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Giulia Alliani
CIA : agenti , voli e torture . Ma attenzione , non è un film
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Inquietanti informazioni dalla stampa USA. Dal bollettino online Osservatorio sulla legalità, new dell’8 dicembre 2005

Dopo le rivelazioni a proposito di renditions e di prigioni segrete della Cia in Europa, il Washington Post ha pubblicato il 6 dicembre il suo ultimo articolo-bomba.

Craig Whitlock racconta che, mentre le autorità italiane hanno negato fermamente di aver avuto un qulsiasi ruolo nel sequestro dell'Imam Abu Omar (Nasr), o di essere stati a conoscenza del progetto di rapimento, alcuni agenti ed ex-agenti dell'intelligence Usa, non autorizzati a discutere pubblicamente l'operazione, e quindi coperti dall'anonimato, hanno dichiarato che la Cia informò l'intelligence militare italiana con anticipo.

"Dopo che la faccenda divenne nota al pubblico" scrive Whitlock "gli agenti della Cia coinvolti nella decisione di rapire Nasr dissero ai loro superiori che l'agenzia di intelligence italiana aveva svelato il piano al primo ministro italiano Silvio Berlusconi. Tuttavia, sempre secondo le stesse fonti, nel caso dovesse sorgere una disputa tra Italia e Stati Uniti, non pare che esista una documentazione a sostegno della tesi che Berlusconi fosse a conoscenza del progetto. Parecchi ex-agenti hanno asserito che l'esistenza di una documentazione di questo tipo, su argomenti così sensibili, è molto poco probabile. 'Il prezzo dell'affare è che, se ti prendono, sei solò ha detto un ex-agente".

Scrive però il giornalista americano che "ci sono segnali di un progressivo disagio del governo Berlusconi nei confronti del procedere dell'indagine penale, condotta a Milano da un'autorità giudiziaria indipendente. Pubblici ministeri e giudici, il mese scorso, hanno firmato i documenti con cui chiedono agli Stati Uniti l'estradizione dei presunti agenti Cia, ma il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, finora non ha dato il suo consenso ad inoltrarli, sebbene tale atto costituisca di solito una semplice formalità.

Dopo essersi incontrato con Alberto Gonzales, il suo equivalente negli Stati Uniti, Castelli ha espresso dubbi sul fatto che l'indagine fosse motivata politicamente, definendo il pubblico ministero come un "militante" di sinistra, il cui lavoro va attentamente valutato. I pubblici ministeri hanno respinto qualsiasi pregiudizio di tipo politico, e hanno dichiarato che continueranno "a lavorare nelle indagini sul terrorismo in stretto contatto con l'Fbi".

E così, tra agenti dell'intelligence, ministri, e governi risulta davvero problematico orientarsi. Il pubblico legge una serie di dichiarazioni in cui, viste le contraddizioni, c'è, evidentemente, qualcuno che mente, ma è molto difficile decidere chi. E certamente non sono d'aiuto le recentissime dichiarazioni del segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, attualmente in visita in Europa, che hanno contribuito a rendere sempre più perplesso sia il pubblico americano che quello europeo.

E a proposito di pubblico, l'altro giorno, il 7 dicembre, Craig Whitlock si è intrattenuto con i suoi lettori per qualche ora, rispondendo a domande sugli argomenti trattati nei suoi articoli e in quelli di Dana Priest. Il testo di domande e risposte è leggibile nel sito del Washington Post, e vale la pena di scorrerlo.

Da Louisville, per esempio, un lettore chiede a Whitlock se abbia parlato con il ministro Usa Gonzales per sapere che tipo di pressioni Gonzales abbia esercitato su Castelli. Vuol sapere anche qualcosa sulla reputazione del pm Armando Spataro, e se si può ritenere che Spataro riuscirà a resistere alle pesanti pressioni politiche da parte dei governi Usa e italiano. Il lettore si chiede anche se queste pressioni non siano contrarie alle leggi degli Stati Uniti, e se è così, perché non si apra un'indagine. Whitlock lo rassicura fornendogli ottime referenze del magistrato italiano: Spataro ha perseguito mafiosi, terroristi, e politici corrotti, e in centinaia di pagine dell'inchiesta condotta dal suo ufficio è impossibile trovare un riferimento alle idee politiche di chicchesia. Il Dipartimento di Giustizia Usa ha invece rifiutato di fornire qualsiasi delucidazione sull'incontro Gonzales/Castelli.

