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Maria Pia Guermandi
Una storia in trincea: Italia Nostra e l’urbanistica
3 Gennaio 2012
La storia di Italia Nostra si intreccia indissolubilmente con le vicende urbanistiche del nostro paese. L'introduzione del libro La città venduta, Roma, 2011

La difesa della città storica

Fu dalla battaglia contro gli sventramenti del centro storico di Roma che maturò, negli anni della ricostruzione postbellica, la decisione di fondare Italia Nostra. L’urbanistica è quindi tema fondativo di quella prima Associazione italiana per la tutela del patrimonio culturale e naturale, fondata da un gruppo di personalità del mondo della cultura nel 1955. E a lungo patrimonio esclusivo, non condiviso se non episodicamente, dalle altre associazioni, ora genericamente denominate ambientaliste, che seguiranno, spesso come filiazioni (Fai, wwf) della

La storia di Italia Nostra si intreccia dunque indissolubilmente, fin dalla nascita, con le vicende urbanistiche del nostro paese dal secondo dopoguerra ad oggi.

Fin dagli esordi, anche in virtù del grande prestigio dei propri soci, l’Associazione è in grado di entrare nel dibattito urbanistico italiano con analisi puntuali di proposte normative o vicende urbanistiche, ma anche con proposte autonome e perfettamente aggiornate rispetto al contesto scientifico non solo nazionale, ma europeo ed internazionale.

Tale ruolo di competenza e innovazione troverà piena espressione nell’elaborazione della Carta di Gubbio, il documento di sintesi sulla tutela dei centri storici del 1960, che molto deve alle discussioni e analisi svolte dal gruppo raccolto attorno ad Italia Nostra, tanto che il primo nucleo teorico di quel documento è recuperabile sul primo Bollettino dell’Associazione del marzo/aprile 1957. Nella Carta si afferma il carattere unitario del centro storico e, per conseguenza, la necessità di una sua tutela integrale. E’ la prima volta in assoluto che si arriva a concepire una visione del centro storico come sistema e non come insieme di monumenti, ed è, come è stato detto, uno dei pochissimi risultati di eccellenza teorica ascrivibili alla scuola urbanistica italiana, divenuto nel tempo modello metodologico adottato a livello europeo e tuttora valido.

In Italia, nel 2010, Italia Nostra ne celebrerà in solitudine, seppure sottotono, il cinquantenario, mentre nel Bel Paese impazza il dibattito sull’inserimento del moderno nei centri storici (non “se”, ma tutt’al più “come”) e il corteggio delle amministrazioni pubbliche nei confronti di archistars reali o fittizie.

Dal 1960 l’Associazione sosterrà sempre, senza incertezze, la linea della Carta di Gubbio e la battaglia per la tutela dei centri storici rappresenterà un tratto distintivo ribadito in più occasioni fra le quali il convegno di Napoli del 1995, a celebrazione dei quarant’anni di Italia Nostra, I centri storici nella città contemporanea.

In questi decenni Italia Nostra non cesserà mai di reclamare, per il paese delle mille città, un adeguato provvedimento normativo a tutela dei centri storici, contribuendo in maniera propositiva al dibattito che a metà degli anni 90 sembra concretizzarsi in un progetto di legge ad hoc per iniziativa dell’allora ministro dei Beni culturali Veltroni. Sarà un fuoco di paglia, così come vana sarà, un decennio dopo, la battaglia per inserire all’interno del Codice dei Beni culturali una individuazione più incisiva e norme specifiche e adeguate a salvaguardia dei nostri centri storici, tratto distintivo di una civiltà urbana che non ha eguali al mondo per quantità e qualità.

Intanto, le sezioni che si moltiplicano sul territorio contrastano, fra mille difficoltà, l’incultura e la debolezza delle amministrazioni pubbliche nei confronti degli interessi speculativi ammantati dal pretesto di un modernismo di disarmante provincialismo: da Venezia a Lucca, da Roma a Napoli, a Salerno, a Bologna. Di queste ultime settimane, come ci racconta Elio Garzillo in questo volume, è l’azione di denuncia della sezione di Bologna nei confronti dell’Amministrazione comunale che nel recente regolamento urbanistico ha di fatto cancellato le norme di salvaguardia del centro storico. Proprio nella città che alla fine degli anni ’70 aveva sperimentato con coraggio l’innovazione del risanamento conservativo: il recupero e la conservazione non solo fisica, ma sociale dell’edilizia storica anche non monumentale. L’avventura di Pier Luigi Cervellati, assessore bolognese all’urbanistica era stata sostenuta con entusiasmo da Italia Nostra che la considerò da subito fra i pochissimi esempi nostrani di pianificazione adeguata al contesto urbanistico.

