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Aldo Bonomi
La questione settentrionale passa per le città
4 Dicembre 2011
Padania
Un'insalata mista dove ciascuno si sceglie un po’ quello che vuole, una fila di parole a effetto che svicola dal tema del titolo. Il Sole 24 Ore, 4 dicembre 2011 (f.b.)

Sono ormai mesi che impietriti, giorno dopo giorno, osserviamo il cielo della crisi finanziaria che fa dell'euro e purtroppo anche dell'Europa, uno straccio che vola. In attesa dei provvedimenti del Governo Monti, se ce la faremo è all'Italia delle città che dovremo guardare. Qui si trova il 61,3 % dei residenti, il 63 % delle imprese industriali e il 71 % del terziario avanzato.

Numeri e dinamiche che si concentrano soprattutto sull'asse Torino-Milano-Trieste e in basso a Genova e Bologna. Numeri che mutano quella che negli anni del capitalismo molecolare è stata la questione settentrionale. Questione che tornano a osservare e praticare la Cisl dei contratti territoriali e la Lega delle identità territoriali. Il sindacato convocando a Milano un seminario delle Cisl del Piemonte, della Lombardia, del Veneto e dell'Emilia Romagna, discutendo con i presidenti delle regioni di coesione sociale e di impatto della crisi sul tessuto manifatturiero. La Lega con i suoi bellicosi propositi di giocarsi l'opportunità di essere l'unica opposizione.

Un crinale delicato fatto di "nordismo dolce" e "secessione dolce" ai tempi dell'euro a velocità variabile. In Italia la metropolizzazione incardinata sul policentrismo delle "cento città" ha prodotto un modello urbano a nuvola cresciuto lungo i grandi assi infrastrutturali. Attorno a grandi città che, prese nella morsa della rendita immobiliare, sono "de-cresciute" al centro per disperdersi sul territorio. Dando forma a "città infinite" o alla "megalopoli padana" dove l'Alta Velocità fa da metropolitana leggera collegando Torino a Milano e Bologna. Reti di città che durante il ciclo ventennale del capitalismo molecolare hanno avuto il merito di mixare funzioni terziarie urbane e capitalismo manifatturiero dei territori. Un modello fatto di policies e classi dirigenti locali che tra anni '90 e nuovo millennio hanno accompagnato lo sviluppo dei territori, hanno costruito immagini e nuove rappresentazioni collettive dentro la transizione al postfordismo (basti pensare al caso torinese), ma che sono entrate in crisi sulla governance dei flussi: mobilità, immigrazione, finanza, logistica.

Con una divisione crescente tra città medie campioni di benessere e qualità della vita e grandi aree urbane sempre più in crisi di bilancio e in affanno sui temi della sicurezza, del costo della vita e della qualità ambientale. Difficoltà che pesano dentro la crisi nella misura in cui la capacità della metropoli di produrre servizi e saperi pregiati nonché reti di mobilità e comunicazione è il principale canale attraverso cui i sistemi produttivi territoriali possono riconquistare competitività sui mercati internazionali. Oggi la costruzione di un nuovo patto tra città e contado, tra capitalismo delle reti e manifatturiero, tra élite urbane e territoriali costituisce il nuovo nucleo di quella che ancora chiamiamo questione settentrionale.

Scomparsa la grande impresa fordista concentrata a Nord Ovest, con i distretti del Nord Est in via di verticalizzazione attorno a una media impresa diffusa da Torino a Treviso e lungo l'asse della via Emilia, oggi il tratto caratterizzante del Nord è il processo di metropolizzazione diseguale e confuso che a partire dalle città collega centri medio-piccoli e grandi. Una urbanizzazione che non solo drena risorse e abitanti dalle aree più periferiche dello stesso nord, ma diffonde stili di vita, bisogni, consumi e tematiche post-materialiste tipicamente urbane. Ribaltando la direzione di marcia dal contado alla città. Da rappresentazione del sogno egemonico di un contado manifatturiero che tra anni '80 e 2000 ha fatto da locomotiva economica del Paese, oggi la questione settentrionale vista dalle città mette al centro la capacità delle classi dirigenti.

Vi si confrontano il centro sinistra che governa le capitali regionali e il centro destra che esclusa l'Emilia Romagna e la Liguria egemonizza le città medie e le tre regioni, Piemonte, Lombardia e Veneto. Fotografia politica che rompe il tentativo del mondo del capitalismo molecolare di farsi classe dirigente nazionale. Berlusconismo e leghismo si sono imposti coalizzando il milieau terziario milanese con le periferie territoriali contro un mondo fatto di élite urbane e ceti medi riflessivi incardinati al welfare.La crisi ha incrinato l'unità di questo blocco politico-sociale fino ad arrivare allo "strappo" di questi giorni tra Confindustria Veneto e la Lega tornata all'opposizione. Un cambio di equilibri che a mio parere riporta la questione settentrionale alla sua originaria natura di questione sociale.

Sono proprio le nebulose urbane del centro-nord i contesti in cui il mix tra impatto della crisi, impianto manifatturiero, alti consumi, forte mobilità, flussi di immigrazione, crisi del welfare e crescente polarizzazione delle condizioni di vita, ne fanno un aggregato di quel 99 % direbbero gli indignati di Wall Street che subisce la crisi: dagli operai agli impiegati al pubblico impiego fino ai ceti medi e ai capitalisti molecolari. Molto dipenderà dalla volontà della città terziaria, della sua composizione sociale di ritrovare una capacità di fare società, di produrre una cultura civica nuova che metta al centro la difesa della qualità della vita, fuori dalle contrapposizioni tra questione ambientale e sviluppo economico, sicurezza e welfare, ecc.

Mentre la città terziaria degli anni '90 trasformava le classi sociali producendo frammenti senza coesione, oggi emergono almeno tre reti sociali che tentano di produrre tracce di nuova coesione: il magma del terziario professionale che con la sua trasversalità, pur nella crisi, tenta di connettere imprese, creatività, dimensione della cura; il crescere di nuovi filamenti di rappresentanza urbana come il comitatismo civico che uniscono il tema della qualità della vita con la volontà di riprendere controllo sulle grandi trasformazioni della città; e che fa il paio con l'affermarsi del modello della smart city, della città riflessiva che intende riprendere il controllo sulle condizioni della vita urbana. Infine, come a Milano, esempi di welfare community non più statale con cui la società civile inizia a fare i conti con la crisi dello stato sociale.

Questione settentrionale, dunque, come tema della coesione interna alla polis. Una tendenza positiva, che dall'idea di de-regolazione rifà i conti su come cercare di tenere assieme crescita economica e coesione sociale. Una tendenza che può rappresentare una possibilità di uscita dal tunnel di una crisi che è epocale e quindi culturale e politica. Dovendo scegliere, a fronte del ritorno sul territorio della lega, sono più d'accordo con gli industriali del Veneto e con le Cisl del Nord che pongono attuale la questione sociale ed economica del grande Nord dentro la crisi. Da come ne uscirà mutato dipenderà molto il destino del Paese, di tutto il Paese..

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