Salvare l’isola dal cemento selvaggio si può. Basterebbero una maggiore consapevolezza sulle bellezze naturali e il buon esempio che arriva dall’alto. A dirlo è Giulia Maria Crespi, presidente del Fai, il Fondo per l’ambiente italiano. Conosce benissimo la Sardegna: «La mia prima volta nell’isola risale a 51 anni fa».
Ieri Giulia Maria Crespi era a Porto Rotondo, all’hotel Sporting, per la presentazione del libro di Sandro Roggio «Paesaggi perduti», un viaggio in cui 14 tra scrittori, sociologi, registi e uomini di cultura isolani raccontano la loro Sardegna violata. «In questi anni - continua la presidente del Fai - ho assistito a numerosi cambiamenti, quasi sempre in peggio. Ho quasi pianto di fronte agli scempi ambientali. Io mi sento sarda malgrado non abbia un goccio di sangue sardo e non sopporto quello che viene fatto a questa terra. La gente non è cattiva, non capisce. Sarebbe sufficiente che avesse una maggiore consapevolezza della natura e delle sue ricchezze. Ma servirebbe anche il buon esempio dall’alto. Io nella mia proprietà non ho fatto né un anfiteatro né un vulcano. Ho preso una vecchia cascina e l’ho lasciata così com’è, non si vede neppure dalla spiaggia. All’inizio, a Palau, la gente era arrabbiata perché non avevo costruito villette o case, mentre ora mi ringrazia». Giulia Maria Crespi dice di non capire perché l’isola voglia uniformarsi al resto d’Italia: «All’inizio i sardi hanno venduto le loro coste ai continentali, accontentandosi delle briciole, poi anche loro si sono dati al cemento. Di Rimini o di Riviera del Levante ce ne sono diverse, la Sardegna è unica. La gente viene qui per la natura, le primizie, i cibi, i fiori, l’artigianato, l’agricoltura. Soru aveva cominciato a portare avanti un discorso di questo genere, ma ora Cappellacci vuole togliere i vincoli sulle coste, pregiudicando il valore aggiunto del turismo sardo».
Un plauso all’ex presidente della Regione arriva anche da Roggio. «Soru aveva provato a diffondere uno spirito nuovo, un alto livello di consapevolezza - ha detto l’architetto, introdotto da Giacomo Mameli -, mentre ora tutto è tornato come prima. Sul futuro non posso che essere pessimista. Purtroppo la natura non è come l’economia, dove quando si finisce in basso si può semrpe risalire la china. Dalle brutture ambientali non si può tornare indietro».