro opere indispensabili per riconvertire in senso ecologico i sistemi energetici e quelli di smaltimento dei rifiuti. Questo ambientalismo non è più radicale ma squisitamente conservatore, perché ostacola i cambiamenti invocati in tutto il mondo dalla cultura ambientalista”.

Il nuovo Auditorium progettato da Niemeyer a Ravello. Un caso emblematico è quello dell’Auditorium di Ravello. Ha un’importanza strategica per la valorizzazione culturale di un’area di pregio straordinario. È firmato da uno dei più grandi architetti del mondo, il brasiliano Oscar Niemeyer. Rispetta scrupolosamente le norme urbanistiche. Ha ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie. Si integra perfettamente nel paesaggio. La presenza i un simile gioiello architettonica costituirà di per sé un baluardo contro la speculazione edilizia e l’abusivismo. E’ un’opera indispensabile per quello sforzo di destagionalizzazione delle presenze turistiche necessario a porre le basi per un turismo di qualità, non distruttivo per l’ambiente: grazie all’auditorium, infatti, Ravello che già oggi è battezzata “città della musica” potrà ospitare eventi per tutto l’anno.

Il progetto di Niemeyer, regalato al Comune di Ravello, prevede 400 posti coperti con parcheggio interrato perfettamente conforme allo studio di fattibilità.

Sebbene lo strumento urbanistico comunale abbia classificato l’area come “Zona F”, destinata cioè a servizi pubblici, in seguito a un ricorso di Italia Nostra una sospensiva del Tar ha bloccato il progetto dell’Auditorium per “tutela degli insediamenti antichi sparsi o per nucleo”. Il Consiglio di Stato ha dato il via libera al progetto con sentenza dello scorso 12 maggio.

Gli impianti eolici. In Italia è nata un’associazione, il Comitato per il Paesaggio, la cui sola ragione sociale è impedire la realizzazione di impianti di energia eolica. Le centrali eoliche vanno certo localizzate con attenzione agli equilibri paesaggistici, ma sono una risorsa irrinunciabile per ridurre i consumi di combustibili fossili e scongiurare ogni tentazione di rilancio al nucleare. Presentare l’eolico come l’energia nemica dell’ambiente è un obiettivo favore reso ai difensori degli attuali modelli energetici, ed è il contrario di ciò che sostengono le associazioni ambientaliste in ogni parte del mondo. Per fare un esempio proprio ieri sulla possibilità di nuovi impianti in costruzione nella Regione Molise, Oreste Rutigliano di Italia Nostra, ha dichiarato: “La presenza di questi pali da fantascienza in Molise è negativa, incompatibile con la memoria stessa del territorio”. Oggi l’Italia è molto in ritardo nello sviluppo dell’energia eolica: abbiamo poco più di 1000 megawatt installati, contro i 17 mila della Germania, i 4000 della Danimarca, i 7000 della Spagna.

Gli impianti di compostaggio. Il compostaggio è la tecnica per riciciclare la frazione umida dei rifiuti (i rifiuti organici), ricavandone concime. Purtroppo in Italia ci sono ancora pochi impianti del genere, e in più di un caso chi prova a realizzarli deve scontrarsi con opposizioni preconcette che considerano un impianto di compostaggio alla stregua di una centrale elettrica inquinante o di un inceneritore. E’ vero il contrario, il compostaggio è una delle risposte principali per realizzare una gestione ambientalmente corretta dei rifiuti.

Tra i casi controversi, uno riguarda un impianto che dovrebbe sorgere nell’area delle Strillaie in provincia di Grosseto. La vecchia discarica nei pressi di Marina di Grosseto va chiusa al più presto a causa di alcune infiltrazioni di liquidi inquinanti nelle falde acquifere superficiali. Una volta chiusa la discarica, il Comune dovrà procedere a una costosa opera di bonifica dell’area. Nel frattempo la Provincia di Grosseto ha inserito nel piano per lo smaltimento dei rifiuti la realizzazione di un impianto di separazione “a valle” dei rifiuti che produrrà Fos (frazione organica stabilizzata) e un impianto di compostaggio di qualità per la frazione organica già separata dai cittadini attraverso la normale raccolta differenziata. A questo progetto si oppone Italia Nostra, sebbene l’impianto non comporti alcun rischio per la salute dei cittadini, favorirebbe la raccolta differenziata, accelererebbe la bonifica dell’area della discarica.