Da Greenville telefona un lettore per congratularsi con Whitlock per la serie di articoli sul sequestro di Abu Omar. È inviperito: i rapitori americani usavano nomi e documenti falsi e hanno pernottato in alberghi di lusso, presumibilmente a spese dei contribuenti americani. Dice anche che, ovviamente, il procuratore italiano non riceverà nessun aiuto dalle autorità americane (Dipartimento di Giustizia, Fbi, o Cia). E allora ecco il suo consiglio: se il procuratore vuol conoscere la vera identità dei rapitori, perché non prova a rivolgersi al pubblico mondiale attraverso l'Internet? Potrebbe postare tutti i dati in suo possesso: fotografie, itinerari, intercettazioni telefoniche, resoconti delle carte di credito, etc. Qualcuno che gironzola sul web, compresi gli americani, potrebbe magari riconoscere qualcuno di questi spendaccioni. Fra i contribuenti americani c'è un sacco di gente che crede nella giustizia e nei diritti civili, e che è disposta a spendere qualcosa per raddrizzare le cose.

- Perché non ha ancora postato il malloppone sul web? - chiede il lettore di Greenville - (1) Non ci aveva pensato? O (2) forse è coinvolto in qualche giochetto politico e, in realtà, i rapitori non li vuol beccare? - -Idea molto interessante - commenta Whitlock - anche se decisamente insolita. Forse la Fox potrebbe trasmettere uno show dal titolo "Italy's Most Wanted" - ma aggiunge subito: - Naturalmente si tratta di uno scherzo -. Forse perché con certi lettori di Greenville non si può mai sapere: c'è il rischio che ti prendano in parola.

Da Toronto chiama un lettore un pò più smaliziato: leggendo gli articoli del WP è rimasto colpito dall'incredibile dilettantismo con cui gli agenti della sicurezza Usa combattono la "guerra al terrore". E c'è un altro pensiero che lo colpisce: la radice del dilettantismo va ricercata nella decisione dei politici di emulare i vecchi serial tv e i film di spionaggio. Nell'articolo di Whitlock c'è quella ex-spia che dice: "Il prezzo dell'affare è che, se ti prendono, sei solo". Ma assomiglia proprio al nastro pre-registrato e autodistruggente con le istruzioni settimanali di Mr. Phelps in "Mission Impossible", che finiva immancabilmente con la frase: "in caso di vostra cattura, il Segretario negherà di essere a conoscenza di ogni vostra azione"!

Solo che, cercando di imitare i successi di Jim Phelps, gli agenti Usa finiscono con l'assomigliare piuttosto a Maxwell Smart, l'agente 86, la parodia della spia americana, il protagonista della serie televisiva degli anni '60, 'Get Smart', creato dalla fantasia di Mel Brooks. Unica, ma importante differenza, secondo il lettore di Toronto: nè Phelps nè Smart frequentavano alberghi con conti a sei zeri. E questo signore canadese qualche ragione ce l'ha. Se andate a leggervi qualche "frase famosa" fra quelle pronunciate dai protagonisti di "Get Smart", vi potete imbattere in uno scambio di battute tra Maxwell Smart e la sua assistente, l'agente 99, del seguente tenore:

AGENTE 99: Oh, Max, che terribile arma di distruzione!

SMART: Sì. Vedi: la Cina, la Russia e la Francia dovrebbero bandire tutte le armi nucleari. Dobbiamo insistere perché lo facciano.

AGENTE 99: Oh, Max, e se non lo faranno?

SMART: Allora, potremmo essere costretti a farli saltare tutti in aria. E l'unico modo per mantenere la pace nel mondo.

Non dite che non vi ricorda qualcosa: il problema sta nel fatto che non è più un film comico, ma qualcos'altro.

Qui il Bollettino dell'Osservatorio sulla legalità

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