loader
menu
© 2024 Eddyburg
Patrick Abercrombie
Urbanistica nelle scuole (1921)
10 Novembre 2006
Urbanisti Urbanistica Città
Un interessante testo dell'immediato primo dopoguerra, propone (contemporaneamente all'elitario dibattito italiano sulle "scuole di urbanismo") per la Gran Bretagna l'insegnamento delle scienze urbane come materia obbligatoria nelle scuole. Si anticipano di due o tre generazioni quasi tutti i temi "partecipativi" (fb)

Premessa – di Fabrizio Bottini

Un classico autore di urbanistica come Patrick Abercrombie, per un tema che, almeno nel lontano “dopoguerra” in cui si colloca questo articolo, è tutt’altro che classico: la pianificazione del territorio spiegata ai bambini. O qualcosa del genere. E a ben vedere nemmeno Abercrombie apre una frontiera del tutto nuova, visto che a Chicago il grande piano di Daniel Burnham era stato seguito, dieci anni prima, da un manualetto di animazione culturale per le scuole, con il preciso scopo di educare (e formare una futura base di consenso) le nuove generazioni alla città futura. Si trattava del cosiddetto Wacker’s Manual, dal cognome del promotore, ed è stato osservato dagli studiosi a questo proposito che nel corso del tempo “la città avrebbe avuto una cittadinanza illuminata e informata” sugli scopi del piano regolatore ( The Plan of Chicago 1909-1979, catalogo della Mostra, Chicago 1981).

L’idea di Abercrombie però va decisamente oltre, e non a caso prefigura forme di coinvolgimento generalizzato che troveranno spazio solo una generazione dopo, ovvero proprio nel quadro delle New Towns nella cui promozione il grande urbanista gioca un ruolo di primissimo piano, dalla partecipazione alla Commissione Barlow negli anni Trenta, al Greater London Plan che proprio sulle città satelliti e sull’esodo “socialmente consapevole” basa il suo impianto di decentramento.

Questo del 1921, in altre parole, è un esordio ufficiale e piuttosto organico del tema partecipativo, piuttosto che una declinazione sul tema delle scuole di urbanistica. E qui lascio volentieri al lettore la scoperta del perché.

The place in general education of civic survey and town planning, Town Planning Review, luglio 1921 (traduzione di Fabrizio Bottini)

I – Analizzare

È possibile che non si sia imparato dalla guerra tutto quanto che ci si aspettava da noi: ma fra le lezioni minori, forse non del tutto dimenticate, si può includere l’uso e l’interesse per la Mappa. Si dice che molti hanno imparato per la prima volta la geografia dell’Europa e del Medio Oriente durante quegli anni; ma è una definizione incompleta, perché non era la vecchia geografia fatta di nomi delle capitali, promontori e fiumi di una regione, che dovevamo studiare, ma una presentazione grafica e viva, realizzata attraverso l’aeroplano e immaginifiche viste a volo d’uccello, semplificazioni diagrammatiche e curve di livello. Allora abbiamo appreso, per ragioni militari, il valore delle valli fluviali, e osservato con stupore l’importanza strategica dei siti di vecchie città, i cui stessi nomi erano scivolati via dalla memoria. In altre parole, senza capire quanto stavamo facendo, studiavamo gli effetti delle Caratteristiche Fisiche Naturali, dei Mezzi Artificiali di Comunicazione, della Geologia Economica e della Persistenza Storica, sul modo di condurre una guerra a scala mondiale; ma non è ugualmente e generalmente riconosciuto come la padronanza di queste medesime cognizioni, necessarie ai combattenti per scopi militari, sia egualmente essenziale per le stesse persone, quando siano impegnate nello sviluppo in tempi di pace.

