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Giorgio Todde
Come Erostrato
19 Febbraio 2010
Salerno
Chiunque abbia un po’ di amore per il paesaggio e per gli uomini che lo popolano inorridisce al cospetto dell’opera di De Luca e Bofil. La Città di Salerno, 4 agosto 2009

Erostrato era un pastore greco che, ossessionato dall’ansia di essere ricordato dai posteri, bruciò il tempio di Artemide.

Ci è venuto alla mente il pastorello matto visitando Salerno e vedendo le simulazioni di un’opera inspiegabilmente grande, brutta e violenta detta Crescent, progettata da un Erostrato spagnolo dell’architettura di nome Ricardo Bofill e voluta dal sindaco Erostrato della città, Vincenzo De Luca.

Ogni città ha i suoi Erostrati e quando l’Io gigantesco di un architetto si allea con l’Io colossale di qualche politico, allora la legittima aspirazione ad essere ricordato diviene una pericolosa afflizione dello spirito. L’erostratismo, appunto.

Così gli Erostrati italiani, forti di leggi deboli, feriscono la vittima più inerme perché immobile e passiva: il Paesaggio. Da Nord a Sud Erostrati di sinistra, di destra e di centro cercano di lasciare una traccia di sé e vince chi ha il Crescent, il grattacielo, il porto, il palazzo più grande.

Il sindaco di Salerno prende la rincorsa e arriva a voler essere tumulato al centro dell’emiciclo. La sindrome assume una rilevanza psicoanalitica. Quel monumento si incarna nel sindaco e il sindaco s’impietra nel monumento. D’altronde il progetto di Bofill un tratto funebre ce l’ha. Sfregia un dolce lungomare e lo trasforma in una mastodontica cappella di famiglia quando sarebbe stato sufficiente un loculo perpetuo di prima classe nel bel cimitero di Salerno.

Nascerà un turismo “misto”, di meditazione, circondato da negozi griffati e buzzurri. Noi consigliamo, però, al sindaco di salvare i platani secolari vicini alla sua sepoltura perché all’ombra si prega meglio.

E mentre in Spagna l’ordine degli architetti si interroga su quanto sia etico disegnare, per esempio, una torre a Siviglia più alta della Giralda, mentre si mette in discussione il diritto morale dell’architetto a conformare su di sé un paesaggio quando dovrebbe conformare se stesso al paesaggio, in Italia si chiamano a corte architetti il cui nome convalida ogni scempio. E tanto più la corte è minuscola e provinciale, tanto più l’architetto ha un nome luccicante e produrrà un progetto invasivo, pacchiano e uguale a mille altri.

Così si spiega il Crescent e lo “stile” sovietico di Bofill. Se ne impipano del contesto. Il contesto, dice il sindaco, sono Io. Così a Mantova, così a Ravello, a Cagliari, Napoli, Milano, Torino, Roma, così a Firenze. Il Paese si abbruttisce e si riempie di metastatiche costruzioni.

C’è un rischio nell’erostratismo, ma chi cerca un’azione indimenticabile è disposto a correrlo. Il rischio di essere ricordato, sì, ma come si ricordano le epidemie di peste, le invasioni delle locuste, i prìncipi crudeli.

Il borgomastro di Salerno resterà nella memoria. E chi passerà davanti al mostro di trecento metri, alto trenta che accecherà per sempre il paesaggio di Salerno, farà gli scongiuri davanti al mausoleo del sindaco Erostrato il quale ha dichiarato, come Lincoln, che per fermarlo devono sparargli.

Il sindaco ha un solo modo per salvare una buona memoria di sé. Fermarsi, non ascoltare il demone del “fare”, trovare la misura dei luoghi e, quando arriverà il momento, accontentarsi di una sepoltura appartata.

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