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Carla Ravaioli
Edoardo Salzano militante sul fronte dell'urbanistica
4 Aprile 2010
Memorie di un urbanista
La città e il territorio come attualissimo nodo centrale della politica, in questa particolare recensione alle “Memorie di un urbanista”, da il manifesto, 4 aprile 2010 (f.b.)

Più che il titolo, Memorie di un urbanista è il sottotitolo, L'Italia che ho vissuto, a descrivere meglio il nuovo libro di Edoardo Salzano, perché è nel suo modo di esercitare la professione di urbanista, come uno strumento «politico» nel senso più ampio della parola, e nella sua capacità di dare al proprio lavoro la pienezza di una scelta di vita, che la vicenda personale trova il respiro di un lungo tratto di storia, italiana e non solo. Mentre d'altronde la Storia, quella fatta e vissuta da tutti, non perde mai il tocco e il colore di un racconto saldamente agganciato agli accadimenti e agli umori dell'autore. Umori che, del resto, Salzano non solo non nasconde, ma sottolinea, dedicando non a caso ai suoi primi vent'anni un prologo, in cui racconta un affaccio all'esistenza di grande privilegio.

Poi, inevitabilmente, la guerra, le bombe, lo sfollamento, fughe e macerie, racconti della resistenza, manifestazioni operaie, una cultura in grande fermento, il cinema. E, finalmente, il confronto ravvicinato con «una storia che si era svolta accanto alla mia vita». Comincia qui la partecipazione diretta e appassionata alla politica e appunto alla «storia», che però matura lentamente.

Negli anni Salzano va attrezzandosi per «affrontare l'analisi della città, nel tentativo di individuare le ragioni della sua crisi e le possibili vie di un suo rinnovamento»: non, come troppo sovente accade, isolando il problema, bensì partendo dalla conoscenza della società nel suo complesso, e dunque da quella solida consapevolezza politica che è imprescindibile premessa alla difesa del territorio, già aggredito da una speculazione che nell'arco di alcuni decenni avrebbe comportato incontrollate e gigantesche dilatazione dei complessi urbani, con un vero e proprio stravolgimento delle città.

Individuato l'oggetto centrale del suo impegno politico, Salzano lo traduce in una appassionata militanza, che passerà per una lunga serie di incarichi capaci di sfiorare tutti i principali accadimenti della storia italiana, senza mai abbandonare la propria battaglia contro il degrado urbano, via via alimentato dal crescente consumismo fine a se stesso, da un turismo privo di ogni controllo, dal pauroso aggravarsi della crisi ecologica, fenomeni sistematicamente ignorati dalle sinistre. Una battaglia che Salzano ha portato avanti anche attraverso incarichi di responsabilità e di prestigio, soprattutto a Venezia, in questa eccezionale e fragile città afflitta da problemi legati all'unicità del suo stesso ecosistema e aggravati da insensate pretese di «soluzione», da sconsiderate politiche del turismo, dal sempre più aggressivo assalto del cemento, dal pauroso squilibrio ambientale.

Ma il maggior fascino del libro sta nel rapporto dell'autore con la vita in sé, che gli ha consentito di affrontare il lavoro, la politica, gli impegni culturali, gli affetti, con una positività che non coincide con l'ottimismo di maniera bensì con la certezza della propria battaglia per «la città come bene comune», e «contro un'urbanistica omogenea e funzionale al neoliberismo». Il folto gruppo di collaboratori di grande livello che da sempre gli sono accanto ne è la migliore dimostrazione. Sempre nel segno di questa instancabile voglia di utilizzare al meglio la propria vita si colloca la nascita di «eddyburg.it», il sito web che Salzano ha fondato nel 2003 e che redige personalmente. Vi firma pregevoli scritti sulla propria materia, e vi pubblica contributi relativi alle più diverse problematiche della situazione sociale e politica mondiale: sempre nella consapevolezza che città, territorio, la loro pianificazione e il loro governo, non possano prescindere dalle logiche più generali e da proiezioni nel futuro. E in questa prospettiva è nata una Scuola di Eddyburg, che organizza seminari e incontri, allenando al meglio giovani cervelli e coscienze.

