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Sta fallendo il Millennium Goal contro la povertà?
22 Settembre 2010
Capitalismo oggi
Una cronaca di Federico Rampini da New York e un commento dall’Italia di Carlo Petrini sul deludente bilancio dell’ONU. La Repubblica, 21 settembre 2010

Onu, proposta shock di Sarkozy

"Tassiamo i movimenti finanziari"

Federico Rampini

NEW YORK - 5.317.280. È il numero delle donne morte per gravidanza da quando fu adottato nel 2000 l´Obiettivo Millennio: il piano con cui i paesi membri delle Nazioni Unite s´impegnavano a debellare, tra l´altro, la mortalità al parto. Ieri all´apertura del summit Onu per fare il punto sul Millennio ci ha pensato Amnesty International a ricordare i numeri di un fallimento: ha installato un "orologio della morte" nel cuore di Manhattan a Times Square, con un quadrante dove il bilancio delle vittime continua a salire. «Mancano almeno 120 miliardi di dollari - ha detto il segretario generale dell´Onu Ban Ki-moon aprendo la conferenza - per raggiungere entro il 2015 gli otto obiettivi del Millenio». Tutti mirati a sradicare la fame, la miseria estrema, l´analfabetismo dei bambini, le malattie più mortali come Aids e malaria.

I fondi promessi dieci anni fa sono stati versati solo in parte ai paesi più poveri. Ci si è messa anche la grande crisi economica del 2008-2009, a rendere i paesi ricchi più avari negli aiuti. «Non risanate i vostri conti pubblici a spese dei più poveri», ha invocato Ban Ki-moon davanti ai 140 leader mondiali riuniti al Palazzo di Vetro.

Ma l´intervento dirompente della prima giornata è stato quello di Nicolas Sarkozy. Raccogliendo l´invito del segretario generale, Sarkozy ha annunciato un aumento del 20% degli aiuti francesi e soprattutto ha rilanciato le sue proposte di "finanza innovativa". A cominciare dalla tassa sulle transazioni finanziarie mondiali, per pagare gli aiuti allo sviluppo. «La finanza opera ormai su scala globale - ha detto il presidente francese - e quindi perché non dovrebbe partecipare alla stabilizzazione dell´economia globale? Visto che tutti i paesi sviluppati sono in deficit, dobbiamo trovare nuove fonti di finanziamento. La tassa sulle operazioni finanziarie può alimentare la lotta contro la povertà, il sostegno all´istruzione, le cure contro le grandi pandemie». Sarkozy ha promesso che porterà avanti l´idea della tassa sulla finanza globale quando l´anno prossimo la Francia avrà la presidenza di turno del G8 e del G20. Con lui si è schierato il premier spagnolo José Luis Zapatero, che in alternativa ha proposto anche di rendere universale la tassa sui biglietti aerei, già varata dalla stessa Francia. La proposta di Sarkozy raccoglie consensi anche tra i governi della Germania, del Brasile e della Norvegia. È una variante della Tobin Tax, la cui utilità viene sostenuta anche per altri obiettivi: servirebbe a penalizzare le operazioni puramente speculative, e a riequilibrare la pressione fiscale che oggi nel mondo intero è eccessivamente concentrata sui redditi da lavoro anziché sulle rendite dei capitali. Ma la tassa sulle transazioni finanziarie ha sempre incontrato ostacoli insormontabili nell´opposizione dei paesi che hanno le piazze finanziarie più attive del pianeta, Stati Uniti e Gran Bretagna.

Sul bilancio del piano del Millennio, ormai giunto ai due terzi del cammino, è stato severo il presidente della Banca mondiale Robert Zoellick: ha ricordato che «solo nel 2010 altri 65 milioni di uomini e donne sono finiti sotto la soglia della povertà estrema», misurata a meno di 1,25 dollari al giorno. Il direttore del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha detto che «la crisi economica ha penalizzato in tanti modi i paesi più poveri, non solo riducendo gli aiuti, ma anche perché è stata preceduta da una crisi energetica e alimentare».

