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Claudio Pappaianni
Dimenticare Pompei
4 Novembre 2012
Beni culturali
Amaro declino del sito archeologico più famoso al mondo. Le cause sono sempre quelle, da troppi anni a questa parte: incuria, mala gestione, arretratezza culturale. L’Espresso, 8 novembre 2012 (m.p.g.)

I lavori annunciati dal governo non sono ancora partiti. I conti restano in rosso. E il sito archeologico rimane a rischio

No. Crolli no: non cominciate a farne un caso. Al massimo, qualche pezzetto di intonaco scrostato». Uno degli addetti al controllo ha appena finito il suo giro di ricognizione tra le Domus di Pompei: negativo, recita il suo rapporto. Nessun danno, almeno in superficie. Come se bastasse: «I media si accorgono di Pompei solo quando crolla qualcosa», chiosa nervoso. Su Napoli e provincia ha piovuto tutta la notte, un nubifragio. Quando piove, nella città antica piove sul bagnato: il rischio che quell'acqua produca danni è più alto che altrove. Due anni fa, il crollo della Schola Armaturarum fu provocato dallo smottamento di un terrapieno proprio a causa delle abbondanti piogge. Non c'era un sistema per veicolare l'acqua piovana, nel sito archeologico più grande al mondo. E non c'è nemmeno ora: a Pompei l'anno zero non è ancora arrivato.

Full Monti

«E' necessario che il sito rimanga in piedi con lavori di qualità e in sicurezza per i lavoratori, aveva dichiarato ad aprile il presidente del Consiglio, Mario Monti, presentando al mondo il "Grande progetto Pompei": 105 milioni di euro, 63 milioni nazionali e 42 di risorse europee, investiti nei prossimi te anni per la manutenzione del sito archeologico. Uno studio del 2005, commissionato dalla Soprintendenza, stimava in 260 milioni di euro il costo degli interventi necessari per la messa in sicurezza di tutta l'area degli scavi. Gli obiettivi, ha aggiunto Monti,«sono due: la messa in sicurezza di tutto il sito e che ciò avvenga attraverso lavoratori capaci e onesti, tenendo fuori la criminalità organizzata che è forte nel territorio. Sono trascorsi sette mesi e, ancora, nessun cantiere è stato aperto. I primi interventi tra l'altro non saranno di manutenzione e messa in sicurezza delle zone già accessibili ai visitatori ma riguarderanno il restauro e l'apertura di cinque nuove domus - la Casa del Criptoportico, la Casa di Sirico, quella del Marinaio, quella delle Pareti rosse e la Casa dei Dioscuri - con un costo di cinque milioni di euro. Per la scorsa estate era attesa la pubblicazione del bando per la "mitigazione del rischio idrogeologico", cioè proprio quello che serve per evitare infiltrazioni d'acqua e crolli: ad autunno inoltrato non c'è ancora traccia. Eppure, per velocizzare le operazioni sono state effettuate negli ultimi mesi pure ventidue nuove assunzioni di architetti e professionisti. «Da come agiremo sul sito archeologico, dipenderà molto della reputazione che potremo avere come Paese.

Ci giochiamo la faccia, ha dichiarato il ministro della Coesione territoriale, Fabrizio Barca. La figura ce l'ha. La faccia, in verità, Pompei se l'era già giocata con la gestione commissariale che Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso avevano affidato a Marcello Fiori. In due anni, sono state dilapidati 80 milioni di euro: poco per i restauri e tanto sperpero di denaro tra stipendi da record, consulenze, bottiglie di vino e operazioni di marketing. Dopo le denunce dettagliate de "l'Espresso", la Procura della Repubblica di Torre Annunziata aprì un fascicolo e la Guardia di Finanza più volte è stata a Pompei per acquisire la documentazione di gare e affidamenti. Sono passati due anni, come per il crollo della Schola Armaturarum: le macerie sono ancora lì coperte da un telo di nylon, l'inchiesta pure. Bel quadretto». Una volta, qui, c'erano squadrette di manutentori: pioveva lo stesso, eppure crolli così clamorosi non li ricordo, racconta un anziano custode, aggirando una grande pozzanghera nel Foro della città antica. Ogni giorno, restauratori e artigiani che lavoravano stabilmente nel sito archeologico, intervenivano ai primi segnali di degrado. Bastava una crepa, un muro un po' scrostato e,con azioni mirate e pochi spiccioli, si preveniva il peggio.

Oggi, se non si attende il crollo poco ci manca. E si interviene, quasi sistematicamente, affidando lavori a ditte esterne con la pratica della "somma urgenza" con nomi che, spesso, si ripetono. Aumentano i costi, cresce il rischio per il patrimonio artistico e culturale. Mentre a Pompei spariscono i manutentori, ormai in via di estinzione come i panda: ne sono rimasti in servizio sette, ma solo due hanno ancora forza e competenza per intervenire. Due per quarantaquattro ettari di patrimonio archeologico fruibile, dove intanto il degrado continua la sua inesorabile marcia. Sette i crolli negli ultimi due anni. A febbraio, si era staccato l'intonaco della Domus di Venere in Conchiglia, uno degli affreschi più noti al mondo. L'ultimo crollo, a settembre, nella famosa Villa dei Misteri: una trave di castagno, lunga cinque metri, si è staccata dal soffitto, da un'altezza di otto metri, e si è schiantata sul pavimento della Domus più visitata. Era marcia, come deteriorate appaiono alcune che ancora sono fissate nel sottotetto della Villa. E' successo di notte: fosse caduta di giorno, a Pompei ci sarebbe pure potuto scappare il morto. La causa? Un'infiltrazione d'acqua, a quanto pare.

Conti in rosso

Per ripristinare le "squadrette" basterebbe assumere una cinquantina di persone: costo medio 39 mila euro all'anno. Meno di due milioni di euro,che garantirehbero più sicurezza e maggiore salvaguardia del patrimonio.E posti di lavoro. Soldi che, in parte, verrebbero recuperati dagli affidamenti diretti alle ditte chiamate d'urgenza quando c'è qualche cedimento. Oggi, negli Scavi di Pompei lavorano in 213: i loro stipendi, circa 8,3 milioni di euro, li paga il Mibac, il ministero dei Beni culturali. Per il funzionamento e la manutenzione ordinaria viene utilizzato l'incasso: circa 19 milioni per 1,7 milioni di visitatori paganti. Se Pompei fosse un'azienda privata, tra costi di gestione e personale, sarebbe già fallita. Eppure, secondo un vecchio studio del Mibac, servirebbero almeno altri 500 addetti per far funzionare al meglio il sito. Prevalentemente custodi. Garantirebbero la fruizione di tutti o quasi i 67 ettari del sito, l'apertura serale per almeno quattro mesi all'anno, un aumento di almeno il 50 per cento dei visitatori. Per raggiungere il pareggio, bisognerebbe aumentare il costo dei biglietto dagli attuali 11 euro a 15,50 euro, la stessa cifra che si paga per l'ingresso al Moma di New York. Il paradosso è che in cassa, oggi a Pompei, ci sono circa 57 milioni di curo non spesi. Sembra un contrappasso, dopo l'era Fiori in cui si registrarono 54 voci di spesa negli ultimi due giorni di commissariamento: 15 milioni di euro tra il 29 e il 30 luglio 2010, proprio mentre si preparavano gli scatoloni per andar via.

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