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Roberta Carlini
Lo scandalo delle rendite
23 Marzo 2006
2006-Verso le elezioni
La destra italiana rappresenta le rendite parassitarie: perché la sinistra trema se la “accusano” di volerle tassare quanto è tassato il salario? Da il manifesto del 23 marzo 2006

In una campagna elettorale velenosa e definitiva, ecco un grande ritorno: la guerra dei Bot. Il panico finanziario. Il terrore via bancomat. Chi si ricorda dei vecchi tempi precedenti l'euro (il celebre «Bassolì, hai fatto crollare la lira», detto al neosindaco di Napoli dall'erede Mussolini in tv), dei Bot-people, del tormentone di Bertinotti rovesciato satiricamente in «tassiamo la Nato e usciamo dai Bot»?

Nell'anno 2006 molto è cambiato: i titoli del debito pubblico rendono un quinto di quello che davano allora, la metà di essi è piazzata all'estero (dunque non è tassata in Italia), la lira non crolla più perché non c'è, i capitali non «fuggono» ma legittimamente viaggiano nel mercato europeo unificato in tutto tranne che nel fisco, i piccoli risparmiatori sono sempre più piccoli e i grandi rentiers sono sempre più grandi. Eppure, lo spettro ritorna: la sinistra vuole stangare i risparmiatori, già le banche (quali?) segnalano al Cavaliere un fuggi-fuggi. E la reazione del centrosinistra è spesso specularmente irrazionale: chi nega tutto, chi ammette qualcosa, chi cambia discorso. A Porta a Porta Rutelli è arrivato persino a negare che mai uno stato possa concepire l'idea di tassare i Bot.

Ma i Bot sono tassati già, come tutti i titoli pubblici, con una ritenuta secca alla fonte del 12,5%. Lo stesso succede per le rendite finanziarie che vengono da obbligazioni e azioni, mentre se la cavano esentasse le plusvalenze azionarie, che siano piccine o gigantesche, dei quartierini o dei quartieroni. Agli interessi sui conti correnti bancari e postali va peggio, con un'imposta del 27%. Di qui lo slogan di Prodi: riordino della tassazione sulle rendite, da portare tutte mediamente sul 20%. Cioè comunque meno di quanto tutti noi paghiamo sui nostri salari. Comunque troppo, a quanto pare, per poterne parlare chiaramente, senza isterici attacchi e altrettanto isteriche smentite.

Usciamo da un ciclo economico - e politico - durante il quale il lavoro si è impoverito e la rendita è ingrassata. Che al termine di una così chiara redistribuzione della ricchezza e del reddito a una coalizione che si dice anche di sinistra possa venire in mente di proporre un leggero ritocco alla tassazione delle rendite, per tirarne fuori una parte dei soldi che servono per pagare altre politiche (a partire dal popolarissimo taglio del cuneo fiscale), non dovrebbe far scandalo. Né c'è il pericolo di un crollo finanziario legato alla fuga dei Bot-people, visto che la gran parte dei proprietari del nostro debito pubblico viene dall'estero - in base al grazioso principio europeo per il quale ciascun paese è un paradiso fiscale per i finanzieri dell'altro.

Il vero pericolo è un altro: che di fronte al can can di Berlusconi e alleati, l'inchiostro del programma dell'Unione sbiadisca ancora di più e che si dimentichi quello che lo stesso Prodi ha detto ieri: «L'85% dell'intero patrimonio finanziario è posseduto dal 10% delle famiglie più ricche».

Se si deciderà di rassicurare anche queste - oltre che, come è giusto, i piccoli risparmiatori - bisognerà dire allora da dove verranno le risorse per finanziare tutte le belle politiche promesse: i 2.500 asili nido, il taglio di cinque punti del cuneo fiscale, l'aumento dei fondi per la ricerca, eccetera eccetera. A meno di non voler fare i berlusconiani a tempo scaduto.

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