Il Millennium Goal nel 2000 si era prefissato di ridurre della metà la povertà estrema, di assicurare un´istruzione elementare a tutti i bambini del mondo, di ridurre la mortalità infantile dei due terzi e quella delle madri al parto dei tre quarti. Il numero di persone senza accesso all´acqua potabile dovrebbe essere dimezzato. Il tutto entro il 2015. Obiettivi che oggi sembrano difficilmente raggiungibili, visto che i paesi ricchi hanno sempre disatteso le loro promesse in termini di finanziamenti. Qualche notizia positiva c´è. L´ong inglese Overseas Development Institute ha messo in luce le eccezioni in Africa: il Ghana ha ridotto la popolazione che soffre per fame dal 34 al 9%, il Benin è tra le dieci nazioni che hanno fatto i progressi più consistenti nell´istruzione. La tre giorni sul Millennio sarà conclusa da Barack Obama domani. Le accuse dall´emisfero Sud sono già cominciate, con il presidente boliviano Evo Morales che ha denunciato «il saccheggio sistematico delle risorse naturali nei paesi più poveri».

Italia, tante promesse e pochi contributi

di Carlo Petrini

Ormai è prassi: per dirsi soddisfatti del risultato di un summit internazionale, i Paesi partecipanti se ne devono sempre uscire con una dichiarazione di buoni intenti, la più ambiziosa e politically correct possibile. FAO, G8 e quant´altro, ci siamo abituati come fosse una nenia. Oggi, com´è giusto che sia, si fa un gran parlare del summit delle Nazioni Unite sugli Obiettivi del Millennio di New York. Un incontro multilaterale che almeno ha il pregio di essere prima di tutto una verifica rispetto a un impegno importante, dichiarato 10 anni fa: eliminare la povertà estrema entro il 2015.

La Dichiarazione del Millennio del 2000 stabilì un programma preciso su cui lavorare, tempi da rispettare, chi e come avrebbe dovuto fare il lavoro. Guardando i dati, si può dire che in 10 anni alcuni progressi ci sono stati - e questo emergerà dal summit - ma oltre a rilanciare bisognerà anche fare attenzione a chi si prenderà il merito di quanto fatto fin´ora. La vera novità del 2000 fu che gli 8 Obiettivi vennero affidati principalmente ai Paesi poveri: 7 a loro e uno solo a quelli ricchi. Insomma chi aveva il problema era incaricato di risolverlo nel nome della diversità, secondo piani precisi, gestendo le risorse messe a disposizione da altri. Molti Paesi negli anni si sono rivelati virtuosi: Mozambico, Ghana, Ruanda e Tanzania per esempio, nonostante l´Africa resti il continente più in ritardo. Anche in Asia si sono fatti passi importanti, però c´è chi non ha fatto la sua parte, e anche in modo clamoroso.

Il punto otto ci fa riflettere, e arrabbiare. Si chiama "partenariato globale per lo sviluppo" ed è la promessa dei Paesi più ricchi, tra cui l´Italia naturalmente, di destinare entro il 2015 lo 0,7% del proprio Pil in "Aiuto pubblico allo Sviluppo". Il Pil non misurerà la felicità, ma in questo caso ci aiuta a misurare l´impegno dei nostri governi su quelle che dovrebbero essere le loro priorità. Svezia, Norvegia, Lussemburgo, Danimarca, Olanda e Belgio hanno già superato lo 0,7%. Gran Bretagna, Francia, Spagna e Germania ci stanno lavorando. Gli altri molto meno, tanto che la media è soltanto dello 0,31%. Tra l´altro, ieri Sarkozy in apertura ha rilanciato con forza l´idea rivoluzionaria di una tassa globale sulle transazioni finanziarie. E l´Italia? No, non siamo gli ultimi come da buoni maligni e disfattisti avrete già pensato. Siamo penultimi, prima della Corea del Sud. Siamo allo 0,1%.