La recensione pubblicata sul manifesto è stata molto ridotta per esigenze editoriali. Grazie all’Autrice ne riportiamo qui il testo integrale.

Il titolo è: “Memorie di un urbanista”. Ma è il sottotitolo, “L’Italia che ho vissuto”, quello che descrive meglio il nuovo libro di Edoardo Salzano (Ed. Corte del Fontego”). Perché è nel modo di essere urbanista dell’autore, nella sua capacità di dare al proprio lavoro la pienezza di una scelta di vita, e di esercitare la professione come uno strumento “politico” nel senso più ampio della parola, che la vicenda personale trova il respiro di un lungo tratto di storia, italiana e non solo. Mentre d’altronde la Storia, quella con la maiuscola, quella fatta e vissuta da tutti - che del libro è parte integrante - non perde mai il tocco e il colore di un racconto saldamente agganciato agli accadimenti e agli umori dell’autore; perfino conservando un filo di elegantissimo snobismo che tradisce la sua origine di napoletano alto-borghese.

Cosa che d’altronde Salzano non solo non nasconde, ma sottolinea, non a caso proprio ai suoi primi vent’anni dedicando un prologo di una quarantina di pagine, intitolato “La lunga infanzia”: in cui ampiamente racconta un affaccio all’esistenza di grande privilegio, tra preziose dimore avite, cuochi di classe e governanti straniere, scuola dai Gesuiti, vacanze tra Capri e Cortina, feste con alta nobiltà (perfino con partecipazione di personaggi Savoia) ma anche di celebri intellettuali (basti ricordare Croce); il tutto dominato dalla figura del nonno, il Generale Armando Diaz, “Duca della Vittoria”, che il bambino Salzano amava molto, e ama ancora. Poi, inevitabilmente, la guerra, le bombe, lo sfollamento, fughe e macerie, e tra una vicenda e l’altra la perdita del patrimonio famigliare; e via via l’incontro con realtà fin’allora ignorate, racconti della resistenza, manifestazioni operaie, una cultura in grande fermento, il cinema italiano che parlando di tutto questo dava il meglio di sé: finalmente il confronto ravvicinato con “una storia che si era svolta accanto alla mia vita”.

E qua incomincia la partecipazione diretta e appassionata alla politica e appunto alla “storia”. Che però matura lentamente. Eddy si iscrive a Ingegneria (a Roma, dove frattanto si era trasferito), ma incomincia anche a frequentare ambienti di sinistra, incontrandone personaggi di massimo rilievo (Franco Rodano, Mario Melloni, Giuseppe Chiarante, Lucio Magri, Claudio Napoleoni, ecc.), collabora a numerose riviste (“Dibattito politico”, “Nord e sud”, “Il Contemporaneo”, “La Rivista Trimestrale”, ecc.); attivamente partecipa a vari lavori di gruppo. E’ così che via via, forse senza nemmeno avvertirlo, va attrezzandosi per “affrontare l’analisi della città, nel tentativo di individuare le ragioni della sua crisi e le possibili vie di un suo rinnovamento”. Non, come troppo sovente accade, isolando il problema ed eleggendolo a proprio unico oggetto di interesse e riflessione, bensì individuandone i modi e le cause, proprio a partire dalla conoscenza del sociale nel suo complesso, e dunque da una solida consapevolezza politica come imprescindibile premessa alla difesa del territorio, già aggredito da una speculazione che nell’arco di alcuni decenni avrebbe comportato una incontrollata gigantesca dilatazione dei complessi urbani: non solo con la moltiplicazione abusiva di lontane desolate periferie, ma con un vero e proprio stravolgimento di città tutte dotate di una loro fisionomia e un loro senso, testimoni di una storia, portatrici di valori e culture che andrebbero rispettati.

