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Tonia Sense
Venuti in soccorso del Nuovo Piano Regolatore, ma purtroppo bloccati dal traffico…
1 Aprile 2006
Roma
Un intervento dai combattivi (e questa volta informati e attenti) comitati di quartiere che criticano il nuovo Prg, postato il 1 aprile 2006. E una postilla

Giuseppe Campos Venuti, noto urbanista e Presidente onorario dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) dal 1990, pubblica sull’Unità del 1 aprile un articolo sul Nuovo Piano Regolatore dal titolo “I mille centri della nuova Roma”.

L’articolo si apre con un appunto tutto economico: secondo Campos Venuti, il primo dato da evidenziare è la produzione di ricchezza e il primato di Roma come motore del mercato nazionale. A Roma, secondo Campos Venuti, si produrrebbe il 6,7% della ricchezza italiana. Naturalmente, come tante altre discussioni in corso (vedi TAV o Ponte sullo Stretto), il calcolo dei benefici non include il modo in cui viene ripartita la ricchezza prodotta, i modi in cui ricava profitto e i benefici per la comunità.

E’ di questi giorni la notizia che numerosi cantieri edili di Roma sono stati sequestrati non solo per inadempienze tecniche, ma anche per il massiccio uso di lavoratori pagati in nero, sottocosto e in condizioni di sicurezza scarse. Nessuna sorpresa, quindi, che il Pil (prodotto interno lavoro nero) si innalzi a vantaggio di quella dozzina di grandi costruttori attivi sulla scena capitolina.

Inoltre, nel calcolo economico di Venuti, non sembra essere stato incluso il danno agli abitanti per le spese aggiuntive (traffico, tempo, salute, ecc.) portate dalla massiccia cementificazione del Nuovo Piano Regolatore. Sono state infatti approvati mega centri commerciali senza linee di trasporto pubblico (vedi Ikea a Bufalotta), si costruisce in aree agricole lontane, si approvano progetti malgrado le valutazioni pessime da parte di commissioni tecniche.

Insomma, l’importante è che si parli di sviluppo, di qualunque natura sia, senza fare un serio calcolo dei benefici e dei costi per la comunità. A Roma si muore ogni anno di polveri sottili, un’alta percentuale di adolescenti soffre di malattie dovute all’inquinamento, il consumo di psicofarmaci è alto nelle zone di maggior traffico, il consumo di suolo innalza la temperatura atmosferica con conseguenze sulla salute e sulla spesa pubblica.

Sul consenso al Nuovo Piano, Campos Venuti si sbilancia (“tutto sommato le poche discussioni che si sono attardate a misurarsi con le vecchie patologie immobiliari del lontano passato, di fatto si sono occupate di una realtà che ormai non esiste più”): in una sola frase l’urbanista, con un colpo di spugna, cancella i mesi di polemiche sulle scalate degli immobiliaristi d’assalto (che hanno trovato sponda in ogni schieramento politico), i fiumi di inchiostro sulle spirali liberiste di Ricucci & co., le frequenti manifestazioni per il diritto alla casa e contro gli sfratti organizzate anche insieme alle associazioni ambientaliste.

Dov’è il “trionfo” di cui parla Campos Venuti? E’ ancora il caso, secondo lui, di giustificare il malaffare, affermando che più case si costruiscono più i prezzi d’acquisto si abbasseranno? E che dire dell’edilizia veramente pubblica, ipotizzata e mai realizzata?

Nessun partito politico ha difeso il Programma Pluriennale Attuazione, allo scopo di calcolare il fabbisogno di edilizia pubblica: il sindaco di Roma Luigi Pianciani, il 21 aprile 1873, affermò che “in scala assai più larga del fabbricare, si procede al negoziare dei terreni, e la popolazione intanto manca di case”. Sono passati 130 anni da quella affermazione ed essa è ancora così drammaticamente valida.

Non basteranno nuovi termini urbanistici a cambiare l’aspetto delle cose: una nuova espansione di servizi commerciali e palazzine, carente di trasporto e servizi pubblici, non si redime chiamandola “centralità locale” Con le periferie romane si continua il vecchio gioco di prenderne solo il nome, ma di mortificarne la storia: dove sono le vigne di Vigne Nuove? Dove il colle di Colle della Strega? Perché attorno alle ville romane di Faonte (Tufello) e di Fidene si colano centinaia di migliaia di metri cubi di cemento? Perché si costruisce i deroga ai vincoli paesistici? E’ un processo molto simile a quello che è successo negli Stati Uniti: i nativi sono stati pressoché sterminati e solo il loro nome è stato conservato sui caschi dei giocatori di football.

Infatti è ormai fuori discussione che la strategia del sistema policentrico romano basato sulle «nuove centralità», è confermata allo scopo di far nascere veri e propri centri in quelle città, grandi come Pisa o Ferrara, che nel Comune di Roma si sono formate, che già oggi chiamiamo Municipi e che occupano complessivamente un territorio più grande delle province di Milano o di Napoli. Municipi che, come abbiamo visto, non sono più i «quartieri dormitorio» di 25 anni fa, che oggi pulsano invece di produzione e di attività sociali e devono coagularsi intorno a «nuove centralità», indispensabili a definire l’identità autonoma di questi luoghi non più marginali.

In conclusione, è forse importante un pensiero più ampio sui reali esiti di questo presunto sviluppo senza limiti. Se è vero che grandi poteri economici come quelli immobiliari agiscono di concerto con le banche, e se è vero che le banche agiscono di concerto con l’economia indotta dai conflitti bellici e dai governi che appoggiano guerre grandi e piccole, si osserva una filiera corta che dallo stato fisico di cemento passa a quello ancor più pesante del piombo. Ci sono altre filiere da sfruttare. C’è un’altra economia, realmente rispettosa dell’ambiente e della società, che deve farsi spazio, soffocata da centri commerciali senza scrupoli per l’ambiente e per i lavoratori che producono i beni (?) esposti sui loro scaffali (vedi http://www.tmcrew.org/killamulti/cocacola/)

.E’ soprattutto così che si può fare pace.

Dal sito del Comitato Parco delle betulle

Postilla

Già. Io vorrei aggiungere che l’aumento della “ricchezza”, misurato non sulla produzione di merci comunque utili (le scarpe, i componenti elettronici, gli occhiali, il prosciutto ecc.) ma su un’attività edilizia finalizzata al mero accrescimento della rendita immobiliare, mi sembra un segno di degrado e non di sviluppo. Così pensava anche Campos Venuti quando era un maestro.

A maggior ragione ciò è vero quando provoca la perdita di beni comuni,come 15mila ettari di Agro romano.

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