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Sandro Roggio
Luigi Petroselli, sindaco comunista contro i palazzinari
6 Febbraio 2012
Recensioni e segnalazioni
Il grande sindaco di Roma, raccontato da Ella Baffoni e Vezio De Lucia, fa comprendere come la buona politica e la buona urbanistica siano possibili. La Nuova Sardegna, 6 febbraio 2012

La mancanza di fiducia verso la politica si è volta verso ogni livello e luogo dell' amministrazione pubblica. I maggiori risentimenti sono in genere verso Roma, facile simbolo della malapolitica (“capitale corrotta = nazione infetta” – è il titolo di un'inchiesta dell' «Espresso» negli anni Cinquanta). Sembra perciò strano che la città sede del governo, baricentro dei grandi poteri, abbia avuto buoni amministratori locali, apprezzati non solo dai romani. Grandi sindaci: Ernesto Nathan (1907-913) e Giulio Carlo Argan (1976-1979). E poi Petroselli, che ha governato la città 740 giorni tra il 1979 e il 1981. Il più mitizzato, anche per (o nonostante) la brevità del suo mandato, in verità molto intenso. Morto improvvisamente, tre anni prima di Enrico Berlinguer, il suo programma è rimasto interrotto in modo drammatico. Uomini di sinistra tutti e tre. Comunisti gli ultimi due, funzionario del Pci Petroselli. Buoni esempi per la Sinistra orgogliosa di quelle esperienze.

Nel libro edito da Castelvecchi RX «La Roma di Petroselli» – di Ella Baffoni, giornalista dell' Unità, e Vezio De Lucia, urbanista militante tra i più stimati – , c'è soprattutto il racconto dettagliato sugli atti relativi alle scelte urbanistiche della città più bella e complicata del Mondo. Scelte rese difficili da un intrico di questioni non solo locali, puntualmente esaminate nel libro e da un clima poco buono per l'Italia di quegli anni. Petroselli aveva un idea di città: un grande merito, ieri come oggi. La lungimiranza in politica è cosa rara: contrasta con i tempi brevi imposti dalle elezioni e dalle carriere. Petroselli aveva un progetto attraversato da questioni strutturali che quando si affrontano si sa che non sarà facile. La ricerca di una composizione della dispersione sociale (i borgatari e la società accomodata nel sistema delle relazioni romane) e della frammentazione urbanistica rappresentata appunto dalla costellazione di borgate.

Una unificazione – scrivono gli autori in premessa – che era "l'esatto contrario della omologazione consumistica denunciata da Pier Paolo Pasolini”. A partire da questo nucleo di temi, Petroselli si è impegnato per risanare le periferie più degradate e confermare la residenza popolare in centro con risultati di grande interesse. L 'altro tema è nello sfondo: la città monumentale, croce e delizia. Quel paesaggio urbano monumento per eccellenza che Petroselli immagina dominante, per una Roma moderna che deve tutto alla sua trama archeologica. Avvia il progetto Fori e quello per il parco dal Campidoglio all' Appia Antica ispirati da Antonio Cederna: visioni di grande forza sostenute dalla parte più attenta del Paese. Fare tutto questo nella città dei palazzinari più potenti d' Italia non era (e non è) una cosa facile.

E infatti nel libro si spiegano difficoltà e contraddizioni e anche gli errori di questo breve percorso che assumono un'altra luce distanza di anni. Basti pensare all' abusivismo edilizio che a Roma, e da Roma in giù, è ancora il tema urbanistico primario e interferente su ogni scelta, forse non combattuto a sufficienza dalle forze progressiste. Petroselli opponeva l'edilizia pubblica alla rendita e alla speculazione: un argomento cruciale nella storia della Repubblica (sappiamo come sono andate le cose se ha vinto l'economia di carta e di cemento). Il libro, l'esame della politica urbanistica di Petroselli, è un'occasione per gli autori di riflettere oltre quel tempo, sul dibattito nella sinistra su questi temi e ancora su Roma crocevia di vecchi e nuovi interessi che li si depositano e si avviluppano in modi speciali. Uno sguardo utile, infine, sulla Roma degli ultimi tempi, giusto per capire.

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