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“Vagavo disperata alla ricerca”
12 Marzo 2006
Lettere e Interventi
Anna Aliquò dal “Quartiere africano” di Roma, con una risposta di Paolo Berdini

Gentilissimo Eddyburg,

ho”scoperto” il suo sito mentre vagavo disperata alla ricerca di informazioni e di una speranza, una voce che mi aiutasse in quello che stavo facendo e che ogni istante mi gettava nello sconforto più nero. Per fortuna, come un naufrago, sono riuscita a nuotare fino alla sua isola.

Ho preso un’iniziativa civica che mi ha consegnato la delega di oltre cento persone del mio quartiere e quindi ora non posso fermarmi, ma sono molto demoralizzata.

Vivo a Roma, in un quartiere che una toponomastica beffarda definisce “Africano”.

Il territorio ricade all’interno del II municipio che, a sua volta, è compreso tra il Fiume Tevere, il Fiume Aniene, la Via Flaminia, la Via Salaria, la Via Nomentana e le Mura Aureliane. Il Quartiere è relativamente piccolo (non so darle dati precisi), sviluppatosi, a parte qualche rara presenza preesistente, con il boom edilizio degli anni ’50. Ha una elevata densità di popolazione, anche perché la maggior parte degli immobili sono palazzi con grandi cubature, in grado di ospitare parecchie decine di famiglie. Le strade, fatta esclusione per la via Nomentana che lo delimita da un lato e l’asse viale Libia – viale Eritrea, che sono vie ampie e dritte, di facile scorrimento, sono un dedalo inestricabile di viuzze che si attorcigliano su se stesse come gomitoli. Storicamente gran parte dei terreni erano di proprietà delle Ferrovie dello Stato. L’edilizia è disomogenea perché convivono, in strettissima promiscuità, alcuni immobili di gran pregio (ad es. le “Ville nel parco”, un grande condominio interamente recintato da alte mura dotato di alberi, viali, parcheggi, sorveglianti privati), qualche bel palazzo dalla firma illustre e casupole fatiscenti (il borghetto degli extracomunitari), casermoni anonimi, condomini post-bellici di edilizia economica.

I parcheggi della zona sono con strisce blu e parcometri e i residenti possono sostare se dotati di contrassegno.

Ad agosto scorso è iniziata la cantierizzazione per il prolungamento della metropolitana B1. Grande enfasi da parte degli amministratori: l’inizio della riqualificazione del quartiere!

Smog e polveri sottili alle stelle? Caos, frastuono e ingorghi perenni? Doppie, triple file, cassonetti distrutti e discariche a cielo aperto? Incidenti giornalieri per le auto che imboccano a velocità curve a gomito con passaggi pedonali subito dietro l’angolo? (vari morti) Carambole che riescono ad abbattere centraline Telecom, paline del traffico,alberi, per schiantarsi sui marciapiedi? Niente paura inizierà una nuova era.

Dopo sei mesi dall’inizio dei cantieri, che hanno chiuso in contemporanea strade, piazze, parcheggi portando la situazione sul filo della paralisi, il Comune ha convocato ripetutamente i cittadini in assemblee pubbliche, apparentemente per consultazioni democratiche sulle più opportune decisioni da prendere, in realtà per comunicare che: nelle immediate vicinanze di una delle stazioni della metro verrà costruito dall’ATAC, su un terreno prima delle FF.SS ora passato al Comune, un garage (in parte interrato, in parte fuori terra) con capienza di 900 posti auto. Chi costruisce, nell’ambito del protocollo PUP – Piano Urbano Parcheggi - destinerà una parte dei posti a box da vendersi a privati e il rimanente a parcheggi a rotazione. Quota per i residenti: 0

Poco più lontano, in un’area verde (circa 1600 mq) che il PRG destina a verde pubblico e servizi, (prima delle FF.SS., poi acquistata da una società ora fallita e rimasta recintata e inaccessibile da oltre 30 anni !!!), sarà posizionato dal Comune un parcheggio temporaneo (18-20 mesi) a raso. Successivamente si vedrà come riusciranno i curatori fallimentari di nomina governativa, a costruire altri parcheggi, come il Comune auspica (servono tanto!..) e certo anche qualche servizio (centro commerciale). Ancora un po’ più su, poche centinaia di metri in linea d’aria, uno stabile dell’Azienda municipalizzata ATAC sarà trasformato in un parcheggio a silos. Totale più di 1000 posti auto.