A questo punto Salzano, individuato l’oggetto centrale del suo impegno politico, ne fa una appassionata militanza che passerà attraverso una lunga serie di incarichi che è qui impossibile anche solamente citare, ma che in qualche misura attraversano o sfiorano tutti i principali eventi della storia italiana: dal Sessantotto, alla costante crescita del Pci a cui Eddy a un dato momento si iscrive, con entusiasmo sostenendo l’austerità berlingueriana; fino al craxismo e a Tangentopoli, e all’inarrestabile involuzione delle sinistre… Senza mai abbandonare la propria battaglia contro il degrado urbano, via via alimentato da un crescente consumismo fine a se stesso, da un turismo privo di ogni controllo, dal pauroso aggravarsi della crisi ecologica planetaria: tutti fenomeni dalle sinistre ahimé praticamente ignorati.

E’ una battaglia che Salzano ha portato avanti anche attraverso incarichi di responsabilità e prestigio: al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e alla Direzione Generale dell’Urbanistica; al Consiglio Comunale di Roma; nella Giunta Comunale e insieme all’Istituto di Architettura dell’Università di Venezia, dove si è trasferito sui primi anni Settanta, e dove tuttora risiede. Ed è qui (in questa eccezionale e fragile città, afflitta da problemi enormi legati all’unicità del suo stesso ecosistema, ma via via aggravati da insensate pretese “soluzioni”, da una sconsiderata politica del turismo di massa, dal sempre più vicino e aggressivo assalto del cemento, oltre che dal via via più pauroso squilibrio ambientale) che Eddy ha combattuto, e più volte vinto, le sue battaglie più impegnative e appassionanti. Mentre dalla cattedra di “Pianificazione del territorio” andava seducendo e allevando una convinta e combattiva schiera di allievi.

Una storia affascinante, come anche questa breve e incompleta notizia che ne ho dato credo lasci immaginare. Forse soprattutto però il fascino di questo libro è nel rapporto dell’autore con la vita in sé. Che gli ha consentito di attraversare positivamente anche periodi tutt’altro che facili; che, prima di aver individuato quello che sarebbe stato l’impegno centrale del suo futuro, lo ha indotto ad accettare una serie innumerevole di lavori non importa quali per tirare avanti, sempre però riuscendo a capovolgerne il senso e l’utilità, ricavandone momenti di soddisfazione e lezioni di vita; che da ogni situazione, incontro, confronto, lo portava a ricavare il meglio, in arricchimento mentale e affettivo; che anche nelle inevitabili sconfitte politiche (bocciature di sue proposte, prevalere di progetti da lui giudicati negativamente) prontamente gli suggeriva il modo di aggirare la situazione e riproporre le proprie idee. Di fatto senza mai arrendersi, vivendo lavoro, politica, cultura, affetti, con una positività che non è l’ottimismo di maniera del “bicchiere mezzo pieno”, ma la certezza della propria battaglia per “la città come bene comune”, e “contro un’urbanistica omogenea e funzionale al neoliberismo”. Il folto gruppo di collaboratori di grande livello che da sempre gli sono accanto (basti ricordare Vezio De Lucia, Paolo Berdini, Lodo Meneghetti) ne è la migliore dimostrazione.

Sempre nel segno di questa instancabile voglia di utilizzare al meglio la propria vita si colloca la nascita di Eddyburg, il sito web che Salzano ha fondato nel 2003, al momento della pensione. Lo dirige personalmente, e non solo regolarmente vi firma pregevoli editoriali sulla propria materia, ma (e questo è il più insolito e a mio parere più qualificante carattere dell’iniziativa) pubblica contributi, sovente con firme di prestigio, relativi alle più diverse problematiche della situazione sociale e politica mondiale: sempre nella consapevolezza che città, territorio, la loro pianificazione e il loro governo, non possono prescindere dalle logiche che presiedono al mondo e al suo futuro. E in questa stessa linea che ha segnato tutta la vita e l’opera di Salzano, da diversi anni è nata anche una Scuola di Eddyburg, che organizza seminari, incontri, vacanze di studio, allenando al meglio giovani cervelli e coscienze.

Una vita da invidiare. Un libro da leggere.

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