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Renzo Mazzaro
Difesa idrogeologica gli appalti milionari vanno ai soliti noti
16 Dicembre 2015
Post 2012
«Il grande affare della difesa idrogeologica del Veneto è un Mose in piccolo, anche questo in mano ai soliti noti, poche imprese, quasi sempre le stesse, che si difendono con i denti dai concorrenti e dai curiosi».

«Il grande affare della difesa idrogeologica del Veneto è un Mose in piccolo, anche questo in mano ai soliti noti, poche imprese, quasi sempre le stesse, che si difendono con i denti dai concorrenti e dai curiosi». La Nuova Venezia, 16 dicembre 2015 (m.p.r.)

Il grande affare della difesa idrogeologica del Veneto è un Mose in piccolo, anche questo in mano ai soliti noti, poche imprese, quasi sempre le stesse, che si difendono con i denti dai concorrenti e dai curiosi. Corrono camion, ruspe, soldi e soprusi, un’insalata mista sparsa per la campagna veneta, nella fascia collinare, in montagna. Lungo fiumi, canali, a ridosso delle frane. Un elenco sterminato di lavori, in corso o in programma, di cui si sanno con certezza solo i costi di partenza. Che se sono quelli di arrivo, stando al parametro Mose, abbiamo fatto tombola.

«Non è vero», dice l’ingegnere capo del Genio Civile di Vicenza Marco Dorigo, che tiene ad interim anche Padova. «Su un centinaio di gare fatte da noi, vi sfido a trovare un solo lavoro costato più del previsto. Pronto a darvene prova». Una volta che c’è una buona notizia non ce la faremo scappare. Va detto che Dorigo e i suoi colleghi - Salvatore Patti a Venezia, Alvise Lucchetta a Treviso e a Belluno, Umberto Anti per Verona e Rovigo, ad interim loro - gestiscono lavori al massimo per 500-700 mila euro. Mera esistenza in vita per un’impresa. Dura comunque da raggiungere. I lavori vengono affidati con procedura negoziata, le imprese possono partecipare solo se chiamate. È prevista, anzi auspicata, la rotazione, ma è un fatto discrezionale. Va a finire che il giro è sempre il solito, o cambia di poco.
Cosa deve pensare chi resta fuori? La polpa arriva con i lavori sopra il milione di euro. Qui la procedura è aperta, le gare di solito sono all’offerta economicamente più vantaggiosa. Magari con il prezzo valutato 30 punti e la qualità 70, come sta accadendo per il bacino di laminazione di Caldogno (importo lavori 25 milioni, con espropri e altro, totale 46), per l’invaso di Trissino (importo lavori 17.385.000 euro, totale 26 milioni) e per quello di Montebello (totale previsto 55 milioni). Con un rapporto 70-30, significa che il giudizio della commissione vale più del doppio delle tasse dei contribuenti che pagano il conto.
L’impianto di Caldogno è stato vinto da un’Ati con Idra Building capogruppo e Medoacus e Coveco mandanti. L’invaso di Trissino, appaltato dal consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta, è andato a Medoacus, Idra Building e Coveco. Un altro grosso appalto vicentino, il bacino di Viale Diaz (importo lavori 10 milioni, totale previsto 18) è stato assegnato sempre con rapporto 70-30 a Costruzioni Traverso più Consultecno, due società del gruppo Idra Building. Non è ancora aggiudicato, per una anomalia dell’offerta. La commissione ha chiesto chiarimenti, se ne riparlerà a inizio anno. L’intreccio vede sempre i soliti nomi. Si segnala in particolare Medoacus, consorzio stabile di imprese con sede a Mestrino, al centro di una furiosa contestazione nell’Alta Padovana.
Medoacus ha presentato 6 progetti di ripristino degli argini del Brenta tra Carmignano e Santa Croce Bigolina, con compensazione attraverso prelievo di ghiaia, per un valore stimato di 1.900.000 euro. La Regione ha accolto la richiesta, sottoponendola a valutazione d’impatto ambientale. Ma gli abitanti della zona non hanno bisogno di aspettare la risposta per sapere che sarà una devastazione stile anni Settanta, quando i cavatori di ghiaia fecero crollare il ponte di Fontaniva. L’architetto Giuliano Basso ha provato a interessare quindici giorni fa la seconda commissione del Consiglio regionale (presidente Francesco Calzavara. leghista). Pare con scarsi risultati. Ad ascoltare senza battere ciglio c’era anche l’ex assessore all’ambiente Maurizio Conte, sotto la cui gestione è stato recepito l’accordo quadro per la difesa del suolo che ha portato in Veneto 45 milioni di euro. Un elenco di interventi lunghissimo, dettagliatissimo. C’è tutto, meno i nomi delle imprese che se ne occupano.
Ma il pezzo forte sono i cantieri ancora da aprire con i 153 milioni di euro previsti dal nuovo accordo quadro, firmato col governo a Roma il 4 novembre scorso, dal commissario al rischio idrogeologico del Veneto Luca Zaia e dal “soggetto attuatore” Tiziano Pinato. E manca ancora il completamento dell’idrovia.
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