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Carlo Mannoni
Le luci e le false nebbie su Tuvixeddu: facciamo un po' di chiarezza
5 Maggio 2012
Sardegna
Dalla magistratura amministrativa un nuova importante decisione: gli interessi della tutela del paesaggio non devono patteggiare con gli interessi privati. Tiscali online, 5 maggio 2012

Con la sentenza n. 421/2012, pubblicata lo scorso 2 maggio, il Tar Sardegna ha respinto il ricorso della società Coimpresa nei confronti del decreto 8 luglio 2010, n. 81, con cui il Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna aveva dichiarato l'immobile denominato "Complesso Minerario Industriale di Tuvixeddu", di proprietà del Comune di Cagliari e della Nuova Iniziative Coimpresa s.r.l., di interesse culturale, storico e artistico ai sensi degli articoli 10 e 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, con i conseguenti vincoli di tutela previsti da tali norme.



Come si legge nella sentenza, l’intervento di tutela riguarda i beni mobili e immobili utilizzati, dagli ultimi anni del secolo XIX fino agli anni ’60 del secolo scorso, per l’esercizio di una cava di materiale calcareo, tanto che l’area è stata inquadrata nell’ambito dei “siti di interesse minerario”, ai sensi del D.lgs 22 gennaio 2004 n. 42. Si tratta dell’area del "Catino", quella del "Canyon", nonché una vasta “area centrale”, ampiamente interessata da opere di urbanizzazione previste nel piano attuativo dell'accordo di programma del 2000.

Il nuovo vincolo interessa 12 ettari circa dell'intero compendio e, come ricorda lo stesso Tar, si aggiunge, e si sovrappone nelle rispettive aree, al più esteso vincolo paesaggistico (50 ettari) contenuto nel P.P.R. del 2006.

Il medesimo organo di giustizia amministrativa non ha trascurato di mettere in risalto, nel trattare la complessa questione, la portata della assai nota sentenza n. 1366 del 26 gennaio 2011 del Consiglio di Stato, che aveva ritenuto legittimo il vincolo di inedificabilità (di natura paesaggistica e non culturale) posto dal Ppr sul complesso delle aree di Tuvumannu - Tuvixeddu, in attesa dell'adeguamento del Puc del comune di Cagliari alle prescrizioni dello stesso atto di pianificazione paesaggistica regionale (art. 49 norme attuazione del Ppr).

Sarà bene ricordare che la sentenza del Consiglio di Stato n. 1366/2011 aveva ribaltato, annullandola, la contraria posizione del Tar Sardegna, espressa con la sentenza del 13 dicembre 2007, n. 224, che aveva invece ritenuto inapplicabile l'articolo 49 delle norme di attuazione del Ppr, salvaguardando così il piano di Coimpresa e del comune di Cagliari contenuto nell'accordo di programma del 2000. Per sgombrare il campo da equivoci lo stesso Tar si è ora visto costretto a precisare, nella decisione appena pubblicata, che il vincolo paesaggistico del Ppr su Tuvumannu - Tuvixeddu "essendo stato confermato da una sentenza avente valore di giudicato, è tuttora valido ed efficace", e ciò pur "dopo che per molti anni le diverse amministrazioni coinvolte avevano avvallato la realizzazione dell’intervento edilizio proposto da Coimpresa"



Nel negare alla radice "la prevalenza delle aspettative privatistiche formatesi in relazione ai pregressi provvedimenti di contenuto favorevole" sul "persistente interesse pubblico ad una piena tutela dei beni culturali e paesaggistici", ha afferma inoltre il Tar, quanto alla tanto declamata supremazia dei diritti edificatori pregressi dei privati (Coimpresa) su quelli generali di tutela del paesaggio in capo alla collettività:



- che numerose delle opere previste nell'accordo di programma del 2000 "non sono state ad oggi completate e ciò ulteriormente giustifica un intervento di tutela che l’Amministrazione statale basa su di una disposizione normativa - il decreto legislativo n. 42/2004 – che ha innovativamente inserito i “siti minerari” fra le categorie di beni per i quali è possibile procedere ad una valutazione di notevole interesse culturale";



- "che l’Amministrazione, pur in presenza di atti che in precedenza hanno radicato interessi privati all’utilizzazione del territorio, resta comunque titolare del potere-dovere di adottare i provvedimenti necessari ad una piena tutela dei beni affidati alle sue cure";



- che "come recentemente osservato dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana (sentenza 10 giugno 2011, n. 418), “la disciplina costituzionale del patrimonio storico e artistico della Nazione (art. 9 Costituzione) erige la sua salvaguardia a valore primario del vigente ordinamento”, tanto che “l’imposizione del vincolo non richiede una ponderazione degli interessi privati con gli interessi pubblici connessi con l'introduzione del regime di tutela, neppure allo scopo di dimostrare che il sacrificio imposto al privato sia stato contenuto nel minimo possibile”.