La condanna di Cassandra e le vittorie di Davide

Ma la città, come Cederna spiega esemplarmente nell’introduzione a I Vandali in casa (è il 1956), non è solo centro storico. E Italia Nostra si riconoscerà sempre nella visione urbanistica di Cederna, secondo la quale, in estrema sintesi, la città storica e quella moderna, sono complementari e assieme devono trasformarsi attraverso una pianificazione guidata dalla mano pubblica a garanzia di trasparenza e democraticità.

Quasi sempre le denunce e le proposte di Italia Nostra si infrangono contro un muro compatto di interessi economici, politici e speculativi, responsabile di alcune operazioni di sventramento delittuose, da Milano, dove negli anni 50, in centro storico, si compie quella che Cederna, sulle colonne de “Il Mondo”, definirà come “la più colossale operazione di vandalismo organizzato del nostro secolo”. A Napoli, dopo il sacco laurino degli anni 50, all’inizio degli anni 70 sarà Antonio Iannello, una delle figure di spicco di Italia Nostra, sodale di Antonio Cederna e segretario generale dell’Associazione dal 1985 al 1990, a guidare l’elaborazione di un piano regolatore finalmente attento alla tutela del centro storico.

Italia Nostra partecipa in prima linea al dibattito, intensissimo, che caratterizza, in ambito urbanistico, il decennio riformista che parte dai primi anni 60: plaude al disegno di legge Sullo sulla regolamentazione della rendita fondiaria urbana, alla legge-ponte, agli standard urbanistici. La prima stesura del testo sugli standard (è il 1968) fu sottoposta, fra i primi, al vaglio dei rappresentanti di Italia Nostra, in quel periodo considerati fra gli interlocutori privilegiati della Direzione generale all’urbanistica del ministero dei Lavori pubblici, allora guidata da Michele Martuscelli. Su quella stessa linea, l’Associazione criticherà aspramente la sentenza n. 55 della Corte costituzionale del maggio 1968, vera e propria Caporetto del tentativo di riallineare il paese all’Europa sul tema del regime dei suoli pubblici.

E Italia Nostra è fra i primissimi osservatori a intravedere, fin dagli anni 70, i pericoli di un turismo invasivo e sregolato sul patrimonio culturale e sulle città i cui centri storici si avviano a divenire, come sarà sempre più chiaro negli anni successivi, solo quinte scenografiche per orde di turisti - consumatori.

Anche attraverso il suo Bollettino, Italia Nostra, “fa opinione”; unica fra le Associazioni ambientaliste, affronta il terreno complesso delle pratiche di pianificazione e delle normative connesse: ai convegni organizzati dall’Associazione partecipano i vertici dei ministeri, quello dei Lavori pubblici e, dalla sua nascita nel 1975, quello dei Beni culturali, gli urbanisti e i giuristi più famosi.

Fin dagli anni 60, l’attività di sensibilizzazione si arricchisce di un nuovo potente strumento di divulgazione, le mostre fotografiche. A partire da quella memorabile - Italia da salvare - inaugurata il 7 maggio 1967 a Milano e destinata ad un tour trionfale che la porterà anche in America. La mostra, prima di questo genere in Italia, documentava, attraverso migliaia di fotografie, le distruzioni subite dal patrimonio culturale e naturale nostrano negli anni della ricostruzione.

Non sarà la sola, fra le altre ricordiamo, sui temi urbanistici, Roma sbagliata, le conseguenze sul centro storico, organizzata dalla sezione romana nel 1974, così come, nel 1976 quella a Palazzo Braschi per la presentazione del “Piano per il Parco dell’Appia Antica”. Per Italia Nostra, che seguirà le vicende della regina viarum fin dagli anni ’50, il parco dell’Appia non è un solo un’area naturalistica o archeologica, ma uno degli strumenti urbanistici indispensabili per riequilibrare il disastroso sviluppo edilizio della capitale. E assieme, lo spazio cui saldare in un ininterrotto corridoio di verde e monumenti, l’area archeologica centrale. E’ il progetto Fori, voluto da La Regina e Petroselli che Cederna e Italia Nostra appoggeranno entusiasticamente, nei primi anni 80. Il più innovativo progetto urbanistico che abbia conosciuto Roma, nel quale l’archeologia sarebbe stata al servizio di una nuova idea di città, creando quello che Benevolo ha definito “un sublime spazio pubblico”.