Non avrebbe dovuto essere lasciato alla guerra, l’insegnarci come leggere una mappa o una planimetria: e comunque, quanto raramente ci capitava, prima? Quanti guidatori di mezzi motorizzati potevano con fatica essere indotti a studiarsi un percorso sulla carta d’ordinanza prima di partire per un viaggio attraverso un territorio straniero, e contavano (lo fanno ancora) sulle ovvie strade principali e qualche occhiata al volo ai segnali stradali, perdendosi così piacevoli strade secondarie, e spesso allungando senza motivo il viaggio? O ancora, chi non ha presente un presidente di comitato, di autorità pubblica o impresa privata, che osserva saccente un piano che gli viene sottoposto per l’approvazione, e di cui è completamente incapace di afferrare il significato? Gli architetti, a dire il vero, sono spesso accusati di fare disegni troppo aridi; di assalire i sensi con l’odore della carta da lucido (come ha sperimentato Kips); di confonderti con sezioni che seguono linee a zig-zag su un piano; in altre parole, di proporre al pubblico i segni cabalistici di un’arte segreta. Si è sentito di un gruppo di seri uomini d’affari che, dovendo giudicare i meriti di due progetti per la decorazione di una nave, hanno deciso all’unanimità per l’autore di un intelligente schizzo prospettico, dove l’elemento più importante era uno squisitamente eseguito giovane, seduto su una poltrona di pelle, che soffiava anelli di fumo da una sigaretta. L’altro progetto, un elaboratamente disegnato prospetto, è stato scartato senza commenti.

Un piano, naturalmente, non è una cosa arida, né dovrebbe essere inintelligibile; ma forse l’errore non sta nell’uomo medio, ma nel modo in cui gli è stata insegnata la geografia a scuola: un modo che è ora felicemente superato, salvo in qualche costosa scuola privata.

Il metodo moderno di insegnamento della geografia, non si ferma alla lettura delle mappe, e non comporta solo terre lontane e liste di nomi: gli allievi sono indotti a volgere gli occhi verso il luogo in cui vivono. Al principio, questa osservazione ravvicinata può sembrare noiosa, se paragonata alle prospettive lontane, ma presto si scopre un campo di studi affascinante, con l’interesse aggiunto di vedere e toccare gli oggetti studiati, invece di leggerne una descrizione. Si fanno tentativi di ricostruire la propria città o villaggio in diversi periodi passati, considerarne l’esistenza anche in relazione al territorio circostante; poi di analizzare la città com’è oggi, la sua planimetria stradale, la struttura sociale, le varie attività e ambiti in cui si svolgono; e in particolare, sottolinearne i difetti. In altre parole, attraverso molte mappe e diagrammi preparati da diversi gruppi di scolari, essi sono in grado di ottenere un’immagine sfaccettata del luogo natio, a capire per la prima volta come si sia arrivati alla sua forma presente, e a comparare l’aspetto reale di un luogo con la sua rappresentazione planimetrica. Questo studio, cominciato a scuola, può essere continuato da Boy Scouts e Guide: cosa è più vicino agli obiettivi professati da queste organizzazioni, se non la conoscenza dei luoghi? Ma il bambino a scuola, e anche probabilmente lo Scout o Guida, essendosi a suo tempo imbarcato nello studio della propria geografia locale, scoprirà non solo di aver imparato come leggere una mappa, ma di sentire il bisogno di mappe più versatili ed esplicative quando, da adulto, inizierà ad avere serio interesse per il luogo dove abita e in cui lavora. Capirà rapidamente che le mappe di minor valore che possediamo sono quelle solite, dove la coloritura principale mostra le divisioni di contea, le città appaiono come circoli più o meno grandi, fiumi e ferrovie sono linee, e le montagne ombreggiature vermiformi. La prima mappa dovrebbe essere colorata, ombreggiata secondo le curve di livello, e in cui l’effetto delle aggiunte più recenti e artificiali, come le città, sia ridotto al minimo. Per fortuna questo tipo di mappa può essere acquistato alle scale più ridotte, ma quella ufficiale da 6 pollici omette le curve di livello sulle zone urbane, come se un cartografo super-coscienzioso fosse imbarazzato sul come tracciarle sopra un edificato continuo.