Il progetto di recupero dell’Orto dell’Abbondanza a Urbino di De Carlo. La campagna contro la realizzazione del progetto elaborato da Giancarlo De Carlo - l'ultimo di numerosi e notissimi interventi di recupero nel centro storico di Urbino che il grande architetto ha realizzato a partire dal 1970 – ha visto tra i promotori Sgarbi e Italia Nostra, con appelli inviati a Carlo d’Inghilterra e all’Unesco. Questa posizione nasce da una contrarietà di principio all’idea stessa che si possa intervenire su un edificio storico – sebbene in stato di degrado – in un centro storico. Il progetto di De Carlo prevede spazi espositivi, biblioteche, servizi informatici e luoghi di ritrovo, un “Osservatorio sulla città” all’interno di un area abbandonata, un volume vuoto compreso tra il muro di contenimento a monte e il muro a valle prospiciente il Mercatale. Nel vuoto delle ex-stalle ducali, progettate nel 1492 da Francesco di Giorgio Martini, di cui resta solo la parete lunga 126 metri scandita dai finestroni aperti sul Mercatale, verrebbe calata una struttura di acciaio e cristallo, articolata su tre livelli comunicanti attraverso scale elicoidali e intervallata da patii e giardini. Dall’esterno si vedrebbe solo la copertura in lastre piatte di cotto realizzato da artigiani, dall'andamento ondulato. L’intervento che ha scontato forti ritardi, è attualmente in fase di realizzazione. Proprio l’iniziativa dell’allora sottosegretario Sgarbi portò a i modificare la copertura che verrà realizzata non più con una curvatura di raccordo tra i due muri ma con una falda inclinata con coppi antichi.

Postilla

L’auditorium di Ravello “rispetta scrupolosamente le norme urbanistiche”? Questa affermazione rivelerebbe una faziosità impensabile nell’ambiente in cui è stata pronunciata se non fosse il prodotto dell’ignoranza. L’auditorium è palesemente illegittimo. Così hanno decretato gli unici tribunali di giustizia amministrativa che hanno condannato l’intervento., L’ultimo (il Consiglio di Stato) non si è pronunciato nel merito, ma ha respinto la contestazione unicamente per un errore d’indirizzo (sic!). Si vedano, nella cartella SOS Ravello, l’ultima sentenza del TAR Salernoe l' eddytoriale 42, con i link ad altri materiali. Si veda anche la recente opinione di Vezio De Lucia

Ascontrarsi sono soprattutto due modi diversi di intendere l'ambientalismo. Da una parte c'è chi, come Legambiente, ritiene che ormai non si possa più dire sempre e solo no a ogni intervento o progetto, e accusa gli altri di essere dei conservatori. Dall'altra c'è invece chi - come Italia Nostra - pensa che per fare una vera battaglia ambientalista non ci si possa contaminare troppo con le istituzioni. Il risultato è che tra due delle principali associazioni ambientaliste italiane, da alcuni giorni è scoppiata una vera e propria guerra combattuta a colpi di ricorsi e controricorsi al Tar e, soprattutto, di pesanti accuse: «Vivono in un mondo che non esiste più. L'Italia è cambiata e oggi non basta solo opporsi, ma bisogna chiedersi come fare per risolvere i problemi», dicono ad esempio a Legambiente dei rivali. Che non esitano a contrattaccare: «Il problema - va giù pesante Italia Nostra - è che avete troppi interessi da difendere». In altri tempi divergenze di questo tipo si sarebbero risolte probabilmente al chiuso di una stanza e attraverso un «franco confronto». Oggi le cose vanno diversamente e se dopo un po' di scaramucce le incomprensioni restano si finisce davanti al giudice. E' successo così per la linea C della metropolitana di Roma, la terza che dovrebbe servire la capitale. Decisamente contraria alla sua costruzione - ritenuta un pericolo per le zone archeologiche e la stabilità di interi edifici - Italia Nostra ha presentato un ricorso al Tar per bloccarla. Ieri la contromossa di Legambiente, attraverso un altro ricorso al Tar con cui spera di fermare l'iniziativa avversaria. «Una scelta inedita e sofferta», ha spiegato Roberto Della Seta, presidente di Legambiente. «Certo non fa piacere costituirci in giudizio contro un'associazione che ha grandi meriti nella difesa del patrimonio italiano. Per noi difendere l'ambiente vuol certo dire dei no, ma pensiamo che bisogna anche individuare degli obiettivi prioritari e perseguirli: tra questi obiettivi c'è sicuramente quello di dotare le città di una rete efficiente di trasporto su ferro, e la linea C va in questa direzione».

