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Gian Antonio Sergio; Stella Rizzo
Villa Adriana e la lezione sul paesaggio da salvare
26 Maggio 2012
Il paesaggio e noi
Il paesaggio, come ci insegnano un po’ tutti da qualche secolo, è cosa complessa e sintesi: perché mai gestirlo – e buttarlo - a pezzi e bocconi? Corriere della Sera, 26 maggio 2012 (f.b.)

Non poteva che finire così. Era una pazzia, l'idea di portare l'immondizia di Roma a settecento metri dal sito archeologico di Villa Adriana, tutelato dall'Unesco. Come avrebbe potuto Mario Monti, dopo aver tanto faticato per ricostruire l'immagine internazionale del nostro Paese, rischiare una figuraccia planetaria?Dal Palazzo di Vetro avevano già mandatoun avvertimento chiaro. Esprimendo «forte preoccupazione» per il progetto di trasformare la ex cava di Corcolle in una enorme discarica.E lasciando intendere che in quel caso il bollino dell'Unesco poteva essere revocato.E non solo perché l'olezzo di migliaia di tonnellate di spazzatura avrebbe nauseatoi turisti.

E nemmeno perché la quiete del sito, fra ulivi e cipressi secolari, sarebbe stata lacerata dalle urla dei gabbiani, abituali e chiassosi frequentatori di ogni discarica. Più semplicemente, perché non si tratta così un Patrimonio dell'Umanità: ovvio. Sarebbe stata sufficiente questa banale considerazione per evitare di farci ridere dietro ancora una volta. Questo è successo.Ma se tutto è bene quel che finisce bene, dando per scontato che la questione Corcolle sia superata (guai se ci fossero delle sorprese: non ci provino), l'incredibile storia che ci ha inutilmente esposti all'umiliazione di una raccolta di firme internazionale contro la sventurata ipotesi, dice almeno due cose. La prima è che il pasticcio di Pompei (il crollo della scuola dei gladiatori, 103 mila euro spesi per censire 55 cani randagi, la scellerata mancanza di una manutenzione quotidiana dei mosaici...) non è servito proprio a nulla. E a nulla è servita la lezione delle durissime critiche piovuteci addosso da tutto il mondo. Per togliere di mezzo una disputa ridicola come quella su Corcolle che in un Paese normale non sarebbe mai neppure iniziata, si è dovuti arrivare a un passo dall'incidente internazionale con tutti gli studiosi che ci ricordavano che il nostro patrimonio non è soltanto nostro.

Il fatto è che paesaggio e beni culturali, ovvero la «materia prima» nazionale che tutto il mondo ci invidia, sono in balia di un disinteresse pressoché totale da parte della nostra classe dirigente. Enti locali, Regioni, amministrazioni statali: con poche sfumature, hanno tutte lo stesso sconcertante atteggiamento di sufficienza. Come se i nostri tesori, anziché una risorsa, rappresentassero un problema.Certo che lo sono: per lo sfruttamento sconsiderato del suolo, per le violenze al paesaggio, per la cementificazione.Altrimenti i resti della villa dell'imperatore Adriano non potrebbero convivere con una orrenda distesa di edilizia sgangherata battezzata col nome, appunto, di Villa Adriana. Nella toponomastica ordinaria, niente altro che il nome di un disordinato sobborgo di Tivoli. Dove mancano perfino cartelli stradali ben visibili per indicare la strada ai turisti. Dice una ricerca resa nota da San Marino che mediamente il bollino Unesco fa aumentare i visitatori del 30%: a Villa Adriana, incredibile ma vero, è successo il contrario: ha avuto il prezioso riconoscimento, i turisti sono diminuiti del 42%. Scendendo fino, quelli paganti, a 109 mila l'anno, un trentesimo di quanti vanno a Gardaland.

Ma non serve nemmeno andare fino a Villa Adriana per toccare con mano la sciatteria che ha massacrato l'Italia. Basta guardarsi intorno: dalle inquietanti periferie delle grandi città agli scempi delle coste calabresi, alla distesa di capannoni senza soluzione di continuità con cui è stata stuprata la meravigliosa Pianura padana. Anche l'Istat ha certificato con apprensione, nel suo ultimo rapporto annuale, che il 7,3% del nostro territorio ormai non è più naturale. In compenso, pieni di inutili palazzine e aree industriali deserte, siamo diventati il Paese europeo meno dotato di infrastrutture essenziali.Al disinteresse si aggiunge poi una confusione decisionale insensata, frutto di una situazione che ormai strozza l'Italia. Qui può accadere che si blocchi per anni una metropolitana per la scoperta di un resto archeologico magari di secondaria importanza e al tempo stesso che un prefetto possa pensare di fare una discarica accanto a un sito Unesco.

E questa è la seconda lezione. Quello di Villa Adriana è un caso di scuola che dimostra le necessità assoluta, come già proposto ieri, di affidare le tre grandi ricchezze d'Italia a una direzione univoca. Un ministero del Patrimonio nel quale riunificare le competenze su ambiente, beni culturali e turismo, dotato di poteri concreti e gestito dai migliori: scelti sulla base di passioni e competenze. Siamo convinti, caro professor Monti, che si risparmierebbero anche un sacco di soldi.

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