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Maria Pia Guermandi
L’Aquila senza tempo
16 Maggio 2011
Recensioni e segnalazioni
Riflessioni a margine del volume di Francesco Erbani, Il Disastro: purtroppo ancora attualissimo. Scritto per eddyburg, 12 maggio 2011.

Inevitabile topos retorico a giustificazione di una recensione ritardata è sicuramente quello che annette al testo oggetto d’analisi un’inalterata attualità. Eppure, rileggendo questo libro in occasione della presentazione che se ne farà domani, 13 maggio 2011, a Bologna, questo nesso appare assolutamente pertinente a sottolinearne la caratteristica più evidente. Scritto a un anno dal sisma, al volgere del secondo anniversario il quadro delineato da Francesco Erbani mantiene tutti gli elementi di criticità e di tragicità di un trauma ancora ben lontano dall’essere superato. Ma non è solo per l’aderenza alla realtà della situazione che l’inchiesta dimostra la propria attualità, quanto soprattutto nella capacità di individuarne le ragioni. Ragioni che adesso, a due anni da quell’evento, hanno purtroppo acquistato uno statuto di condivisione quasi unanime.

Non è stato sempre così, anzi, per molti mesi dopo il 6 aprile 2009 i mezzi di comunicazione, pressochè unanimemente, ci hanno restituito l’immagine di una situazione sotto il pieno controllo da parte della Protezione Civile, esaltata per le capacità straordinarie di intervento e la rapidità d’iniziativa. Dopo le prime settimane, i primissimi mesi, superata la fase di emergenza più immediata (il soccorso ai sopravvissuti, l’allestimento delle tendopoli), solo pochissime voci isolate hanno cominciato a intravedere i pericoli di talune scelte, in primis quelle urbanistiche e fra queste eddyburg che dal settembre 2009 ha rilanciato lo studio di Georg Frisch e Vezio De Lucia (L’Aquila, non si uccide così anche una città, Clean 2009). Ora la critica al modello imposto con i 19 insediamenti di C.A.S.E. (le così dette new town) è generale: mutano solo gli accenti, ma il fallimento sul piano urbanistico, sociale e persino edilizio, è largamente riconosciuto.

Ma verso la fine del 2009, le poche isolatissime voci critiche sulle scelte operate dalla Protezione Civile, furono immediatamente tacciate di faziosità ideologica o peggio. L’indagine identifica il punto di svolta nella percezione di quanto stava succedendo a l’Aquila con lo scoppio del caso giudiziario che coinvolse, nel febbraio 2010, la Protezione Civile e l’alta dirigenza dei lavori pubblici. A questo stesso testo di Francesco Erbani, d’altronde, può essere attribuito il merito di aver ribadito, fra i primi in forma sistematica, tutti i problemi, le anomalie, le stranezze che nel corso dei primi mesi si erano venute accumulando attorno alla vicenda della ricostruzione.

Fin dall’endiadi del sottotitolo – le scelte, le colpe - l’autore evidenzia come in realtà L’Aquila abbia rappresentato un’ingiustificabile deviazione rispetto a quanto avvenuto in occasione di precedenti eventi sismici. Azzerato il patrimonio preziosissimo derivato dall’esperienza analoga e in alcuni casi di grande efficacia (Friuli e Umbria-Marche), la macchina della Protezione Civile ha dispiegato una metodica di intervento pervasiva e autoriferita, acquisendo, in virtù delle note amplissime possibilità di deroga rispetto alle normali procededure amministrative, non più solo competenze direttamente legate alle operazioni di primo intervento, ma ben più allargate in termini di ambito e di tempo: dall’urbanistica alla gestione del patrimonio culturale.

Da questo punto di vista, l’intervento nel post-terremoto ha costituito un vero e proprio laboratorio in corpore vili delle potenzialità di espansione dell’azione della Protezione Civile, accuratamente programmato, così come l’indagine di Erbani dimostra chiaramente, fin dalle prime settimane dopo il sisma. L’indagine giudiziaria e ancor più le famigerate risate intercettate all’alba del 7 aprile fra i due imprenditori gongolanti al pensiero dei lucrosi appalti della ricostruzione, hanno squarciato un velo e incrinato definitivamente l’alone di onnipotenza positiva che aveva accompagnato la Protezione Civile. Se l’azione della magistratura non avesse sconvolto i binari di uno schema predisposto fin dalle primissime settimane dopo il terremoto, dunque, questo meccanismo avrebbe continuato a riprodursi, come una metastasi, in ogni settore della pubblica amministrazione, prova ne sia il tentativo, abortito in extremis per lo scoppio dello scandalo, della trasformazione in S.p.A. della suddetta Protezione Civile.

Il pericolo corso, però, non è affatto superato: la pulsione derogolativa che ha ispirato l’azione della struttura guidata da Bertolaso&C., continua a permeare ogni iniziativa legislativa dell’attuale maggioranza governativa e per quanto riguarda l’Aquila ci si ostina a riproporre la logica dei commissariamenti che altro non è che il tentativo di evadere da un sistema di regole certe, trasparenti, democraticamente condivise.

Il caso rappresentato da L’Aquila, di una ricostruzione mal impostata e gestita ancora peggio, fra mille incertezze e rinvii, di un centro storico e di un patrimonio culturale scientemente abbandonati fra macerie e puntellamenti distruttivi e il cui recupero si fa di mese in mese più problematico, così come emerge con estrema chiarezza dal volume di Francesco Erbani, è problema ancora del tutto aperto.

Dopo due anni di inerzie le ultimissime notizie secondo le quali il Comune de L’Aquila avrebbe finalmente costituito una propria struttura interna per la gestione urbanistica della ricostruzione, aprono lo spazio alla speranza. E qualche merito in questa riacquistata consapevolezza della necessità che la pubblica amministrazione, unica rappresentante delle esigenze della comunità locale, si ponga finalmente a capo di questo processo è da ascrivere alle capacità di denuncia dei mezzi di informazione. E fra questi, naturalmente, il Disastro.

F. Erbani, Il disastro. L’Aquila dopo il terremoto: le scelte e le colpe, Laterza, 2010.

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