Ma il nostro giovane cittadino, allevato a capire le mappe, e che ha già fatti i suoi tentativi di disegnarsene, scoprirà presto che le sue esigenze superano l’ambito delle pubblicazioni governative, e che qualcun altro deve mettersi al lavoro. Gli sarà forse detto, dagli abitanti più anziani, che col tempo conoscerà la città tanto a fondo quanto loro, semplicemente andando su e giù; ma se ha padroneggiato la geografia a scuola, lui risponderà che esiste una conoscenza che sembra estesa, ma che è totalmente superficiale: il tipo di familiarità che la vostra lingua ha coi denti. È in contatto continuo con essi, conosce tutte le caratteristiche della loro superficie. Ma è sorprendente, quante insospettabili fessure il Dentista-Cartografo può scoprire. Recentemente è stata preparata, come parte della Analisi Urbana, quella che sembra una planimetria estremamente elementare, e che mostra gli edifici industriali nel centro di una città. Il risultato ha stupito chi conosceva la città, o almeno credeva di conoscerla, a fondo: un’area particolare, non lontana dal municipio, spiccava come quasi completamente industriale. L’ufficiale sanitario ha quindi deciso di non consentire la ricostruzione di nessuna delle abitazioni da demolire, e nello stesso modo in altri due settori questo semplice ritratto grafico di un fatto che era sfuggito alla comprensione dei vecchi abitanti, si è dimostrato in grado di influenzare il futuro di tutto il centro città.

Ancora, al cittadino si presentano informazioni su altri settori della vita urbana, nel modo più completo e descrittivo. A dire il vero, tanto complete e descrittive, e tanto concentrate e sgradevoli, che egli è totalmente incapace di digerirle: colonne di cifre, masse di statistiche, pagine di tabelle. Ma nessuna possibile acrobazia di immaginazione, può tradurre queste pagine stampate fitte in una forma visiva. Egli può sapere, per esempio, quante case a doppio affaccio ci sono nella sua città; può anche avere le statistiche del tasso di mortalità o di malattia, ma finché non le vede rappresentate graficamente e comparate, non ne afferrerà il significato.

La cosa più importante, è il bisogno di comparare i diversi aspetti della vita urbana: per esempio, il quadro dei trasporti con le aree residenziali e i distretti industriali e le statistiche sanitarie; i diagrammi di “accessibilità” non sono più sufficienti, quando mostrano una linea rossa per i percorsi del tram e una tratteggiata a croce per le ferrovie: i fattori tempo, distanza, frequenza e costo, devono essere mostrati graficamente.

Deve essere chiaro, da tutto questo, che il cittadino, per capire a fondo la sua città, richiede una Analisi Urbana. Questo non è il luogo per dilungarsi su scopi e caratteristiche di una analisi urbana o regionale (che includa il distretto circostante), ma semplicemente per sottolineare che non ne hanno bisogno solo gli esperti che governano la città, ma anche lo stesso cittadino, perché possa comprendere in profondità la natura dei problemi che i suoi esperti stanno tentando di risolvere.

Il problema di chi debba preparare questa Analisi è importante, e probabilmente il lavoro può essere profittevolmente suddiviso: l’amministrazione locale ha le informazioni, ottenute per esempio dall’ufficio igiene per la popolazione, le abitazioni, le statistiche sanitarie, i tassi di mortalità ecc.; dall’ingegnere municipale si hanno dati sul traffico, l’uso dei tram, e altre questioni di immediata importanza per lo sviluppo e il miglioramento della città. Ma ci sono numerose indagini, come quelle sui raggruppamenti sociali, gli studi archeologici, l’analisi delle bellezze naturali e degli edifici antichi, l’agricoltura, comparazioni geologiche e botaniche, che sono ugualmente necessarie se si vuole realizzare un quadro completo. Una Società Civica o Associazione Regionale volontaria, potrebbe ben affrontare questo lato del lavoro, appoggiandosi alla locale Università per aiuto e orientamento negli aspetti tecnici. Una società civica che condivida la produzione di queste ricerche, in armonia con l’amministrazione locale, assicura che i suoi membri proseguiranno attivamente il lavoro di studio del proprio vicinato iniziato a scuola.