Si direbbe quasi che siamo i campioni nel fare promesse e non mantenerle, oppure nel giochino di rifare sempre la stessa promessa a ogni summit, che sembra il preferito dei ricchi. Nel 2005, durante il G8, ci siamo impegnati per lo Sviluppo in Africa. Dopo quattro anni abbiamo raggiunto soltanto il 3% di quanto promesso. E ciò che è stato detto dopo il G8 dell´Aquila? È innegabile che siamo di fronte a una palese mancanza, speriamo non dettata da una precisa strategia politica. La Fao ci comunica che dopo continui aumenti, il numero degli affamati e dei denutriti quest´anno finalmente è sceso sotto il miliardo. Forse hanno iniziato a fare meglio il loro dovere, ma c´è poco da rallegrarsi perché restano oltre 900 milioni le persone in drammatica difficoltà, una cifra scandalosa. Inoltre sono già piovute critiche da parte del mondo religioso e laico impegnato sul campo: spesso queste cifre sono figlie di congiunture internazionali, non fotografano realmente il problema. Una dichiarazione siffatta una settimana prima del summit di New York suona tanto come un voler mettere le mani avanti.

Dove si è potuto intervenire con la formula della partnership prevista dalle Nazioni Unite nel 2000, invece, le cose sembrano aver funzionato di più, sembra la strada giusta. Ora, di fronte al mondo, l´Italia come giustifica la sua indifferenza?

Ci risponderanno - se prima non daranno la colpa all´avversario politico di turno - che viviamo in tempi di crisi e che nel 2000 non si poteva prevedere cosa ci è piovuto tra capo e collo negli ultimi anni. Nonostante questo però c´è stato chi il suo dovere l´ha fatto, anche in anticipo rispetto ai patti. Forse i nostri grandi statisti non sono in grado di comprendere che un mondo in cui si è sconfitta la povertà è un mondo migliore, in cui tutti trarrebbero giovamento. Meno migrazioni, per esempio. Che bello spot sarebbero per la Lega, così preoccupata di chi attraversa i nostri confini, gli aiuti umanitari di Governo, se fossero reali. È desolante leggere le cronache politiche italiane, delle nostre beghe da cortile, mentre a New York si parla di risolvere il problema della povertà estrema.

In Italia la più attiva è sempre la società civile. C´è la campagna della Coalizione Italiana contro la Povertà, cui hanno aderito in tanti, che proprio in questi giorni promuove l´adesione alla Campagna "Stand Up! Take Action!" sugli Obiettivi del Millennio. L´anno scorso aderirono 173 milioni di persone nel mondo e più di 800.000 mila in Italia: un italiano su settanta. La società civile lo vuole, ma i Governi sembrano sordi, e sempre dalla parte dei ricchi. Per esempio, come fanno le Nazioni Unite a tollerare che oggi nel mondo siano in atto speculazioni finanziarie sulle materie prime alimentari? Ci sono fondi finanziari internazionali che con una sola operazione sono in grado di accaparrarsi intere percentuali della produzione mondiale di grano, riso o mais e di bloccarle nei magazzini. Sono operazioni che andrebbero vietate, controllate e poi punite a livello internazionale, perché si tratta di speculazioni che se a noi poi costano l´aumento di qualche centesimo per un chilo di pasta, per intere popolazioni invece rappresentano la fame. Proprio in Mozambico, uno Stato che s´è distinto nell´impegno verso gli Obiettivi del Millennio, nei giorni scorsi sono scoppiate rivolte per il pane. Un buon lavoro di anni può essere vanificato con un clic per una transazione finanziaria.

Gli Obiettivi del Millennio, in materia di lotta alla fame e alla povertà, possono essere mantenuti e ampiamente superati. Siamo la prima generazione mondiale che ha tutti i mezzi per farcela. Si può davvero fare tanto con poco, mentre l´Italia non fa niente.

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