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Teresa Cannarozzo
Ingegneri sventratori nel centro storico di Agrigento, sponsor Bertolaso
26 Gennaio 2010
La proposta dell’Ordine degli ingegneri di Agrigento per lo sventramento del quartiere Terravecchia e del quartiere Rabato-Santa Croce nel centro storico di Agrigento

Dal 2005 ad Agrigento si parla sinistramente della realizzazione di una “via di fuga” per fuggire dal centro storico. L’iniziativa, oscura nelle intenzioni e nelle finalità, è sempre stata intestata alla Protezione Civile e si è trascinata per alcuni anni senza materializzarsi in niente di concreto.

Improvvisamente, all’indomani della frana di Giampilieri (Messina) la vicenda è tornata di attualità per opera del Vescovo. Si è saputo infatti che l’Ordine degli Ingegneri di Agrigento è stato incaricato alla fine di ottobre 2009 da una molteplicità di istituzioni agrigentine (Comune di Agrigento, Provincia, Protezione Civile, Prefettura) di redigere una proposta progettuale che prevede la costruzione di una strada di collegamento tra il piano della Cattedrale di Agrigento, posta sulla sommità del centro storico, denominato Terravecchia, la via Garibaldi e la via XXV aprile, dopo avere attraversato il quartiere Rabato-Santa Croce, con un salto di circa cento metri.

Il nuovo tracciato, denominato “via di fuga”, di notevole ampiezza, fortemente sponsorizzato da Bertolaso, chiamato per l’occasione ad Agrigento, parte da piazza don Minzoni, dove prospettano la Cattedrale e il Seminario Arcivescovile, sventra la parte settentrionale del centro storico interessando la salita Seminario, via Oblati, prevede la demolizione di architetture medioevali di grande pregio come l’Arco Calafato, di stile gotico-catalano, ma sostanzialmente propone lo stravolgimento della struttura urbana medioevale caratterizzata da cortili, vicoli, scalinate, con spazi di relazione di grande qualità architettonica, ancora vissuti dalla popolazione.

Il nuovo percorso si biforca in due: verso sud-est, con notevoli demolizioni di edifici anche abitati, va a raggiungere via Garibaldi, dopo aver travolto il tessuto medioevale. Verso ovest, a di sotto dell’Istituto Gioeni, si snoda lungo il margine settentrionale del quartiere secentesco del Rabato-Santa Croce, demolendo abitazioni, alterando l’assetto morfologico del suolo e la configurazione spaziale dei luoghi, fino a raggiungere la sottostante via XXV Aprile con un viadotto in curva.

Il centro storico di Agrigento è tutt’ora un’area degradata, che ha bisogno di amorevoli restauri, di politiche di ripopolamento, di rivitalizzazione economia e funzionale. Una parte del quartiere Rabato-Santa Croce fu interessata dalla frana del 1966 e successivamente abbandonata al degrado. Ciononostante presenta ancora tracce significative del disegno urbano strutturato da ampi cortili che formano dei terrazzamenti degradanti, raccordati da ampie scalinate o da sottopassi voltati.

Se si può convenire sull’esigenza di migliorare l’accessibilità e la mobilità all’interno del centro storico, non si può certamente assecondare la proposta formulata che sposta l’orologio ai tempi dei “Vandali in casa”.

Ci si chiede come è possibile al giorno d’oggi concepire simili programmi e si fa affidamento alla rete di Eddyburg per diffondere il necessario allarme e ampliare il dissenso.

Nel frattempo muoiono due ragazze sotto le macerie di un edificio fatiscente nel centro storico di Favara (AG); impazzano le demolizioni e si scopre che a partire dal 2003 ci sono decine di alloggi popolari completati, non assegnati e vandalizzati. La Procura indaga, ma a che serve?

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