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PIANO CASSA
25 Maggio 2010
Articoli del 2010
Una cronaca di Francesco Piccioni sulla manovra e un commento di Sandro Roggio sui costi del condono edilizio. Il manifesto, 25 maggio 2010. E una postilla

Quasi pronta la «manovra correttiva». Un puzzle di tagli alla spesa pubblica in cui è certo solo chi dovrà pagare il conto. Confermata la sanatoria per due milioni di immobili abusivi. Preoccupazioni e occupazioni nelle università e negli enti di ricerca. Intanto le associazioni presentano il rapporto sui diritti: «Welfare martoriato»

L'immagine restituita da tutti i governi dell'Unione europea è questa: manovre straordinarie per far tornare il prima possibile i conti pubblici dentro i parametri di Maastricht (3% nel rapporto deficit/Pil, 60% in quello debito/Pil), in modo da «evitare l'attacco dei mercati finanziari» ai titoli di stato di questo o quel paese. Con la probabilità assai concreta di aggravare la recessione, mentre tutti stanno lì a pregare per la «ripresa». E se per l'Italia e i «mediterranei» l'immagine era già nota, per Gran Bretagna, Francia e Germania (sia pure con manovre per ora assai più leggere) si tratta quasi di uno choc. Basti pensare che Angela Merkel aveva vinto le elezioni promettendo una «riduzione delle tasse». Ora le aumenta, tagliando al tempo stesso la spesa statale.

Il tutto avviene senza che nessuno, o ben pochi, ricordino il motivo dell'improvviso dissesto dei bilanci pubblici di paesi fino a ieri mattina «virtuosi»: il salvataggio del sistema finanziario. Insomma, di banche, fondi, speculatori vari, ecc, che ora vanno all'assalto dei loro «salvatori», attirati come sempre dall'odore del sangue. Altrui.

La manovra italiana, non a caso, è quella più avvolta nel mistero. Oggi il governo dovrà illustrarla, quanto meno nelle linee generali, alle parti sociali e agli enti locali. Ma fino a ieri sera sono circolate soltanto voci e «bozze» smentite subito dopo la loro parziale pubblicazione. Nel governo, in realtà, ci sarebbe stata una contrapposizione tra il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, e Silvio Berlusconi. Con il primo a pretendere non solo un ricavo finale di 24-25 miliardi, ma fatto con «interventi strutturali». Ovvero «macelleria sociale» a scapito di dipendenti pubblici, pensionati e pensionandi, spesa sociale, sanità, istruzione, ecc. Impagabile la tempestività del Pd, con Enrico Letta che invitava il governo a «fare una manovra che comprenda riforme come il fisco e il welfare» (stesso ragionamento fatto da Vittorio Feltri, sul Giornale). Mentre il Cavaliere, fin qui «ottimista» fino al ridicolo, sarebbe preoccupato di non «mettere la faccia» su una manovra tutta lacrime e sangue. I sondaggi glielo sconsigliano.

L'inevitabile (e temporaneo) prevalere del secondo ha quindi prodotto un girotondo di ipotesi e smentite, che probabilmente è servito anche a «sondare» l'umore dell'opinione pubblica e delle infinite controparti. Partorendo infine un provvedimento fatto, come al solito, di una pletora di misure tampone pensate per non irritare troppo chi dovrà pagarne il costo. L'unico problema è che il saldo finale è elevato; perciò a qualcuno (parliamo di interi settori sociali) piacerà davvero poco.

La prima cassa, nella tradizione tremontiana, viene dall'ennesimo condono edilizio, chiamato pudicamente «regolarizzazione catastale». Punta a far registrare oltre due milioni di abitazioni su cui, fin dalla costruzione, non viene pagata alcuna tassa. Con la solita «una tantum» gli evasori si metteranno a posto. Per invogliarli a farlo, i comuni potranno incamerare il 33% delle «nuove fonti fiscali» scoperte nel frattempo. Una misura decisiva a rabbonire gli amministratori locali, che si vedranno tagliare ancora una volta i finanziamenti (una cifra oscillante tra i 7 e i 10 miliardi in tre anni, a seconda delle «bozze» uscite finora). Sempre nell'ottica «federalista», nelle regioni del sud verrebbero sospese le tasse alle nuove imprese.

