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Antonio Perrotti
Una ricostruzione fallita
13 Aprile 2019
Terremoto all'Aquila
Lucida denuncia degli errori compiuti nella ricostruzione dell'Aquila da parte di ex funzionario pubblico della Regione Abruzzo, profondo conoscitore delle vicende e del territorio, nonché attivista dei comitati post-sismici e ambientalisti (e.s./i.b.).

Lucida denuncia degli errori compiuti nella ricostruzione dell'Aquila da parte di ex funzionario pubblico della Regione Abruzzo, profondo conoscitore delle vicende e del territorio, nonché attivista dei comitati post-sismici e ambientalisti (e.s./i.b.).


Il giorno dopo riti e autocelebrazioni sisma 2009 questo è il tema del seminario che abbiamo voluto tenere proprio dopo le tante… troppe manifestazioni [1]. E’ stato difficile e quasi impossibile fronteggiare il battage mas-mediatico che fin dal primo momento ha coinvolto tutte le vicende relative al terremoto del 2009 e alla conseguente ricostruzione. A dieci anni infatti siamo arrivati ad una vera e propria campagna trasversale di auto assoluzione positivista in cui, tutte le inadempienze, gli imbrogli, gli errori strategici vengono rappresentati come “nei collaterali” di una grande e positiva ricostruzione.

Ma noi come Comitatus aquilanus [2] non ci siamo mai uniformati a questa logica e, ancora oggi, veniamo a proporvi il reale bilancio della ricostruzione con tutte le complesse problematiche aperte. In tal senso non possiamo non partire dall’emergenza e quindi dalla colonizzazione istituzionale, tecnico-programmatica e economico-imprenditoriale che c’è stata imposta dal “duo” Berlusconi/Bertolaso. Ai Sindaci locali è stata lasciata la sola gestione delle macerie e dei puntellamenti. Solo al Sindaco dell’Aquila fu data la carica di Vicecommissario con una competenza diretta, (è bene sottolinearlo), sul Centro Storico.

Di particolare interesse fu a quell’epoca la questione della delimitazione del Cratere: infatti, mentre si cercò di arrivare a “vere e proprie isole amministrative sismiche” come Penna S.Andrea o Cappelle si continuò a tenere fuori centri baricentrici al sisma come Calascio. Tale anomalia fu poi esasperata dal fatto che concretamente alcuni comuni fuori Cratere come Raiano, o addirittura Bolognano, senza essere obbligati a zone rosse e piani preventivi poterono usufruire in tempi molto più brevi di finanziamenti per decine e decine di interventi in centro storico.

L’Aquila fu il territorio maggiormente militarizzato e quindi sottoposto ai disegni della Protezione civile e non fu in grado (o forse non volle) di opporre una visione e scelte più rispondenti alla realtà territoriale e imprenditoriale. La classe politico-istituzionale giocò al ribasso sia sul piano CASE esasperandone (da 1 a 19 nuclei) la devastante dispersione insediativa, sia, sulle scelte pianificatorie e tecnico-procedurali imposte dall’arch. Fontana (zone rosse, comparti, masterplan, ecc.). A questa cultura oppose “operosi geometri mediatori” (ricordiamo che almeno tre in veste di assessori sono stati costretti a dimettersi dalla Magistratura), la Regione e la stessa Università non trovarono che marginali coinvolgimenti e nella creazione di tutte le strutture tecniche di servizio non ci si fece carico di recuperare le tante esperienze locali (COLLABORA, ABRUZZO ENGINEERING, POLIEDRO, ecc.), e , con Fabrizio Barca, si arrivò a costruire due strutture tecnico-istruttorie (una per il comune di L’Aquila e l’altra per il resto del Cratere) con circa 350 tecnici per lo più esterni al Cratere e alla Regione.

Particolarmente eloquente fu in tale fase la vicenda delle macerie nel Comune di L’Aquila: partita che fu “ingigantita” per poi addivenire ad una onerosa quanto dubbia scelta locale. Senza una gara si arrivò a scegliere la cava-buca abusiva (frutto di un mancato ripristino) della ditta ex TEGES che, dopo il contenzioso avviato dai tanti cavatori attivi della zona che si dichiararono disponibili a trattare le macerie, illegittimamente fu confermata dal Commissario nominato dalla Prestigiacomo. Su tale buca, a norma di legge, avremmo potuto ritombare in danno dell’Impresa inadempiente e invece ancora oggi continuiamo a pagare.

Vanno in questa sede responsabilmente ricordati “i bluff programmatici” e “gli oggetti avvelenati” che ci sono stati proposti o offerti per la “cosidetta ripresa”. Tra questi dobbiamo citare: quell’aeroporto con il quale saremmo “tornati a volare”; i due teatrini di Shigeru Ban e Renzo Piano che insieme agli altri tre preesistenti difficilmente saranno gestibili; la centrale a biomasse (impraticabile e senza neanche teleriscaldamento … bloccata dal Comitato Onna-Monticchio); e più di recente la (inutile) metro veloce tra S. Demetrio e Sassa realizzata in danno delle zone irrigue della piana e con qualche mira immobiliare. In tale quadro non bisogna dimenticare il Piano Fontana/Letta per il rilancio turistico della montagna che tentò di riproporre diseconomici impianti scioviari e complementari lottizzazioni (come quelle di Rocca di Mezzo).