A dividere le due associazioni non c'è però solo la metropolitana di Roma. Legambiente ha addirittura preparato un mini-dossier in cui elenca i capitoli del «paradosso conservazionista», vale a dire tutti i progetti a cui Italia Nostra si è opposta. Linea C a parte, si va dall'auditorium di Ravello, sulla costiera amalfitana, allo sviluppo dell'energia eolica, all'Ara Pacis di Roma, al modo migliore per eliminare i rifiuti. «In nome dell'ambientalismo si combattono scelte che valorizzano e migliorano l'ambiente», accusa l'associazione di Della Seta.

Un'offesa, quella di essere dei conservatori, dura da accettare per Italia Nostra, che non nasconde il suo «sollievo» per la frattura creatasi nel fronte ambientalista: «Era da tempo, ormai - confessa la presidente Desideria Pasolini Dall'Onda - che provavamo disagio in un'alleanza con Legambiente, non già per la naturale divergenza di opinioni su questioni specifiche, ma perché si tratta di una organizzazione che ha perso negli anni gli elementi caratteristici dell'associazione ambientalista per legarsi sempre più al mondo della politica e degli affari». E a richiesta, non si risparmiano gli esempi. A partire proprio dall'eolico. «Il nostro non è un no indiscriminato, ma siamo contrari a progetti che riguardino le aree protette», spiega la portavoce dell'associazione, Nanni Riccobono. «Legambiente invece è favorevole alla costruzione di 100 pale eoliche nel parco dell'Alta Murgia, distruggendo così l'unico luogo in Italia in cui vive il falco grillaio. Se lo fa è perché ha interessi precisi»: Quali? «In Lucania - prosegue Riccobono - ha chiesto a un'azienda che si occupa di eolico, la Fri-el Spa, 57 mila euro più Iva per promuovere una campagna a favore dell'eolico. Tutto lecito, però si richiede un parere su questo tipo di energia. Quale sarà quello più obiettivo, il nostro che non prendiamo un euro o quello di chi ci guadagna?». Altro esempio, i rifiuti: «Loro sono per gli inceneritori e i termovalorizzatori che producono diossina - dice Riccobono -, noi per la raccolta differenziata e il riciclaggio».

«Se ci accusano di trovare soluzioni ai problemi, allora ce ne vantiamo», è la replica di Legambiente. «Non si esce dall'emergenza rifiuti in Campania solo con la raccolta differenziata. Essere contrari a tutto vuol dire far vivere la gente con i rifiuti in mezzo alla strada per altri vent'anni. Allora meglio gli inceneritori». Non manca una scatto di orgoglio: «Quando combattevamo contro la vecchia chimica siamo stati attaccati dai sindacati che ci accusavano di non pensare ai posti di lavoro degli operai. Adesso ci sembra paradossale che le critiche arrivino da altri ambientalisti». E le accuse di avere degli interessi nell'eolico? «A quelle non rispondiamo neppure - è la replica di Legambiente - con l'associazione dei produttori di eolico abbiamo fatto un protocollo di intesa che prevede la riduzione al minimo dell'impatto ambientale. Non abbiamo altro da dire».

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