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Massimo Razzi
Ma non possiamo avere paura
19 Maggio 2012
Articoli del 2012
Dopo le bombe di Brindisi. Repubblica on-line, 19 maggio 2012 (m.p.g.)

Non era mai successo. In mezzo secolo di bombe, mafia, terrorismo di destra e di sinistra, stragi di Stato o semplice racket malavitoso, nessuno aveva mai osato colpire le scuole. Ordigni sui treni, nelle stazioni, professori uccisi nelle aule universitarie, operai e giuslavoristi sparati sotto casa, carabinieri massacrati mentre uscivano da un bar dopo aver preso un caffé. Ma mai, qualche mente criminale e/o politica aveva preso di mira così gli studenti.

Perché tra le 7 e le 8,30, ogni mattina, milioni di ragazzi e ragazze vanno tranquillamente a scuola e milioni di genitori, ovviamente, si fidano e li affidano allo Stato che provvederà a educarli e custodirli nelle successive 4 o 5 ore. Questa grande rito che succede ogni mattina in Italia come nel resto del mondo, è uno dei momenti più normali ma anche più alti del rapporto tra Stato e cittadino. Tante cose, non vanno, in questo Paese, ma nessuno ha mai pensato che, al di là dei (purtroppo) "normali" pericoli della strada e della vita, si potesse finire a mandare a i figli a scuola con l'apprensione nel cuore. E non solo: quante scuole ci sono oggi, in Italia, intitolate a vittime della mafia, del crimine o del terrore. Centinaia, migliaia? E' possibile, è ammissibile, che dei genitori debbano finire a pensare che mandare i figli in scuole che portano quei nomi onorati ed eroici possa diventare fonte di pericolo invece che di orgoglio? Ecco un altro pezzetto di innocenza, di convivenza civile che ci viene portato via, strappato dalla pelle e dalle menti.

Chiunque sia stato, mafia o racket, terrorismo o altro, non è neanche detto che ci abbia pensato. Non è detto che sia stato così perverso e raffinato da rendersi conto di quello che stava colpendo, di come sarebbe andato in profondità nelle nostre insicurezze, di come avrebbe scavato nel tessuto sempre più lacerato di questo Paese. Ma è anche possibile che proprio questo volesse. Perciò è necessaria una risposta generale, davvero imponente e forte. Per dire, ancora una volta, che non dobbiamo aver paura, che non ci faranno paura.

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