Fuorviati dall’inevitabile “zona rossa” abbiamo abbandonato a se stesso il Centro Storico che con la sua struttura direzionale, commerciale, universitaria e scolastica era il vero cuore del Cratere consentendo all’Aquila di svolgere un ruolo trainante in un ambito territoriale ben più ampio. Solo più tardi (3 anni), su spinta dei Comitati e con la manifestazione delle carriole, si addivenne all’ipotesi di concentrare sull’asse centrale l’azione finanziaria. In parallelo e senza nessuna logica programmatica (cioè senza correlarsi al Comune o ai responsabili delle reti tecnologiche) lo stesso Commissario ai BBCC Marchetti avviò il recupero episodico di tanti Palazzi Signorili (circa 80).

Tali scelte si sono dimostrate devastanti: oggi di fatto con i nostri 69.000 abitanti, siamo arrivati (da 62) a circa 100 frazioni, con una periferia urbana rinnovata per il 90% ma senza il cuore istituzionale, direzionale, commerciale e scolastico del Cratere; nessuna delle strutture istituzionali (Regione, Provincia Comune e Università) è, infatti, ancora tornata in centro, la stessa azione programmatica proposta dalla Regione di recente per riportare i commercianti in centro, ha sortito effetti modesti con prospettive di fallimento e chiusura a breve (proprio nei giorni precedenti al decennale c’è stata una specifica manifestazione dei commercianti). Ci ritroviamo un comune ingestibile per il quale è costosissimo garantire servizi minimi di frazione, così come la raccolta di rifiuti e il servizio pubblico di trasporto (le Aziende competenti hanno infatti raddoppiato i disavanzi); e, altrettanto costoso è il trasporto individuale, cresciuto almeno del 40 % (per arrivare dalle disperse frazioni nei posti di lavoro, a scuola o in Centro Storico).

Di particolare gravità è stata la mancata ricostruzione di gran parte del patrimonio ERP più baricentrico alla città con la sottesa intenzione di lasciare gli affittuari agli alloggi del Piano CASE con fitti maggiori e pesanti costi di trasporto. Si tratta di circa 400 alloggi per i quali con una forte mobilitazione nel 2016 si era conquistato un serrato Cronoprogramma per circa 85 Ml ma anche questo a tutt’oggi è rimasto lettera morta. Emblematica in tale quadro è stata la vicenda del quartiere ERP di S. Gregorio dove su 22 alloggi frutto di un più ampio progetto pilota coordinato dalla Facoltà di Ingegneria (di ottima esecuzione ,senza danni ed agibili), si è ricercato lo sgombero per l’esecuzione di un millantato progetto di riqualificazione con una esorbitante spesa di 13 Ml.

Altrettanto grave è la situazione occupazionale che ha visto soffrire di disattenzione l’importante settore agrosilvopastorale oggetto di attenzioni esterne per l’estensione dei pascoli, ma sottovalutato dalla partitocrazia locale; incerta sembra la stessa scelta del polo del riciclo messo su dal PD con la e addirittura, molte piccole imprese edili sono fallite così come sono aumentati i cassintegrati in edilizia.

Va infine sottolineato che con gli interventi edilizi straordinari (4500 CASE, 1200 MAP, 30 MUSP) e soprattutto con le 4500 casette a tempo e in precario rese possibili dalla Delibera Cialente abbiamo consumato circa 500 ha di suolo saturando il mercato edilizio per i prossimi 30 anni con un’inevitabile crollo della rendita fondiaria e dei costi al mq che in periferia sono arrivati a 900 euro e nello stesso Centro Storico sono ormai di 1000/1200 euro. E forse per questo che sia la Giunta Cialente che quella Biondi “in solido” non hanno intenzione di adottare una Variante di assestamento al vecchio PRG per preferire scelte episodiche che nella logica del project financing “ripaghino” la partitocrazia imperante.

Da ultimo dobbiamo denunciare altri due disastrosi effetti del sisma e della dispersione insediativa che vengono a completare il grigio quadro che si è venuto a configurare per L’Aquila e il suo comprensorio. Da un lato, il sisma ha sconnesso e danneggiato le condotte di scarico dei laboratori INFN e della galleria causando interferenze con quelle di derivazione delle acque potabili del Gran Sasso; sono infatti state denunciate presenze di sostanze cancerogene derivanti dai lavaggi di gallerie e laboratori ed è stata aperta un’inchiesta penale. Dall’altro, le circa 2000 casette della piana irrigua con le loro fosse settiche insieme al mal funzionamento dei depuratori, hanno inquinato falda e acque superficiali e, ormai da vari anni, viene riproposto con Ordinanza il divieto di irrigazione a danno di tutta l’economia orticola della piana.

Note

[1] Lunedì 8 aprile 2019 presso il CSV a L'Aquila, il Comitatus aquilanus ha tenuto un seminario per riflettere sulla ricostruzione a 10 anni dal sisma e fare un serio e responsabile bilancio. Hanno partecipato tra gli altri Vezio De Lucia e Paolo Berdini. [ndr]

[2] Il Comitatus aquilanus è un gruppo di cittadine e cittadini impegnati per la ricostruzione e il rilancio istituzionale ed economico del Cratere del sisma come modificato dagli ultimi eventi. Qui ulteriori informazioni. Dello stesso comitato si segnala la pubblicazione L’Aquila. Non si uccide così anche una città con prefazione di Edoardo Salzano, qui scaricabile. [ndr]

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