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L’assalto del cemento alla Lombardia
7 Aprile 2011
Padania
Consumo di suolo padano: una bella pubblicità alla denuncia degli ambientalisti e all’ingegnere che ha fatto i conti. Ma ahimè latitano vere ipotesi alternative di sviluppo. La Repubblica ed. Milano, 7 aprile 2011 (f.b.)

Ogni giorno sette Piazze del Duomo in più

di Simone Bianchi

Il cemento dilaga in Lombardia e aumenta a un ritmo impressionante, l’equivalente di sette piazze Duomo al giorno. Legambiente e l’Istituto nazionale di urbanistica lanciano l’allarme: a Milano e in provincia il tributo quotidiano al cemento è di 20mila metri quadrati, secondo posto sotto Brescia, mentre nel rapporto tra aree urbane e verdi il record negativo spetta a Monza e Brianza dove le prime hanno superato il 50 per cento. Legambiente propone una legge che introduca oneri a carico di chi costruisce in zone aperte invece che in aree cittadine dismesse. L’assessore regionale Belotti: «Siamo favorevoli, ma subito non si può».

Come la lava di un vulcano il cemento avanza e "consuma suolo". Corre veloce, cancellando ambienti naturali e vegetazione spontanea, ma anche aree agricole. Ogni giorno in Lombardia vengono urbanizzati 117mila metri quadrati, una superficie pari a circa sette volte piazza del Duomo a Milano. La superficie che si perde invece ogni giorno in provincia è di circa 20mila metri quadrati.

Sono i dati contenuti nel rapporto 2011 sul consumo di suolo presentato da Legambiente, Istituto nazionale di urbanistica e il Centro di ricerca sui consumi di suolo di Milano. Il cemento inonda anche la città, sempre di più: il 78,1 per cento del territorio milanese è ormai costruito. E si procede al ritmo di due ettari al giorno, secondi solo a Brescia.

«Ci stiamo giocando un patrimonio di ambiente» dice il presidente di Legambiente Lombardia, Damiano Di Simine. Ma c’è anche un rischio economico: «Perdiamo la risorsa naturale più preziosa su cui si costruisce gran parte della ricchezza della nostra regione». A suo avviso in futuro andrà peggio, perché «nel Pgt che l’assessore Masseroli ha condito con richiami alla parola d’ordine "non consumeremo suolo", ci sono previsioni reali di consumo dell’1,5 per cento. Non è tanto in assoluto, ma per Milano lo è, visto che di superficie libera ne è rimasta poca». Per il direttore della Coldiretti Lombardia, Eugenio Torchio, non si può andare avanti così: «È come se sparissero ogni giorno i terreni di due aziende agricole».

In tutta la Lombardia, spiega il rapporto, un quarto delle superfici agricole produttive è andato perduto. Il cemento aumenta: la superficie urbanizzata a Milano è passata dai 56.660 ettari del 1999 ai 62.619 del 2007. Un incremento di 5.959 ettari, un +10,5 per cento in otto anni. E nonostante la crisi economica sembra che la costruzione di nuove autostrade, centri commerciali e capannoni non si fermi mai. Mattoni, cemento e asfalto: con tutte le infrastrutture in programma da costruire a Milano e provincia, ancora ne arriveranno.

Oggi è coperto dal cemento il 39,7 per cento del territorio della provincia milanese: il dato è - solo apparentemente - contenuto poiché comprende tutti i comuni del Parco Sud, ancora relativamente ricchi di aree verdi. Ma ci sono anche i picchi in negativo. Come quello di Sesto San Giovanni, ricoperta dal cemento per il 95,2 per cento del suo territorio. Grandi colate anche a Bresso (asfaltata per il 93 per cento), a Corsico (86,7). Seguono Cologno Monzese con l’82,1 e Pero con l’80,3. Il più in pericolo, nel panorama delle provincie lombarde, è il (restante) verde brianzolo: la provincia di Monza e Brianza si ritrova infatti una superficie urbanizzata che, con il 53,2%, supera la metà del totale.

Legambiente propone una ricetta per evitare di continuare a riempire di cemento il territorio: una legge di iniziativa popolare che ponga paletti introducendo, ad esempio, oneri a carico di chi, potendo riutilizzare aree dismesse della città, decide invece di costruire in aree aperte. «Siamo molto interessati» dice l’assessore regionale all’Urbanistica, Daniele Belotti. Il quale, però, spiega che siccome finora soltanto il 30 per cento dei 1.549 Comuni della Lombardia ha approvato il piano di governo del territorio, «una norma così non si può fare subito». E non si potrà fino al 31 dicembre 2012, termine della proroga ai Comuni per l’approvazione dei Pgt. Prima di allora non si può intervenire con alcuna legge "ad hoc" che aiuti a salvare il suolo dal cemento.

