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"Speculazione sulla città nella fiction Raccontami"
2 Gennaio 2007
Lettere e Interventi
Michele Pellegrini, sceneggiatore per RAI uno

Caro Direttore, mi chiamo Michele Pellegrini, ho trentuno anni e faccio lo sceneggiatore. Seguo il suo sito quotidianamente con grande interesse da diversi mesi e ho comprato i suoi libri, la ringrazio per l'attenzione e la precisione con cui porta avanti un discorso culturale su un argomento che mi sta personalmente a cuore come la difesa della natura e del paesaggio da quando, studente, mi sono imbattuto negli scritti di Antonio Cederna. Le scrivo per metterla al corrente che su Rai uno in queste settimane va in onda una fiction in parte scritta da me (insieme ad altri amici colleghi con la guida di Stefano Rulli, Gloria Malatesta e Claudia Sbarigia) con Massimo Ghini e Lunetta Savino che si chiama RACCONTAMI. In questa fiction che sta andando piuttosto bene (ad oggi sei milioni di spettatori di media) si racconta l'evoluzione di una tipica (ultratipica secono certi stilemi e necessità editoriali del primo canale nazionale!) famiglia italiana che vive l'euforia e le contraddizioni del BOOM economico degli anni sessanta. Massimo Ghini interpreta Luciano Ferrucci, il capofamiglia, nelle prime puntate è capomastro, poi studia e diventa geometra diplomato e alla fine diverrà imprenditore edile ed è questa la trama portante dell'intera vicenda che si snoda per tredici puntate. Ci tenevo a scriverle perché al di là del risultato estetico ottenuto, (non so se lei guarda le fiction in televisione, forse non sono di suo gradimento e forse proprio Raccontami non le piace) sono convinto di essere riuscito (insieme agli altri scrittori ovviamente) a dare un'idea onesta e pulita del lavoro del costruttore. Il nostro eroe è infatti lontano da tentazioni palazzinare, vuol costruire per fare belle case rispettando le regole. In questa serie soprattutto si parla di Cederna, del piano regolatore di Roma e della legge Sullo. Magari sotto forma di citazioni colte che il novanta per cento degli spettatori non coglieranno a pieno e forse saranno poco più che citazioni, ma mi sembra che in genere il disagio e l'urgenza di un Italia che stava sputtanando il bene del paesaggio mi sembra che venga in qualche modo fuori. In una puntata si parla di un albergone che stanno costruendo su Monte Mario e la figlia di Ghini dice che è uno scempio citando l'urbanista Cederna, in un'altra puntata l'attore Paolo Sassanelli che interpreta un professore tuona contro gli affossatori della legge Sullo, in tutte le altre puntate si fa continui riferimenti alla necessità di costruire bene... insomma, c'è a chi la serie piace molto e chi invece sostiene sia la solita solfa della RAI tutta buoni sentimenti. Secondo me qualche passo avanti è astato fatto a tutti i livelli ma non sono certo il più indicato per sostenerlo... vorrei soltanto segnalarle che nel nostro piccolo, magari sbagliando, senza certo stravolgere i palinsesti di una rete nazional popolare ma forzandoli un po', stiamo cercando di fare anche noi qualcosa di buono per questo paese di villette a schiera e capannoni. Grazie per l'attenzione. Michele Pellegrini.

Non è male che i temi della città come prodotto collettivo e come terreno dello scontro tra interessi contrapposti si affaccino anche sui programmi più popolari. Far vivere in una storia di largo consumo il contrasto tra l’onesto geometra Ferrucci e il suo socio immobiliarista corruttore è cosa che aiuta a far entrare nei modelli culturali più diffusi alcune verità colpevolmente trascurate dai media. Eppure, è proprio da quelle verità e da quei contrasti che nascono le condizioni attuali delle città in cui, più o meno malamente, viviamo tutti.

Sarebbe bello se anche altri programmi riprendessero gli stessi temi. Magari aggiornandoli: non limitandosi a descrivere la speculazione degli anni Sessanta, ma raccontando e documentando i modelli e gli episodi più aggiornati. Che hanno nomi diversi da quelli del passato: nomi come “perequazione” e “compensazione”, adoperati come ideologia idonea a giustificare l’espansione a dismisura dell’edificabilità dei terreni a danno degli spazi pubblici e dei territori rurali, o come “grandi opere”, magari distruttrici dell’ambiente e della storia (come il MOSE a Venezia e il Pontone sullo Stretto) adoperate come strumento per enfatizzare il matrimonio tra la propaganda mediatica dei governanti (“il mio grattacielo è più lungo del tuo”) e le convenienze del mondo degli affari.

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