Probabilmente, uno dei doni più preziosi che ci ha lasciato il periodo di guerra è l’applicazione della fotografia alla produzione di analisi aeree. Qui si ha l’opportunità di vedere la propria città da un punto di vista totalmente nuovo, ed è illuminante comparare l’aspetto della mappa ufficiale con la foto planimetrica ripresa dall’aeroplano, e questa, ancora, con una diagonale o prospettiva a volo d’uccello. Ogni città dovrebbe avere la propria ricognizione aerea, mostrata in vedute di grandi dimensioni, attentamente spiegata da indici. In più, in luoghi adatti in ogni parte della città, queste vedute e le relative mappe dovrebbero essere mostrate come guide per il pubblico, e come formazione alla lettura di mamme. Sino ad ora, sono solo le stazioni della metropolitana di Londra ad aver adottato (parzialmente) proprio questo tipo di guida locale. Non è eccessivo, sperare da una futura generazione formata in geografia, che sappia usare queste guide in una città nuova, invece del metodo esistente di seguire consigli come “terza svolta a sinistra, seconda a destra, cammini dritto fin quando vede un bar ...”. La metropolitana di Londra ha anche fatto uso di mappe illustrate che nessuno potrebbe accusare di essere aride: Macdonald Gill’s South Downs e Central London potrebbero sedurre anche un magistrato di campagna, a contemplare il loro umorismo.

II – Costruire

La pratica di leggere planimetrie facilmente, come la stampa, e lo studio delle condizioni esistenti da parte del grosso pubblico, così che i problemi locali possano essere affrontati in modo fermo, sono essenziali. Ma non bisogna fermarsi allo stadio di acquisizione della conoscenza: il passo successivo è l’uso immaginifico che se ne può fare. L’Analisi Urbana e Regionale non è un fine in sé: gli studi analitici devono essere seguiti da proposte costruttive. Dunque, nonostante possa suonare audace suggerirlo, lo studio del Miglioramento Urbano dovrebbe iniziare a scuola. Nessuno scolaro intelligente e dotato di immaginazione, mentre analizza proprio quartiere, saprà resistere al tentativo di migliorarlo, o profetizzarne il futuro. Il presidente del comitato di Analisi Urbana di Leeds, qualche tempo fa mise in palio un premio per le scuole, ad un esercizio di vera e propria “Urbanistica” e i risultati furono sorprendentemente interessanti. Ora, questo non significa suggerire che la tecnica urbanistica sia tanto semplice che anche un bambino la può padroneggiare, ma è certo che esiste una buona quantità di urbanistica che consiste nell’applicazione di buon senso, basato sulla conoscenza e illuminato dall’immaginazione, alle questioni di ogni giorno: questioni come andare e tornare dal lavoro, la necessità di campi da gioco e gli svantaggi di usare le strade come tali, il miscuglio di abitazioni e fabbriche, l’affaccio diretto delle case su strade strette attraverso cui tuonano giorno e notte tram e autocarri a motore, il disgusto di scoprire begli edifici cacciati in fondo a strade strette dove nessuno può vederli, l’entusiasmo per i begli edifici degnamente collocati, la comodità di stazioni ferroviarie ben collegate alla città che ci si aspetta debbano servire ... la lista dei problemi quotidiani della città non ha limiti. Ora, per armonizzare tutte le necessità di questi numerosi aspetti, e saldarle in un praticabile ed economico schema, occorre considerevole abilità di carattere tecnicamente vario, ma le idee principali, le linee essenziali, le soluzioni desiderabili, sono alla portata di tutti; e visto che proprio il cittadino è il giudice ultimo del piano – nessun piano sarà mai posto in esecuzione, se non ha il sostegno intelligente della cittadinanza in generale – gli conviene non solo essere egli stesso un urbanista dilettante, ma essere in grado di giudicare e capire in profondità i progetti predisposti dai suoi esperti incaricati.