Domande:

Perché il Comune non ha mai fatto una valutazione preventiva dei posti auto necessari ai residenti e, soprattutto, non ha pensato di riservare loro in via esclusiva, nella fase criticissima dei cantieri i pochi posti rimasti? (Nelle vie “commerciali” viale Libia-viale Eritrea che dispongono di isolotti centrali con sistemazione a spina, i residenti devono pagare la sosta)

Perché, ora che il quartiere sarà dotato di fermate della linea metro, non continuare coerentemente a incoraggiare l’uso del mezzo pubblico aumentando (di lunghezza e di quantità) le corsie preferenziali, il numero delle vetture, modificando magari la loro tipologia (bus elettrici, navette per percorsi brevi e mirati)?

Perché rovinare con una colata di cemento (e poi chissà) un’area che il PRG vincola a verde pubblico e servizi invece di valorizzarla, visto che, essendo rimasta chiusa per 30 anni, oltre all’inevitabile ciarpame gettato oltre la recinzione, è dotata di piante anche imponenti, alberi di fico profumatissimi, felci, fiori spontanei e vi nidificano cardellini, verdoni, pettirossi, merli, codirossi, capinere e perfino una copia di balestrucci? Aggiungo che quest’area è vicinissima a una piazza che i romani chiamano “Sedia del Diavolo”,ora assediata dalle macchine e infestata di erbacce, ma dotata di gran fascino perché si tratta della tomba del liberto Elio Callistio e richiama l’atmosfera paleocristiana di tutta la zona (percorsa sotterraneamente da una estesissima rete di catacombe)

Perché la spropositata quantità di posti auto a rotazione, per nulla calibrata sulle necessità effettive dei residenti, deve servire (come è stato apertamente ammesso dagli amministratori) a fare da “attrattore” per le vie commerciali, mentre tutta la logica della sostenibilità, dell’economia e delle buone pratiche nella riorganizzazione della mobilità urbana suggerirebbero proprio il contrario? Il quartiere è strutturalmente “di attraversamento” tra la periferia e il centro, dunque non può ospitare parcheggi di scambio e dovrebbe alleggerire il traffico di passaggio facilitandolo e velocizzandolo con mezzi pubblici potenziati e protetti da corsie preferenziali e videocamere fisse

Perché ad ogni incontro pubblico tutte le domande sono state eluse e malgrado le raccolte di firme, la formazione di Comitati, le proteste, non c’è nulla e dico nulla che si possa fare perché un’altra realtà (che sembra così a portata di mano) si realizzi?

Piste ciclabili, aree pedonali, giardini, introduzione di sensi unici e dossi di rallentamento, autobus che trasportano velocemente la gente dove deve andare, senza ingorghi, senza smog, senza stress. Cittadini che si riprendono il loro quartiere e riescono a viverci con gioia, anziché, come faccio ora io, cercando di imparare a camminare con gli occhi chiusi?

Grazie se ha avuto la pazienza di leggere tutte queste righe e grazie ancora di più se vorrà spendere una parola di suggerimento. Io sono una semplice cittadina, non ho alcuna formazione urbanistica o tecnica, ma mi sono impegnata con tutte le mie forze a scrivere, spiegare alla gente, bussare alle porte, esporre con forza tutte queste incongruenze agli assessori e amministratori .

Penso sia una battaglia persa…

Anna Aliquò ­­e cento abitanti del Quartiere Africano.

Eddyburg ha chiesto a Paolo Berdini, che conosce bene l’urbanistica romana, di rispondere. Ecco la sua lettera.