Così finiscono i terreni agricoli

di Teresa Monestiroli

«Il suolo è una risorsa limitata per questo molto preziosa. Obiettivo del Pgt è ridisegnare una città che cresce, e si sviluppa, senza consumare nuovo territorio». Era il 4 febbraio quando un vittorioso Carlo Masseroli, assessore all’Urbanistica, presentava il principio base del suo Piano di governo del territorio dopo il voto del consiglio comunale.

Uno slogan diventato, nei mesi del dibattito in aula, un tormentone che le associazioni ambientaliste hanno sempre criticato. Non solo loro, però. Per Paolo Pileri, professore di Pianificazione territoriale e ambientale del Politecnico, uno dei curatori del Rapporto 2011 sul consumo di suolo, «più che uno slogan è un artificio perché si ridefinisce il concetto di consumo di suolo a proprio favore. Il Pgt sostiene che nei prossimi vent’anni il suolo urbanizzato scenderà dal 73 per cento di oggi al 65 del 2030. Una cosa mai vista, peccato che non sia vera. Per raggiungere quella quota infatti il Comune ha inserito nel "non urbanizzato" anche viali alberati e giardini cittadini. In nessuna parte del mondo il verde urbano è considerato "area non urbanizzata"».

Il principio masseroliano, a ben vedere, è realistico solo in parte. Si legge nel documento di piano che la città non potrà estendersi oltre i suoi confini attuali, ma potrà solo ricostruirsi in quelle zone dove oggi c’è degrado e abbandono, come gli scali ferroviari dismessi, per fare un esempio. «Ci sono grandi aree cittadine che sono oggi degrado puro - risponde alle critiche l’assessore - ambiti come gli scali ferroviari e tutta l’area della Bovisa, dove sorgeranno anche grandi parchi. Il consiglio comunale ha votato un aumento di verde pari a 3 milioni di metri quadrati che sorgeranno dove oggi c’è abbandono. Questa è riduzione del suolo urbanizzato». Ma, nota Legambiente, il Pgt rinuncia alla vocazione agricola di questa città perché, attacca Damiano Di Simine, «ci sono aree agricole che verranno riqualificate con la nascita di nuovi quartieri, invece che riportandole alle origini di terreni coltivabili».

Se dunque alcune aree come Bovisa o Stephenson, dove rispettivamente arriveranno 740 mila metri quadrati e un milione e 235 mila metri quadrati di costruito, sono zone ex industriali da bonificare o comunque già edificabili, nei piani di trasformazione urbana del Pgt rientrano anche terreni oggi agricoli che un domani diventeranno quartieri abitabili. Un esempio su tutti è l’area Expo, per due terzi coltivabile, che un domani sarà certamente costruita, ma anche Cascina Merlata e la Città della Salute che riunirà l’ospedale Sacco, l’Istituto neurologico Besta e l’Istituto dei Tumori. Tre nuovi insediamenti che, dopo il 2015, sorgeranno in una delle zone più attrezzate di Milano. «L’urbanizzazione segue le infrastrutture - continua il professor Pileri - In provincia di Milano le aree più costruite sono quelle lungo l’asse nord - ovest che passa per la fiera di Rho-Pero e va verso Novara, e quello sud - est lungo i binari dell’alta velocità fino a Lodi. Negli ultimi anni è qui che sono cresciuti i maggiori insediamenti».

È proprio lungo la direttrice sud - est che si trova Porto di Mare, altro punto di riqualificazione che, stando ai numeri del Piano, attirerà 530mila metri quadrati di cemento, una volta destinati alla Cittadella della Giustizia e domani chissà. L’area, a cavallo del Parco Sud, è per metà occupata da nomadi. Le volumetrie, garantiscono a Palazzo Marino, atterreranno solo nei metri quadrati di terreno fuori dal parco. Ma perché non estendere il verde, visto che la proprietà è del Comune? Risponde a modo suo Paola Santeramo, presidente della Confederazione italiana agricoltori: «Abbandonare le aree a se stesse e consegnarle al degrado è una politica ben precisa: prima si lasciano deperire i terreni, poi si dice che bisogna riqualificarli.

Le aree agricole sono molto appetibili perché costano poco e non hanno bisogno di bonifiche: basta cambiare la destinazione d’uso e il gioco è fatto. Forse però bisognerebbe ricordare che la Pianura Padana è la zona in Italia con il record di terreni fertili. Se perdiamo questa produttività ne risentirà tutto il paese». Il rischio delle continua cementificazione, che a Milano è arrivata al 78 per cento del totale, ma che a Sesto San Giovanni ha raggiunto addirittura il 95% così come in molti comuni nel Nord, è che si inizi a erodere anche il Parco Sud Milano, zona che fa gola ai costruttori. «Il Parco è rimasta la nostra unica chance di respirare - continua la Santeramo - Una volta che il terreno agricolo viene urbanizzato, per riportarlo alla sua origine ci vogliono mille anni. Credo che Milano, attanagliata dalla smog, non possa permettersi di perdere questo polmone».

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