Nelle scuole, si sono tenute con grande successo ed effetto lezioni sui principi generali di urbanistica. La relazione fra i trasporti quotidiani e la residenza, fino a tempi recenti pallidamente conosciuta dalle nostre Autorità Civiche, può essere afferrata al volo da un bambino di dieci anni; né lui o lei troveranno più difficile apprezzare un sistema di parchi con campi da gioco, ad una distanza di cinque o sei minuti a piedi; ancora, non mancheranno di capire l’errore di sistemare le case sotto le rupi incombenti delle “scure Sataniche officine”: il ruolo giocato dai venti, dalle altezze, dai livelli di fumo e di precipitazioni piovose nel determinare i siti residenziali può essere dimostrato con eguale facilità. Tutte queste cose interessano il benessere dell’abitante di città così da vicino che è difficilmente contestabile il fatto che i rudimenti dovrebbero essere insegnati a scuola: sono urgenti tanto quanto l’economia domestica.

Andando avanti negli anni, ci dovrebbe essere una Società Civica a cui affidare il compito di mantenere questo interesse, la critica, e anche la pratica amatoriale dell’urbanistica, fra un grande numero di cittadini. Se l’architettura era tanto apprezzata nel diciannovesimo secolo, l’urbanistica sarà egualmente compresa nel ventesimo. Non ci deve essere antagonismo fra le idee portate avanti dalle Società Civiche e i piani predisposti dalle amministrazioni locali; ma con ogni probabilità le prime stimoleranno le seconde, ed eviteranno loro di tenere semplicemente il passo con i bisogni immediati, con soli servizi municipali amministrati efficientemente, o un utilitarismo ad una sola dimensione.

C’è molto da dire in favore delle Società Civiche – o di associazioni commerciali, come accaduto in Canada o negli Stati Uniti, con le proposte di piani regolatori generali – sia che promuovano concorsi, sia che nominino una piccola Commissione. Ma se l’amministrazione locale è sufficientemente progressista da farlo, e si noti, di non limitare le sue proposte alle sole strade e traffico, ma coprire l’intero campo della vita civica dai centri di rappresentanza al risanamento dei quartieri degradati, agli orti, allora la Società Civica può orientare le sue energie all’educazione del pubblico, per una piena comprensione di cosa significano Miglioramento Urbano e Urbanistica.

Quando il grande e immaginifico piano per Chicago fu redatto e sontuosamente pubblicato dal Commercial Club, ci furono due percorsi distinti che il documento dovette prendere per produrre effetti significativi. Primo: doveva essere adottato dalle autorità cittadine, e costituire la base della futura politica di crescita e miglioramento. Questo fu fatto, e un opuscolo appena pubblicato mostra cosa è stato realizzato in dieci anni, verso l’attuazione di quel possente progetto. Seconda, e di eguale importanza, la necessità di rendere popolari il piano e la relazione esplicativa, altrimenti le autorità non avrebbero avuto sufficiente sostegno. Un Manuale del piano di Chicago fu preparato ad uso delle scuole, un piccolo e grazioso volume dove storia, sociologia, e progetti per il futuro sono posti in dovuta relazione, e il tutto compone un manuale per studenti e cittadini sui problemi urbani in generale, e quelli della loro città in particolare.

Dunque quello che è necessario, per la comunità in senso lato, è, primo, Conoscenza, conoscenza locale della città, la sua storia, i suoi difetti e bisogni, realizzabile solo attraverso l’Analisi Urbana o Regionale; secondo, Immaginazione, resa più acuta per valutare le possibilità della città, comprendere cosa significa Urbanistica, o meglio Disegno Urbano, per assicurarsi che l’esperto Urbanista incaricato non sia una “larva senza ali”, come l’ha descritto Mr. Branford, “niente meglio di un uomo comune non rinnovato con l’incarico di praticare la cruda anatomia di questa sfortunata città”.

Nota: per chi fosse interessato a questi temi, sono disponibili sul mio sito sia la versione italiana del "Preambolo" di Abercrombie al Greater London Plan, sia una raccolta pure tradotta di testi sulle "Planning Schools" a cavallo fra gli anni Quaranta e Cinquanta (f.b.)

ARTICOLI CORRELATI
© 2024 Eddyburg