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Luana Benini
Dell'Utri, la vendetta della destra
17 Agosto 2005
Articoli del 2004
Vogliono continuare con le leggi ad personam. Un altro episodio del degrado delle istituzioni e dei principi essenziali del viver comune. Da l'Unità del 13 dicembre 2004

ROMA Ci risiamo. Dopo aver santificato Marcello Dell’Utri, aver gridato che la sentenza dei giudici di Palermo è frutto di una persecuzione politica, il Polo si appresta ancora una volta a invadere il terreno della giustizia per ostacolarne il corso con leggi ad hoc, salvare dalla galera gli amici degli amici. Il copione è sempre lo stesso. Dell’Utri è condannato per concorso esterno in associazione mafiosa? Il centro destra ha già iniziato a dire che si tratta di un reato «finto», «da cancellare».

Lo ha detto, subito dopo la sentenza, il capogruppo di An in Commissione Antimafia, Luigi Bobbio. E gli hanno fatto eco due centristi come Carlo Giovanardi («C’è un problema politico e giuridico da risolvere, quello del concorso esterno in associazione mafiosa») e Rocco Buttiglione («Il concorso esterno è reato poco chiaramente definito»). Tutti d’accordo che occorre intervenire sul piano legislativo per abrogare il reato. «Il concorso esterno in associazione mafiosa - sostiene Bobbio - è frutto della creazione della magistratura siciliana, avallata dalla Cassazione. Bisogna assolutamente intervenire sul piano della legislazione per cancellare da un lato una vergogna giuridica e dall’altro una sorta di scatola vuota nella quale si tenta da troppo tempo di infilare chiunque sia sgradito, per le ragioni più varie, a un magistrato inquirente».

Bobbio ha già individuato anche lo strumento: «Una revisione del 416 bis». Che potrebbe essere oggetto di una proposta di legge ad hoc o meglio essere contenuta nel cosiddetto «pacchetto Napoli», le norme anticrimine che si pensa di inserire dentro la pdl sulla recidiva (la cosiddetta Cirielli-Vitali che a sua volta già contiene le norme salva-Previti). Una bella matrioska per levare le castagne dal fuoco a Previti e Dell’Utri in un colpo solo? Quello della matrioska è un gioco in cui il Polo è diventato esperto. Basta presentare emendamenti a un testo già pronto che si raggiunge lo scopo.

Nel caso della Cirielli-Vitali che sarà in aula proprio in questa settimana per essere licenziata prima di Natale (a questo almeno punta Fi) fu un emendamento firmato dal forzista Mario Pepe ad introdurre, nell’estate del 2003, la drastica riduzione dei tempi di prescrizione dei reati. Un emendamento che fu subito ribattezzato salva-Previti (se la legge fosse approvata sarebbe immediatamente applicata anche ai processi in corso per il principio del «favor rei»). E trovò però l’opposizione dell’Udc. L’aennino Cirielli, fra l’altro, si dimise da relatore della legge proprio per le polemiche sollevate dall’introduzione di quell’emendamento. L’Udc (era ancora in corso la fantaverifica di governo)tuonò che si trattava di una «amnistia mascherata». Ed è stato proprio per questo che la legge ridenominata Cirielli-Vitali e che riguarda, ironia della sorte, l’inasprimento delle pene per i recidivi, ha finito per slittare varie volte.

Nel frattempo la maggioranza ha approvato la controriforma dell’ordinamento giudiziario e ha cercato disperatamente di trovare «la quadra» sul pacchetto di norme anticrimine («pacchetto Napoli»). Il ministro della giustizia Castelli avrebbe voluto inserirle nella legge Cirielli-Vitali ma l’ipotesi sembrava essere tramontata perché il ministro dell’Interno Pisanu si era messo di traverso. Così proprio nelle ore in cui la Camera approvava l’ordinamento giudiziario per il pacchetto Napoli sembravano essere rimaste in piedi le due ipotesi alternative di un legge ad hoc (troppo lungo l’iter, però) o di un decreto.

Adesso Bobbio ipotizza la matrioska: una norma salva-Dell’Utri messa dentro il pacchetto Napoli, messo dentro la Cirielli-Vitali che già contiene la norma salva-Previti.

Il rebus è all’attenzione dei cosiddetti «saggi» della Casa. Che però dovranno vagliare anche la percorribilità di un’altra strada, più antica e molto cara al Polo. Quella prospettata ieri dal sottosegretario udiccino alla Giustizia Michele Vietti: ripristinare l’immunità parlamentare, rendere intoccabili deputati e senatori. Strada ardua però. Visto che lo scorso gennaio la Consulta ha già dichiarato illegittimo anche il famoso Lodo Schifani, l’immunità per le alte cariche dello Stato. Per l’opposizione si annuncia un’altra battaglia contro «la scandalosa cultura del privilegio e dell’impunità» (Pecoraro Scanio). Non sarà, come dice il prodiano Franco Monaco, che si dovrebbe rispolverare «la questione morale»? «Ci siamo imposti il dogma del politicamente corretto secondo il quale dovremmo inibirci il giudizio morale e politico sui profili clamorosi e inquietanti delle recenti note sentenze. Neppure dopo sentenze di questa portata che attengono ai rapporti tra corruzione, mafia e politica e che investono i vertici dello Stato, sentiamo il dovere di mettere a tema la questione della qualità etica di una classe dirigente? Una questione morale grossa come una casa?».

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