Si tratta affermazioni di così ampia portata chiarificatrice, quelle del Tar, tali da indirizzare una potente luce, ove ce ne fosse stato bisogno, sulla questione relativa all'efficacia o meno dell'accordo di programma per Tuvixeddu del settembre del 2000 a fronte dell'intervenuta sentenza n. 1366/2011 del Consiglio di Stato. Che quell'accordo fosse divenuto inefficace con l'entrata in vigore del Ppr della Regione nel settembre del 2006, pareva chiaro dalla lettura della citata sentenza n. 1366 del 2011. Ma una strana nebbia aveva d'un tratto avvolto l'intera questione.



C'erano infatti coloro - dai giornalisti bloggers poco propensi agli approfondimenti necessari agli studiosi di diritto a loro dire imparziali sino ai politici disinteressati a cui (a tutti loro) mi sia consentito dare comunque il beneficio della buona fede - che anche dopo quella sentenza avevano continuato a ritenere che nulla fosse mutato, ritenendo l'accordo di programma del 2000 ancora efficace a norma dell'articolo 15 delle norme di attuazione del Ppr, che faceva salvi gli interventi previsti in strumenti urbanistici attuativi approvati mediante convenzione di lottizzazione efficace prima dell'entrata in vigore dello stesso Ppr. 



Alcuni di essi avevano anche citato, a sostegno delle loro disquisizioni, le sentenze del Tar Sardegna n. 541 e 542 del 20 aprile 2009, che avevano fatto salvo l'accordo di programma del 2000 proprio attraverso articolo 15 delle norme di attuazione del Ppr. Ignoravano però, e spero che di ignoranza si tratti, che entrambe le sentenze del Tar Sardegna erano state successivamente annullate dal Consiglio di Stato (sentenze n. 538/2010 e n. 1491/2010) che aveva invece ritenuto prevalenti "le prescrizioni introdotte dal Ppr per il corrispondente ambito di paesaggio". 



Resta ovviamente aperta - e il Tar lo sottolinea - la questione della copianificazione (Regione, Comune di Cagliari, Sovrintendenza beni culturali e paesaggistici) relativa al sito, previa "valutazione, coordinata e complessiva, delle soluzioni allo stato concretamente adottabili". E qui il Tar cita ancora la sentenza n. 1366/2001 del Consiglio di Stato secondo cui “la regolamentazione definitiva dell’area è rinviata ad un’intesa tra Comune e Regione, fermo che all’interno dell’area individuata è prevista una zona di tutela integrale, dove non è consentito alcun intervento di modificazione dello stato dei luoghi, e una fascia di tutela condizionata".



A parte il PAI (piano di assetto idrogeologico) approvato dalla Regione nel 2006, che già da solo aveva reso inedificabile il 40 per cento circa delle volumetrie del piano di Coimpresa, pur nell'imbarazzante e perdurante silenzio dell'allora sindaco Emilio Floris, della sua giunta e dei dirigenti comunali che avevano fatto finta, da prima, di ignorare i vincoli di inedificabilità del Pai e, successivamente, messo in essere la pantomima della rinuncia da parte di Coimpresa a costruire laddove comunque non avrebbe potuto farlo, con tanto di delibere di giunta e del consiglio comunale in scadenza ad accogliere i desiderata della società costruttrice divenuta d'un tratto rispettosa delle aree paesaggisticamente più delicate.



I pronunciamenti giurisprudenziali del C. di Stato ed ora del Tar dovrebbero rendere meno arduo, nella definizione degli atti di tutela del sito Tuvumannu-Tuvixeddu, il compito del comune di Cagliari e del suo sindaco Massimo Zedda, al quale va dato atto, nella vicenda dell'apposizione del vincolo minerario, di aver rinunciato al giudizio davanti al Tar revocando la costituzione in giudizio del 26 novembre 2010, contro gli atti del Sovrintendente Tola, decisa dal suo predecessore Emilio Floris. Un importante atto politico che ci aiuta a sperare nell'azione di tutela e valorizzazione, non solo nell'interesse della città di Cagliari, dell'importante compendio. 


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