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Gianni Beltrame
La favoletta del grattacielo che fa risparmiare suolo
8 Marzo 2011
Consumo di suolo
C'è densità e densità, ma soprattutto ci sono i pataccari che ci costruiscono attorno cortine fumogene. Una piccola lezione di urbanistica, scritta per eddyburg

Gira molto di questi tempi una favoletta apparentemente semplice, ma nella sostanza fasulla, che viene ampiamente propagandata e indirizzata - quasi come un manifesto, uno slogan, un credo ideologico-politico-urbanistico da imporre - ad un pubblico di menti candide, distratte o impreparate, che poco o nulla sanno o capiscono di questioni urbanistiche e ambientali e di pratiche di gestione del territorio, disposto a credere che “più grattacieli si costruiscono più si risparmia suolo” e che “grattacielo è bello” anzi “dovuto” per potere “risparmiare suolo” (questa è la parte del messaggio indirizzata agli ambientalisti ingenui).

In molti, a volte anche persone studiate dalle quali non te lo aspetteresti, ci cascano. Perché?

Questa favoletta risulta infatti, nel suo messaggio, anche non poco scorretta - un po’ come coloro che la sostengono e la propagandano - perché mischia artatamente al suo interno, in un ragionamento che si presta facilmente ad essere aggrovigliato e confuso, sia una parte vera che una parte falsa. E dove la parte vera sembra essere talmente evidente e indiscutibile da indurre a pensare che lo sia anche la parte falsa.

Vera è la parte stereometrica del ragionamento contenuto, che dimostra come il tipo edilizio del grattacielo, può, in termini fisici (la stereometria è infatti quella parte della geometria solida che studia i diversi modi coi quali si può configurare un volume nello spazio) consumare meno suolo rispetto ad altri tipi edilizi bassi o orizzontali che forniscano la stessa volumetria. Falsa è la parte del ragionamento che vuole far intendere che trasferire automaticamente nelle pratiche e nei metodi dell’urbanistica e dei suoi piani l’uso diffuso del ricorso alla tipologia del grattacielo provochi l’effetto virtuoso di fare risparmiare, sempre e comunque, suolo.

La verità stereometrica

Si prendano due dadi e li si posino su un tavolo. Si supponga che ogni dado rappresenti una casa o un edificio (per residenze, uffici, ecc.) di volume e di altezza pari a quella del dado. La superficie di tavolo occupata – o “consumata”, perché inibisce altri usi possibili della superficie complessiva del tavolo - da questi due edifici è equivalente alla superficie delle due facce sulle quali si posano i due dadi.

Sovrapponiamo ora i due dadi: otteniamo un edificio alto due dadi e dello stesso identico volume dei due. Abbiamo fatto un “grattacielo” (l’esempio vale anche per più dadi, per chi desiderasse giocare con un grattacielo più alto) che altro non è, nel senso più banale, che una certa quantità di metri cubi impilati in altezza. Ora però possiamo osservare che la superficie coperta, consumata dai due dadi impilati si è ridotta ad una sola faccia di dado: pari volume complessivo e superficie coperta ridotta della metà: magnifico! Ma allora è proprio vero e dimostrato che il grattacielo fa risparmiare suolo!

Fine dell’unica parte veritiera della favoletta.

La falsità urbanistica

Si consideri innanzitutto che il suolo, meglio pensarlo come territorio, nel quale e sul quale noi viviamo e operiamo, non è proprio equivalente al piano del tavolo di cui all’esempio e nemmeno è paragonabile a un foglio di carta bianca (come spesso se lo immaginano certi architetti) sul quale poter disegnare e collocare tutto ciò che passa per la testa. E non è neppure una sommatoria di “mappali” come lo pensa una concezione meramente proprietaria dei suoli.

Sul suolo si posano gli ambienti umani, si posa la natura, si posa l’ambiente naturale, si posa il paesaggio, vivono aree naturali sensibili e rare e sono presenti aree e ambienti preziosi o delicati che debbono assolutamente essere conservati e protetti per la vita. Il suolo stesso è natura e materia vivente e non è piatto e indifferenziato come un tavolo.

Il suolo è dunque risorsa scarsa e limitata, riproducibile dove può essere riprodotta, se non in tempi lunghissimi, che non può essere utilizzato e sfruttato nella sua totalità (come un tavolo). E che non può essere reso tutto edificato o edificabile (come pensano gli ossessi del metro-cubo, dello “sviluppo” e della “crescita”).

L’urbanistica, quella vera e consapevole, si pone, nell’organizzare e pianificare gli sviluppi insediativi urbani, prima ancora del problema delle tipologie edilizie da utilizzare o da non utilizzare, quello di quanti volumi (e funzioni) e per chi e per quali bisogni, programmare e autorizzare nei propri piani o programmi.

Tornando all’esempio dei dadi, cioè dei volumi “necessari” per un corretto e ben dimensionato piano urbanistico, la domanda è: sono necessari due dadi? ne basta uno? ne basta mezzo?

Prima domanda: servono due dadi o ne basta uno?



Prima di tutto viene il problema del “dimensionamento del piano” anche in termini di metri cubi programmabili che non possono essere infiniti o indeterminati (problema oggi completamente dimenticato e volutamente cancellato) e della loro rispondenza ai reali fabbisogni della comunità.

Ma non bisogna dimenticare che spesso si pone anche, a monte di ogni altra decisione, il problema della valutazione dell’accettabilità o della compatibilità dell’uso della tipologia del grattacielo in determinati siti o ambienti, urbani o anche non urbani, dove potrebbe, per mille evidenti ragioni immaginabili, rivelarsi inaccettabile o incongrua.

Il ricorso al tipo edilizio del grattacielo può funzionare ed essere accettato in urbanistica, ma sempre se compatibile con l’ambito dell’intervento, solo al verificarsi, contemporaneo, di due condizioni: la prima che il grattacielo venga a concentrare e ad assorbire in sé volumi già correttamente programmati e autorizzati, in una data area definita da corretti indici territoriali; la seconda, ancora più importante, che richiede che sui suoli così sottratti all’edificazione (il cosiddetto risparmio raggiunto) venga posto un vincolo che vieti ogni ulteriore edificabilità. Il suolo, per essere considerato effettivamente risparmiato deve essere identificato e sottratto ad ulteriori edificazioni. Il meccanismo del “risparmio” deve essere identificato, produrre un effetto tangibile, verificato e verificabile, ed essere conservato nel tempo come prodotto di un risparmio.

Se invece il sorgere di grattacieli fosse il prodotto, voluto e cercato, di nuove norme e scelte urbanistiche, generato da aumentati indici di edificabilità (territoriali o fondiari e di rapporti di copertura) non si andrebbe certamente in direzione di un risparmio di suolo. Ci si dovrebbe piuttosto preoccupare dei rischi (urbanistici, ambientali e paesistici) derivanti inevitabilmente dall’aumento dei nuovi carichi insediativi e ambientali o di congestione urbana apportati dalla nuova densificazione.

Ah, se le Valutazioni Ambientali Strategiche fossero una cosa seria!!

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