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Francesco Stella; Erbani Cervasio
Il sacco di Pompei
14 Novembre 2011
Beni culturali
Nella documentatissima inchiesta, video, interviste, documenti su quello che si sta scatenando sul sito, adesso che arrivano i soldi europei. repubblicaonline, 13 novembre 2011 (m.p.g.)

Riportiamo il reportage d’apertura dell’ inchiesta di Francesco Erbani

Ecco i soldi europei e tutti corrono al capezzale della città fantasma Il commissario Hahn ha visitato Pompei la scorsa settimana e ha promesso di vigilare su come verranno spesi i fondi Ue. Ma nella partita, complicata dalle polemiche tra soprintendenza e esponenti del ministero, si agitano interessi politici e affaristici. Perché l'area archeologica è una delle "industrie" più appetite dell'intera provincia napoletana.A Pompei attendono i soldi europei: 105 milioni. Sono tanti, ma non bastano a fugare le ansie che gravano sul sito archeologico più bello, più celebre e più complicato che ci sia al mondo. I lavori di messa in sicurezza - ha garantito il commissario di Bruxelles Johannes Hahn - cominceranno nel primo trimestre del 2012. Il che può voler dire anche a marzo, se tutto va bene. E questo è il primo motivo d'ansia. Si guardano in cielo le nuvole. Potrebbero addensarsi e diventare nere. E le piogge a Pompei recano l'incubo dei crolli. L'acqua stagna fra le bàsole della pavimentazione e imbeve pericolosamente i terrapieni che premono dietro i muri delle domus.

E poi i soldi non sono tutto. Chi e come li spenderà? La Soprintendenza, senza rimpolpare i suoi ranghi, difficilmente può farcela. Ma di nuove assunzioni non c'è traccia. Tante promesse a vuoto. Si affollano invece una quantità di soggetti interessati a mettere in qualche modo le mani su Pompei. Fino a creare una specie di ingorgo che, visto da qui, fa molta confusione e quasi più paura della pioggia. Non è la prima volta che accade, anzi è una costante, raccontano a Pompei, una delle industrie più appetite dell'intera provincia napoletana, al centro di un territorio dalle consolidate ramificazioni affaristiche e clientelari. E persino criminali. E poi c'è la crisi di governo, che potrebbe complicare o, al contrario, snellire tutto.

La regola vorrebbe, dicono a Pompei, che i soldi entrassero nelle casse della Soprintendenza, la quale li spenderebbe sulla base di un piano preparato nel frattempo. Troppo semplice. La partita su Pompei, dopo un anno di completa inazione seguito al crollo della Schola Armaturarum, si è improvvisamente agitata nelle ultime settimane. Annunci, promesse. Lotte fratricide dentro il ministero. Fra i più attivi a immaginare scenari complessi c'è il sottosegretario ai Beni culturali Riccardo Villari, napoletano, una carriera politica movimentata (dalla Dc al Ppi, quindi l'Udc, l'Udeur, la Margherita e il Pd, che lo espelle, dopodiché lui fonda un gruppo di "responsabili" al Senato). Diventato sottosegretario nel maggio 2011 e nonostante senta vacillare la propria poltrona, attacca senza mezzi termini l'attuale soprintendente, Teresa Cinquantaquattro, la stessa che dovrebbe gestire i 105 milioni. La accusa di non saper spendere i soldi che ha in cassa (ventidue milioni l'anno, grosso modo, che per metà se ne vanno in spese correnti), di non averlo avvisato del crollo avvenuto due settimane fa e di altro ancora.

Il sottosegretario, quasi ex, ha mobilitato le università napoletane e altri archeologi, e poi si è fatto paladino di un gruppo di imprenditori, sempre napoletani, interessati più che a salvare Pompei, a costruire fuori degli scavi, forti di un articolo del decreto varato dal governo nella scorsa primavera che prevede si possano realizzare interventi anche in deroga al piano regolatore della città. Alberghi, ristoranti, strade, parcheggi: qualcuno sogna una scorpacciata di cemento. Villari poi si è proposto come l'interlocutore dell'Unesco, che nei mesi scorsi ha redatto un rapporto molto critico su come il ministero è intervenuto a Pompei (ha contestato, per esempio, i commissariamenti stile Protezione civile e ha criticato l'eccesso di attenzione per la valorizzazione a scapito della tutela). E non solo dell'Unesco, con il quale a Parigi il ministero dovrebbe firmare un accordo a fine novembre, ma anche di un'altra cordata di imprenditori, stavolta francesi, disposti a spendere fino a 200 milioni a Pompei. A condizione - ha più volte ribadito Villari, non si sa quanto interpretando i desideri d'oltralpe - che ciò avvenga in sintonia con i loro colleghi napoletani.

