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n.14 (24/04/2009) Le parole che hanno trasformato un terremoto in una catastrofe
7 Giugno 2009
Terremoto all'Aquila

In quelle parole è nascosta un’idea che si è trasformata in azioni: l’idea che la funzione del suolo sia quella di ospitare edifici, di lasciar sorgere su di esso case, capannoni, palazzi. Poiché il suolo serve esclusivamente a quello, qualunque atto che voglia prescrivere altre utilizzazioni è considerato un perverso vincolo: lasciare un’area all’agricoltura o alla creazione di un parco o un bosco è considerato un danno che lo “sviluppo” non può tollerare.

Per lasciare che quella “vocazione” si esprima, che quel “diritto” cancelli ogni altro diritto, che quello “sviluppo” non si arresti, bisogna rendere innocua la pianificazione delle città e dei territori: finché non si può abolirla, finchè non si può affidarla alle mani degli interessi immobiliari (come la proposta di legge sul governo del territorio del Popolo delle libertà propone) occorre consentire con ampiezza di derogare dalle sue regole.

Il Italia si è costruito troppo, al di fuori da qualunque necessità sociale. Si sono urbanizzate, e spesso degradate, aree la cui piena utilizzazione consentirebbe di ospitare tutte le necessità di una popolazione molto più ampia di quella attuale. La messa in sicurezza delle costruzioni minacciate nella loro integrità fisica dal mancato rispetto delle norme più elementari di sicurezza statica dovrebbe essere un tassello di una grande progetto di restauro del territorio, basato su un’attività di pianificazione territoriale e urbanistica che metta al suo centro la difesa delle qualità esistenti e la creazione di nuove, il rispetto della trasparenza nelle decisioni, la più ampia partecipazione alle scelte che condizionano il futuro di noi tutti.

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