Se a Roma col progetto Fori sarà cancellato l’ultimo tentativo di restituire alla capitale un destino urbano degno del suo ruolo (ma l’Appia, finalmente tutelata dal 1965, diventerà parco pubblico nel 1988), destino diverso è quello riservato a Ferrara, dove Italia Nostra, guidata da Paolo Ravenna e Giorgio Bassani, riescono a realizzare un’intuizione partita anch’essa nei tardi anni ’70 che consiste nell’agganciare alla città storica, attraverso il recupero delle mura rinascimentali, un’ “addizione verde” di 1.200 ettari, un grandioso parco agricolo-urbano che congiunge la città al Po: caso pressochè unico in Italia di espansione urbana non edilizia ma naturale.

Il pessimismo della ragione

Fra le vittorie più clamorose, considerati anche i rapporti di forza in campo, vi fu, nel 1988 quella contro la lottizzazione della piana di Castello, nella periferia nord ovest di Firenze, qui raccontata da Edoardo Salzano. Le ragioni di Italia Nostra che si oppone all’Amministrazione comunale di sinistra, sono esposte in un numero monografico del Bollettino, il n. 255, curato da Giovanni Losavio, che contiene, fra gli altri, l’intervento di Vezio De Lucia, nel quale compare per la prima volta l’espressione “urbanistica contrattata”. Si tratta di una pratica, affermatasi a partire degli anni 80 che vede sostituire gli atti autoritativi della pianificazione tradizionale da atti negoziali con attori privati: è la distorsione completa del concetto di pianificazione pubblica.

Per Italia Nostra, che sempre contrasterà questo fenomeno, è l’inizio della svendita della città ai privati. Il Convegno di Italia Nostra di cui questo volume è testimonianza, riassume (v. soprattutto Salzano, Cervellati, Berdini e Losavio) quelle vicende che si prolungano fino all’oggi. Chiarissimo vi appare, nella successione delle vicende, lo stretto parallelo che intercorre fra l’urbanistica contrattata e il cancro di tangentopoli le cui metastasi arrivano ai nostri giorni, diramate in ogni luogo del Bel Paese, da Firenze a Sesto San Giovanni.

E mentre la città è venduta, spesso sottobanco, si succedono i condoni edilizi (1985, 1997, 2003) che lasceranno impressi come marchi a fuoco sul territorio migliaia e migliaia di sfregi edilizi e una lunga scia tuttora in gran parte inesplorata di corruttele e connivenze mafiose. Italia Nostra ne denuncerà sempre con vigore il carattere devastante dal punto di vista urbanistico, etico ed economico.

Dalla metà degli anni 90 la battaglia contro l’urbanistica contrattata si allarga a Roma, dove il “pianificar facendo” delle amministrazioni Rutelli e Veltroni costituisce la versione capitolina del rito ambrosiano, resa ancor più pericolosa dall’assunzione di legittimità dei cosiddetti “diritti edificatori” a copertura di operazioni di perequazione e compensazione.

Contro tali pratiche Italia Nostra richiede un parere pro-veritate ad Edoardo Salzano e Vincenzo Cerulli Irelli (è il 2003) che dimostra l’insussistenza giuridica dei diritti edificatori.

A futura memoria, perchè sia Veltroni che l’attuale giunta Alemanno continueranno a svendere il territorio nella rincorsa ormai tragica verso un’espansione urbana senza limiti.

E infine il disastro urbanistico de L’Aquila: riletta a distanza, seppur ravvicinata, la tragedia di una città dal centro storico desertificato e sparpagliata su un’insensata corona di insediamenti precari e privi di servizi di ogni tipo, rappresenta la summa di quest’ultima stagione urbanistica che lascia poco spazio, come si percepisce anche dal tono degli interventi qui raccolti, all’ottimismo.