Cara Anna Aliquò e Comitato "Africano, ma non per sempre",

i giustissimi interrogativi che ponete hanno un'unica risposta: si è affermatauna visione privatistica della città. Alle esigenze di pochi devono sottomettersi gli interessi diffusi di cui lei e il suo comitato siete portatori.

In questo modo si può dare risposta al primo quesito (perchè non si è valutata l'esigenza di spazi di sosta durante il periodo dei lavori per la realizzazione della metropolitana). Dare questa risposta avrebbe infatti significato avere al primo posto le esigenze di chi abita e vive nei quartieri, in particolare nel vostro che è sottoposto ad un intenso traffico di attraversamento. Attraverso la stessa chiave di lettura si può dare risposta anche al secondo e terzo quesito.

Se si guarda infatti solo ai potenti interessi organizzati - dei commercianti nel vostro caso - non ha alcuna rilevanza ripensare fin d'ora al sistema dei trasporti pubblici in funzione della nuova infrastruttura. Pensate all'incredibile ritardo che si ha tuttora per la stazione Fs Nomentana: dopo cinque anni dall'apertura della ferrovia urbana che arriva fino a Fara Sabina, la preziosa stazione così vicina al vostro quartiere e potenzialemente importante per far diminuirela domanda di spostamento su mezzo privato è ancora ignorata dal sistema di trasporto pubblico. Figurarsi le future stazioni di viale Libia!

Meno che meno interessa la sopravvivenza di quel poco che resta della complessità biologica dei nostri luoghi di vita: i meravigliosi volatili che citate nel caso del piccolo spiazzo verde rimasto sono nulla al confronto del valore economico della realizzazione di un inutile parcheggio di scambio.

E arriviamo così al quarto quesito. E' un gravissimo errore sovraccaricare ulteriromente il quartiere africano di parcheggi di scambio. L'occasione della realizzazione della metropolitana andrebbe sfruttata in maniera esattamente contraria, e cioè rendendo quel quartiere una sorta dizona a traffico riservato alla residenza e servito esclusivamente da mezzi pubblici. E invece si sceglie la via della valorizzazione economica perseguita anche da aziende pubbliche che dovrebbero invece interessarsi alla difesa di interessi pubblici.

Del resto perchè meravigliarsi? Il nuovo piano regolatore della città è stato chiamato dall'amministrazione in carica come "il piano dell'offerta economica" e non della domanda sociale che chiede una città migliore. Conseguentemenete il piano prevede che siano realizzati 65 milioni di metri cubi di cemento. La quota residenziale di questo scempio che farà scomparire 15.000 ettari di campagna romana è sufficiente a fornire casa a 300.000 nuovi cittadini. Una vera follia se si pensa che nel decennio 1991-2001 gli abitanti di Roma sono diminuiti di circa 180.000 abitanti.

Insomma, mentre in un decennio è scomparsa una città grande come Modena, si pensa di aggiungere una quantità di cemento che non ha alcuna giustificazione. O meglio ha l'unico motivo di favorire la lobby dei proprietari fondiari e dei costruttori, categorie potenti quanto i commercianti.

Ma veniamo alla conclusione della sua lettera. E' una battaglia persa? Non si può più sperare che si possa realizzare un'altra città?Nonostante le risposte che ho fornito, credo che siamo ancora in tempo a sconfiggere questa visione economicista del futuro della città. Lo testimoniano i numerosissimi comitati di quartiere che si battono per una città migliore e spesso ottengono risultati concreti. Non è una sfida semplice: quotidiani come Messaggero e Tempo sono di proprietà di immobiliairisti non parlano mai delle richieste che provengono dalla città. Anche altri quotidiani, come noto, stanno attenti a non urtare la suscettibilità del sindaco. Ma penso ancora che valga la pena di cercare di delineare una città nuova. Quella che vogliono farci accettare per forza è un vero incubo.

Paolo Berdini

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