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Eduardo Di Blasi
Bidone metropolitano
7 Febbraio 2012
Roma
"Compensazioni" e trasferimento dei diritti edificatori: ancora una dimostrazione di quanto un espediente diventato principio faccia disastri. Il Fatto quotidiano, 7 febbraio 2012 (f.b.)

La regola era stata inaugurata con il nuovo piano regolatore generale di Roma, una manciata di anni fa. Era nota con il nome di “compensazione” e funzionava così: il Comune acquisiva dal privato l’area che riteneva utile alla riorganizzazione del tessuto urbano (per farci una scuola, un parco, un ufficio), e in cambio offriva al privato la possibilità di edificare in un’altra area della città con un moltiplicatore che ne pesasse il pregio (più ci si allontanava dal centro, più si accrescevano le cubature). Era un sistema che andava certamente incontro alle difficoltà di cassa del Campidoglio e alla nota fame dei palazzinari del luogo, ma si poteva pensare ricadesse in un medesimo disegno organizzativo: quello della costruzione di una città che alla fine rispondesse a un sistema di regole.

Adesso, in quella Roma alle prese con le medesime difficoltà di cassa, il sistema della compensazione si è trasferito anche alla costruzione delle metropolitane, opere che, di norma, sono da sempre affidate alla mano pubblica: chi costruirà pezzi di metropolitana a Roma, otterrà dal Comune la possibilità di edificare su aree pubbliche della città (peraltro già densamente popolate) nuove case. Domenica sera, alla trasmissione Presadiretta di Riccardo Iacona, Lisa Iotti ci ha illustrato, progetti e proposte alla mano, quello che dal settembre 2010 è il nuovo credo dell’amministrazione Alemanno. L’idea che parte dai prolungamenti della linea B (la cosiddetta “B1”), quelli verso Bufalotta da una parte e Casal Monastero dall’altra, ha in realtà il boccone più ghiotto nel tormentato cantiere della metropolitana C, già finito sotto i riflettori la scorsa settimana per la bocciatura senza appello che ne ha fatto la Corte dei Conti in una dettagliata relazione.

Parliamo della terza linea della metropolitana di Roma, che, progettata nel 1990, avrebbe dovuto vedere la luce per il Giubileo del 2000. Undici anni dopo quella data, la tratta che avrebbe dovuto collegare la periferia sud della città (borgata Finocchio, Torre Angela, Giardinetti, Centocelle) a Piazzale Clodio, passando per San Giovanni, Colosseo e Piazza Venezia, è ancora in mezzo al guado. Con i costi già triplicati alla esorbitante cifra di 5 miliardi e 72 milioni (+163% certifica la Corte dei Conti) a causa di quello che nessuno ignorava all’aggiudicazione dell’opera (vale a dire il tessuto archeologico del sottosuolo capitolino) l’opera è in ritardo di quasi un anno anche rispetto ai tempi della gara affidata nel 2006. La linea C rischia di essere per Alemanno e per i romani un pozzo di spesa senza fondo. Se infatti si ha una qualche certezza sulle tratte che dal capolinea sud di Pantano muovono verso Centocelle (che si stima di completare entro il 30 giugno 2012, con quattordici mesi di ritardo), piazza Lodi (30 giugno 2013) e San Giovanni (31 dicembre 2014), è ancora un mistero che strada prenda la parte “pregiata” della metropolitana, quella che dal Colosseo porta a Piazzale Clodio, in gergo chiamata “T2”.

Sono sette chilometri. Per farli le società capofila del consorzio di impresa che sta costruendo il resto della metropolitana (Vianini, Astaldi, Lega Cooperative e Ansaldo) hanno chiesto che gli venissero trasferite le preziose caserme e depositi Atac dei quartieri Prati e Flaminio (175mila metri cubi in pieno centro, pronti ad essere “valorizzati”) e 1,2 miliardi che il Comune dovrà pagare cash. In più i privati chiedono la gestione della linea e anche un canone di 312 milioni di euro l’anno per i prossimi 35 anni. Cioè, tenere aperta la metropolitana di Roma costerebbe qualcosa come 850mila euro al giorno, anche al netto del patrimonio che il Comune dovrebbe alienare ai privati. “È evidente - dichiara Massimiliano Valeriani, presidente Pd della commissione Trasparenza in Consiglio comunale - che un accordo del genere la giunta non può farlo. Un appalto di queste dimensioni andrà per forza di cose messo a gara”.

Il problema, però, resta sempre lo stesso. Se Alemanno (come ha dichiarato) non ritiene di poter prendere in considerazione la proposta fatta dai costruttori, con quali soldi si potrà costruire quel pezzo di metropolitana? È sempre Valeriani a rispondere: “Quella che la giunta si apprestava a portare avanti era un’operazione spericolata. Al punto in cui siamo mi sembra difficile pensare che i privati non debbano contribuire all’opera, ma va trovata una misura. Non ci si può indebitare per trent’anni a venire lasciando tra l’altro ulteriori pezzi di territorio ai costruttori. Non si può, credo, nemmeno lasciargli la gestione del metrò. Non esiste in nessun posto del mondo che due società gestiscano linee interconnesse”.

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