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Paolo Berdini
Il piano regolatore è fuori legge
3 Ottobre 2007
Roma
Quale PRG di Roma approverà la Regione? Quello approvato dal Consiglio comunale o quello contrattato dopo con la proprietà fondiaria? Da Carta qui Lazio, n. 34/2007 (29 settembre-5 ottobre)

Quando vengono pubblicati sul Bollettino ufficiale regionale, i piani urbanistici diventano, come noto, legge. Il ruolo della regione Lazio nel valutare il piano regolatore di Roma è dunque molto importante. Al di la’ del merito delle scelte del piano -su cui si possono avere le più diverse opinioni- si tratta di ricondurre quello strumento urbanistico al rispetto delle regole. E, appunto, non ci possono essere opinioni o interpretazioni: deve essere rispettata la legislazione vigente.

La regione Lazio dovrà dunque risolvere tre grandi questioni. Il primo è quello maggiormente impegnativo dal punto di vista giuridico. Il piano di Roma si fonda su due concetti che non esistono nel corpus legislativo nazionale: i diritti edificatori e la compensazione urbanistica. Si sostiene che esistono diritti edificatori che discendono da precedenti atti di pianificazione e, conseguentemente, essi devono essere trasferiti in qualsiasi altro luogo. Ad esempio, le previsioni edificatorie del piano del 1965 per il comprensorio di Tormarancia –1,8 milioni di metri cubi- cancellate da una sacrosanta battaglia ambientalista sono state “compensate” in altri luoghi per un totale di 5,2 milioni di metri cubi. Al di là dell’impressionante aumento consumo di suolo che questa invenzione produce (quasi il 300%!), resta il punto centrale: nella legislazione italiana non esistono diritti edificatori e compensazione. Le norme tecniche del piano di Roma sono piene di rinvii a questi due concetti fuori legge: la regione deve pertanto cancellarli. E’ suo dovere istituzionale.

Il secondo punto è relativo al fatto che i piani approvati devono fornire un quadro esattamente rispondente alla realtà. In tal senso, quale piano, approverà la regione Lazio: quello controdedotto nel 2003 o quello successivamente variato dalle decine e decine di “accordi di programma” sottoscritti che hanno variato il citato piano? Anche qui un solo esempio. Subito dopo il marzo 2003, data della controdeduzione comunale, viene concesso a Bonifici, proprietario del quotidiano Tempo e di una fabbrica dimessa a Tor di Quinto, di trasformare l’immobile in un quartiere di densità impressionante, tipo viale Marconi degli anni ’60. Come questo, esistono altre decine e decine di casi: la regione Lazio ha il dovere di renderli evidenti sui documenti che diventeranno legge. Altrimenti che legge sarebbe?

Anzi, credo sia venuto il momento di cancellare l’uso dell’accordo di programma quale strumento per decidere volta per volta le trasformazioni urbane. Nell’agosto 2007, abbiamo appreso che Pirelli real estate, Fingen e Maire si sono aggiudicati in un’asta pubblica promossa da Fintecna, l’ex Istituto geologico di Largo Santa Susanna nei dintorni di via Nazionale, 23.000 metri quadrati di suolo dell’area dello scalo ferroviario di San Lorenzo, l’ex Zecca dello Stato di piazza verdi ai Parioli, e 7 ettari di terreni a Valcannuta, nell’estrema periferia occidentale.

Questa vendita, utilizzando le leggi liberiste volute dal precedente governo di centro-destra, non è stata ancorata allo stato di diritto definito dagli strumenti urbanistici. Le regole sono state cancellate e si vende sulla base del principio della valorizzazione immobiliare. L’ex Istituto geologico sarà destinato ad attività commerciali. A San Lorenzo saranno edificati 50 mila metri cubi di residenze. A piazza Verdi si realizzerà un albergo con circa 200 posti letto e “non meno” di 250 appartamenti. A Valcannuta verranno infine realizzati 200 alloggi residenziali e strutture commerciali. Queste trasformazioni non sono previste dal nuovo piano regolatore, ma con l’accordo di programma si può variare. Se non si spezza questa prassi perversa, reintroducendo regole rigorose, si cancella l’urbanistica ed è allora del tutto inutile approvare il nuovo piano.

La regione Lazio ha il potere di ricondurre il futuro delle città nel rispetto della coerenza. E’ in gioco una vicenda di enorme rilevanza istituzionale, e cioè l’universalità delle regole che i comuni devono osservare nel governo del territorio. Non esiste infatti solo Roma: se non verrà cancellato l’istituto della compensazione e se non verrà stroncata la logica della contrattazione economica che di volta in volta decide i destini delle città, tutti gli altri comuni del Lazio pretenderanno di utilizzare gli stessi metodi e gli stessi strumenti ammessi per Roma. Sarebbe la fine del governo pubblico del territorio e spero che ciò venga evitato.

Anche se, per concludere, una preoccupazione non può essere taciuta. Poche settimane fa la Regione ha infatti approvato molti emendamenti al piano paesistico regionale per tener conto delle scelte effettuate dal comune di Roma in sede di stesura del nuovo piano regolatore. Nonostante l’esistenza di vincoli ambientali, sono infatti state previste edificazioni. Accettando di cambiare il proprio piano paesistico, la regione Lazio ha commesso un gravissimo errore: per la prima volta in Italia si è capovolta la prassi legislativa fondata sulla supremazia della salvaguardia ambientale sulle scelte di sviluppo del territorio. Speriamo che oggi trovi la forza per recuperare all’errore e per riportare il piano regolatore di Roma nel rigoroso rispetto delle regole.

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