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Maria Pia Guermandi
Elezioni in Friuli. La legge self service
15 Aprile 2013
Maria Pia Guermandi
Il massimo del berlusconismo urbanistico per guadagnare voti. Ma allo squillo di Tondo risponde lo squillo di Monti.

L'Unità on line, dal blog"Nessun dorma", 13 aprile 2013
Fra una settimana si voterà in Friuli Venezia Giulia per il rinnovo del Presidente e del Consiglio regionale.Questi sono quindi i giorni in cui i vari candidati sparano le loro cartucce più roboanti. È il momento, per intenderci, del “meno tasse per tutti”. Ma l’attuale presidente, Renzo Tondo, candidato del centrodestra, ha deciso di andare oltre: così, accanto alla quasi scontata proposta dell’abolizione della Tares (balzello sul quale la Regione non ha alcun ruolo, ma, si sa, tutto fa brodo), troviamo addirittura l’istigazione alla “disobbedienza civile”.

Scordatevi Dossetti e il suo tentativo di introdurre in sede costituente il diritto-dovere di ogni cittadino alla resistenza agli atti dei pubblici poteri che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione stessa. Con Tondo voliamo ben più in basso: secondo i programmi elettorali del nostro, la Regione dovrebbe farsi carico “dell’assistenza legale ai cittadini e alle imprese che decidessero di contravvenire a precise indicazioni di leggi o decreti amministrativi palesemente contrari al buon senso” (sic! Virgolettato sul Quotidiano del Friuli, 11 aprile 2013)
E fra queste leggi contro il buon senso – udite, udite – Tondo cita quel Decreto n. 42 del 2004 che altro non è se non il Codice dei beni culturali e del paesaggio: il caposaldo su cui ruota il nostro sistema di tutela di cui, in particolare, si stigmatizza il provvedimento di autorizzazione paesaggistica. Naturalmente la cornice entro la quale queste inaudite affermazioni si inquadrano è quella di una maggiore semplificazione della macchina amministrativa e di una riduzione dell’odiata burocrazia, radice di tutte le nequizie.

In un precedente post di “nessun dorma”, avevo richiamato la recente vicenda della rivolta degli amministratori e politici friulani contro la locale Soprintendenza ai beni architettonici e al paesaggio, accusata di frapporre troppi vincoli e prescrizioni alle autorizzazioni paesaggistiche. Si noti bene che l’accusa nei confronti dell’organo di tutela non era quella di eccessiva burocrazia o di lentezza nell’espletamento delle pratiche, ma piuttosto del contrasto opposto allo “sviluppo” e quindi, in sostanza, di un esercizio “senza sconti” del proprio ruolo. Insomma, di fare il proprio mestiere a tutela del paesaggio in nome di tutti i cittadini italiani.

Non sorprende questa avversione alle regole della tutela paesaggistica in una Regione che, è notiziadi questi giorni, ha approvato l’ennesima variante urbanistica proposta dal comune di Osoppo per l’aumento della zona produttiva e quindi la costruzione di decine di capannoni, in barba all’opposizione di ampi strati della popolazione e di associazioni locali che la giudicano devastante per il territorio. Ma in questo caso l’aspetto più grave della vicenda è costituito dal vulnus inferto alle più elementari regole della democrazia: attraverso le sue dichiarazioni, Tondo prefigura una società dove le regole sono adattate e adattabili in base alle esigenze, preferenze, necessità dei singoli cittadini e da loro modificabili secondo l’ “oggettivo” criterio del buon senso (dei cittadini? dei vincitori delle elezioni? dei portatori di qualsivoglia interesse?) Chi parla non è solo un candidato fra gli altri, ma l’attuale Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia in carica che ha giurato fedeltà alla Costituzione di cui il Codice rappresenta l’espressione sancita dal Parlamento.
Nessuna giustificazione può esserci per un tale livello di degrado civile e politico: è evidente che si possano mettere in discussione leggi e norme, ma per sostituirvi altre norme e leggi che si ritengano più adeguate. In nessun caso un rappresentante delle Istituzioni, al più alto livello, può neanche immaginare di istigare i propri concittadini all’illegalità.

La mutazione genetica di matrice berlusconiana del “ciascuno padrone a casa propria” è arrivata all’ultimo stadio: non c’è neanche bisogno di creare leggi ad hoc, perchè è la legge stessa a diventare un optional trascurabile e ignorabile ogni qualvolta ostacoli il percorso verso l’affermazione degli interessi del singolo. Purtroppo è questo un atteggiamento condiviso, in pectore, da ampi settori dei nostri rappresentanti istituzionali, come si può leggere in queste affermazioni contenute in un documento dell’attuale governo: «E' possibile affermare che la maggiore innovazione che ha interessato l’urbanistica con riferimento al complesso della legislazione nazionale e a quella delle legislazioni regionali (caratterizzate da profonde diversità fra di loro) è la trasformazione del suo carattere fondamentale che è passato da una natura fortemente autoritativa-conformativa alla individuazione di modelli organizzativi basati sulla ricerca di accordi fra pubblico e privati e fra gli stessi soggetti pubblici letti, in alcuni casi, come derogatori della normativa vigente». (Comitato Interministeriale per le politiche urbane, Metodi e contenuti sulle priorità in tema di Agenda urbana, Roma, 20 marzo 2013, p. 19). Insomma, siamo allo “sdoganamento” ufficiale della deregulation come pratica innovativa. Dove l’innovazione diventa aristocratico sinonimo del buon senso.

Cittadini friulani, il 21 e 22 aprile, ribellatevi: non alle leggi, ma a tutti coloro che ne sono indegni rappresentanti.

Questo articolo è inviato contemporaneamente a l'Unità

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