Da propaganda di regime - stile «oro alla patria» - l'insistenza sul taglio del 10% agli emolumenti per ministri e sottosegretari; poi si scopre che riguarderà al massimo solo la parte eccedente gli 80mila euro annui. Conferme assolute riceve il taglio delle «finestre di anzianità» utili per andare in pensione (una sola l'anno, come nella scuola; da tre a nove mesi di lavoro in più), nonché la rateizzazione delle liquidazioni per i dipendenti pubblici. Ulteriori risparmi verrebbero da tagli alla spesa dei singoli ministeri, dalla riduzione delle consulenze e delle altre «spese di rappresentanza» (convegni, mostre, missioni, formazione, ecc). Blocco del turnover per altri tre anni: per cinque che vanno in pensione entrerà soltanto una persona.

A terra gli istituti di ricerca, con Isae, Isfol e altri enti che verranno sciolti e accorpati presso «altre istituzioni» (lasciando a spasso i precari, sia «storici» che di fresca assunzione). Caccia al «falso invalido», con almeno 100.000 controlli l'anno da assegnare all'Inps. La riorganizzazione degli enti previdenziali «entra e esce» dal testo, ma viene data ormai quasi per certa. Niente notizie, invece, sull'inasprimento fiscale a carico di bonus e stock option per megadirigenti.

Qualche flebile segnale antievasione arriva dal recupero di una misura fortemente voluta da Vincenzo Visco (odiatissimo ministro del tesoro del centrosinistra): la «tracciabilità» degli assegni diventa obbligatoria al di sopra dei 5.000 euro (o 7.500, chissà). Ah, quante firme dovranno mettere i futuri Anemone per contribuire all'acquisto di altre «case Scaiola»...

COMMENTO

Il danno economico della bellezza distrutta

di Sandro Roggio

Succederà, è facile immaginarlo, che le agenzie di rating che certificano l'affidabilità dei conti di un paese si accorgano, prima o poi, che i beni comuni contano: soprattutto, la poliedrica bellezza del paesaggio delle regioni italiane è una ricchezza che se la comprometti è per sempre. Succederà, prima o poi, che un ambasciatore ci faccia notare che il nostro debito pubblico rischia di aumentare se si disperdono le risorse patrimoniali. Perché tra i presupposti per stare nel mondo civile non ci sono solo i bilanci statali in regola, ma pure lo stop allo sciame di insediamenti illegali che avanza nella nebulosa di altre illegalità blandite. Un danno, quegli accumuli di case dove ciclicamente occorre spendere denaro pubblico: se va bene per sistemazioni alla rinfusa, se va male per soccorrere i poveracci ai quali viene a mancare la terra sotto i piedi.

Il condono edilizio è la carta pronta da giocare nel momento in cui si inasprisce una crisi incerta. E poi basta annunciarlo e in pochissimo tempo altra edilizia illegale si aggiunge alle indecenti preesistenze. E anche il condono catastale, quello degli «immobili fantasma», dispiegherà effetti nefasti.

Per questo deve restare la domanda: su cosa l'Italia può contare per assicurarsi una prospettiva di benessere? E bisogna spiegare che non gli è rimasto molto altro che la bellezza: basta guardarsi attorno da nord a sud per capire che è una fondamentale risorsa, nonostante le aggressioni subite dal territorio. Almeno il paesaggio non si delocalizza, né si replica.

Possibile che non lo sappiano? Che non capiscano il danno alle imprese che esportano i loro prodotti grazie al mito del Belpaese che fa da sfondo a ogni réclame? E agli operatori turistici che faticano a tenere alla larga i vacanzieri dai posti brutti, che purtroppo sono in crescita?

Le politiche della destra del nostro paese sono un misto tra insipienza e malafede. L'obiettivo è prendere da ogni luogo restituendo poco o nulla e secondo le convenienze di cricche organizzate per ogni occasione (basta vedere cosa si sono inventati per le «emergenze» catastrofi nella «Shock economy» all'italiana).

Il territorio è colpito dal malgoverno ordinario, bastano e avanzano le pessime scelte già fatte, come i piani-casa bene accolti pure nelle regioni governate dalla sinistra, mentre ci aspettiamo i contraccolpi dal federalismo demaniale. Un nuovo condono sarebbe davvero troppo. Resta l'interrogativo sulle reazioni dell'opinione pubblica al complesso di questi provvedimenti e sulla reale determinazione a controbattere del primo partito di opposizione.

Postilla

Intanto un condono edilizio già c’è, è stato approvato dal Consiglio dei ministri ed è in attesa di ratifica da parte del Parlamento. Qualcuno se ne è accorto e si prepara a contrastarlo? Per ora, solo i firmatari dell’appello di eddyburg. A proposito, tu lo hai firmato?

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