Che cosa resti di questa complicata architettura, una volta dimesso il governo Berlusconi, non è chiarissimo. Ma molti temono che non svanisca nel nulla. E non è tutto. Nella partita Pompei entra anche Invitalia, società del ministero dell'Economia, esperta nell'attrarre investimenti. Si dice debba occuparsi di gare d'appalto e di bandi. Invitalia a un certo punto ha sostituito un'altra società che avrebbe dovuto lavorare a Pompei, l'Ales, che almeno era di proprietà del ministero dei Beni culturali.

A Pompei si guarda con preoccupazione a questi scenari. Tornano a profilarsi i fantasmi di una gestione commissariale sotto altre vesti, di soprintendenti molto volatili (ce ne sono stati quattro in due anni) e anche per questo molto deboli. Si agitano personaggi di primo e secondo piano della politica che qui, avvicinandosi elezioni, giocano destini personali. La settimana scorsa è venuto il commissario Hahn. Non aveva mai visitato Pompei. L'ha girata incantato per ore, fino al tramonto, sconvolgendo il protocollo. I soldi arriveranno, ha ripetuto, ma la commissione vigilerà che vengano spesi bene. Un po' come il Fmi per i conti pubblici italiani.

Ma, come se non bastasse la vigilanza europea, ecco che si annuncia la costituzione di una "cabina di regia" formata dagli archeologi del Consiglio superiore dei Beni culturali (Andrea Carandini; Giuseppe Sassatelli; Francesca Ghedini, sorella di Niccolò, l'avvocato di Berlusconi; il direttore generale delle Antichità, Luigi Malnati). "Potremo seguire e controllare tutte le attività che si svolgono a Pompei - ha spiegato Carandini, che del Consiglio superiore è presidente - e tutti gli atti verranno messi a conoscenza della cabina di regia". Ma appena poche ore dopo quell'annuncio, il ministero tira il freno: il Consiglio superiore può esprimere pareri e atti di indirizzo, non sovrapporre nuove strutture. La "cabina di regia" pare abortita prima di nascere.

Sugli scavi di Pompei hanno sempre governato o voluto governare in molti. Dai sindaci della città al vescovo. Senza contare il peso di alcune sigle sindacali che sembrano altrettanti clan familiari. E non dimenticando il ruolo dei potenti bancarellari o dei posteggiatori. L'attuale primo cittadino, Claudio D'Alessio (Udc), per non restare fuori dai giochi, ha chiesto di entrare anche lui nella fantomatica "cabina di regia". Il vescovo Carlo Liberati, che regge il Santuario della Madonna e una vasta rete di proprietà immobiliari, guarda con occhio vigile a ciò che accade dentro gli scavi, pronto a proporre uomini graditi alla curia, come accadde nel 2007 quando festeggiò con un calore che non passò inosservato la nomina a direttore amministrativo di Antonio De Simone, professore di archeologia all'Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli.

E proprio De Simone è una di quelle figure che, in questa effervescenza, potrebbe riproporsi. Non si capisce in che ruolo, ma la voce di un suo interesse a tornare a Pompei circola con insistenza. Villari, per esempio, lo ha sponsorizzato apertamente. De Simone ha lavorato molto a Pompei negli anni Ottanta e nel 2007 si è dato terribilmente da fare per diventare direttore amministrativo, una carica che non c'entrava granché con la sua qualifica di archeologo. Per ottenere l'incarico si rivolse a un consigliere regionale del Pd, Roberto Conte, considerato molto vicino all'allora ministro Francesco Rutelli. Le loro telefonate furono intercettate, perché Conte poco dopo fu arrestato per associazione camorrista (poi, espulso dal Pd, è transitato nel centrodestra). Venne fuori uno spaccato di smodate ambizioni personali, ma anche quanto contasse in certi ambienti politici avere un proprio uomo in un posto cruciale alla Soprintendenza di Pompei.

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