Anche in questo caso, Italia Nostra, soprattutto attraverso Pier Luigi Cervellati e Vezio De Lucia, rilevò immediatamente le molte criticità della ricostruzione, quando ancora il mondo dei media e della politica - e la quasi totalità degli urbanisti - plaudiva alle iniziative della Protezione Civile.

L’ottimismo della passione

Questo convegno di Italia Nostra aveva l’obiettivo di ragionare su di un fenomeno, quello dell’urbanistica contrattata, le cui conseguenze fallimentari sulla qualità urbana e sull’economia delle nostre città cominciano ad essere evidenziate da settori sempre più larghi dell’urbanistica e della società civile: Italia Nostra non è più isolata. Lo si è visto anche nel contrasto alla legge Lupi, il tentativo fallito in extremis di ampliare ed estendere al livello nazionale le pratiche negoziali a vantaggio della rendita privata.

Ma se la legge Lupi non è stata approvata, le iniziative legislative che hanno contraddistinto questi ultimi anni si muovono nella stessa direzione. Dal piano casa alle molte semplicazioni successive e sovrapposte che, in vari ambiti, da quello territoriale e ambientale a quello edilizio, la deregulation è diventato l’obiettivo cardine di questo governo, incapace di trovare altre soluzioni all’incombente crisi economica sistemica se non nel rilancio, spesso in forme incostituzionali, dell’economia del mattone, arcaica e distruttiva. Ciò che si intravede attraverso il combinato disposto degli ultimi provvedimenti normativi è addirittura l’assoggettamento del pubblico alle richieste del privato, mascherato dall’assoluta opacità delle pratiche di pianificazione e destinato ad annullare qualsiasi visione complessiva e coerente del disegno urbano.

Parafrasando Voltaire, Cederna ci ha insegnato che occorre ripetere sempre le stesse cose, finchè non cambieranno. Eppure rileggersi le pagine che abbiamo qui raccolto nell’ultima sezione a testimonianza della coerenza e della preveggenza delle analisi e delle battaglie di Italia Nostra, provoca una sensazione di vertigine inquietante: nessun progresso sembra essersi compiuto rispetto all’ode di Orazio che nel primo secolo avanti Cristo si scagliava contro i “palazzinari” che già allora spadroneggiavano a Roma.

Non è così, naturalmente. In decine di città e borghi d’Italia l’attività delle sezioni contribuisce a salvare dalla distruzione qualche lembo, grande o piccolo del nostro territorio. Ma Italia Nostra non è solo argine al degrado e contrasto agli interessi speculativi, ma proposta urbanistica aggiornata.

A Napoli, nella nuova giunta insediatasi a seguito delle elezioni amministrative dello scorso maggio, siede un Assessore all’urbanistica appena uscito dal ruolo di segretario regionale dell’Associazione. Cardine del suo programma è l’esecuzione di quel piano regolatore elaborato sotto il coordinamento di Vezio De Lucia nelle sue vesti di Assessore alla vivibilità della prima giunta Bassolino.

Di quel piano, che realizza l’obiettivo consumo zero del suolo urbano e che fu lodato senza riserve da Antonio Cederna, si può vedere un’immagine di sintesi a pag. XXX di questo volume: osservatela e scoprirete che il colore ancora prevalente è il verde, quello più scuro dei parchi urbani e quello più chiaro delle zone agricole, mentre l’area di tutela del centro storico è stata ampliata a 1700 ha. Sembra incredibile: anche per Napoli, la città dei reiterati massacri urbanistici, del sacco laurino, dei mille abusi, è ancora possibile un altro destino, disegnato da una pianificazione – pubblica - che ha saputo ricucire i lacerti di un caos urbanistico in un disegno complessivo armonico.

Come per Napoli, Italia Nostra non cesserà di continuare a pretenderlo per tutte le città italiane e a ribadire la stretta correlazione fra qualità della vita e qualità del territorio.

Quale primo strumento di intervento, proponiamo il nostro decalogo, sintesi delle linee d’azione necessarie e urgenti per uscire dalla logica di un’espansione drogata dalle esigenze dell’economia finanziaria e per far ripartire un’urbanistica al servizio di tutti i cittadini.

Il decalogo di Italia Nostra nella versione illustrata nel Convegno del 6 aprile 2011.

Sul volume La città venduta

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