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Fabrizio Bottini
Il Poeta e il Contadino: chi ha ragione?
28 Luglio 2009
Recensioni e segnalazioni
Franca Canigiani, Salvare il Belpaese, Nicomp, Firenze 2009: una riflessione sui rischi che corre il paesaggio, italiano in generale e toscano in particolare. Con qualche speranza

Quando si tratta di salvare il paesaggio, in superficie pare che le coorti di cui canta l’inno nazionale siano più coese che mai: dagli intellettuali di istituti e fondazioni, su o giù fino alle pimpanti promotrici turistiche in autoreggenti, nessuno nega la sacralità degli scorci patri. Ma poi arrivano le specifiche.

Che inquadrano in prospettiva, con punti di vista particolari, ma che non hanno nessuna intenzione di considerarsi tali. Risultato finale: “Se è vero che un territorio … è un sistema vivente ad alta complessità, di cui si può scrivere una biografia, allora è altrettanto vero che quel territorio-individuo può morire”. Così Alberto Magnaghi, da una lunghissima citazione riportata nel libro di Franca Canigiani, sintetizza l’effetto potenziale delle bordate dei nostri “specialisti”.

I quali specialisti, proprio avocando a sé un inopinato ruolo di sintesi del sistema vivente ad alta complessità, che invece ritagliano solo a propria immagine e somiglianza, fanno spesso danni anche quando si muovono con le migliori intenzioni. Figurarsi poi se le intenzioni sono quelle a quanto pare prevalenti – comunque negli effetti - nel nostro paese, ovvero di arraffare quanto si può e fuggire col malloppo. Fuggire dove, poi, ci si potrebbe anche chiedere … ma questa è un’altra storia.

E a sottolineare proprio l’estrema difficoltà di costruire una prospettiva comprensiva e almeno in buona parte condivisibile, il capitolo con cui Franca Canigiani apre lo studio è dedicato ai “valori” del paesaggio, ovvero proprio ai pressoché infiniti punti di vista che evoca questa “memoria impressa sul territorio”. A inserire qui un ricordo del tutto personale, vorrei ricordare i passaggi apparentemente ineccepibili con cui Gustavo Giovannoni presentava a suo tempo l’appena approvata legge Bottai sul paesaggio. Giovannoni, indiscutibile pilastro nella formazione delle scienze del territorio in Italia (oltre che del restauro e dei centri storici) prendeva spunto anche dal suo ruolo di presidente del CAI e gran scarpinatore per sentieri, descrivendo il modello del villaggio alpino. Dove abitazioni, attività economiche semplici ma in grado di assicurare da secoli una decorosa sopravvivenza, e il grande ambiente della montagna si fondono sui tempi lunghi a definire un sistema unico e inscindibile. Tutto, appunto, apparentemente perfetto nella dissertazione dell’accademico d’Italia, salvo quelle che a me, osservatore da terzo millennio, paiono un paio di voragini non da poco, probabilmente neppure le uniche. E che emergono più esplicite, più o meno negli stessi anni, in quella piccola parodia in buona fede dell’americana TVA rappresentata dal Piano per la Valle d’Aosta, sponsorizzato dal giovane Olivetti, che innesca suo malgrado evoluzioni esiziali. Giovannoni non considerava infatti almeno due aspetti fondamentali di debolezza nella sua fotografia del paesaggio: il fotografo e i fotografati, ovvero gli stessi “agenti dello sviluppo” che su versanti diversi ma spesso convergenti poi entrano in sinergia ad operare le trasformazioni.

Trasformazioni di cui nessuno nega la legittimità, sin dagli esordi del dibattito sul tema al finire del XIX secolo, ma sui cui effetti spesso irreversibili c’è invece sempre molto, moltissimo da dire.

Ed è per questo che il capitolo sui “valori” del paesaggio a suo modo già riassume l’intera prospettiva della riflessione, ben oltre la doverosa rassegna della letteratura scientifica disponibile, che invece ci propinano, spietati, altri studi meno criticamente attenti. Valori, quelli del paesaggio, che sono ambientali, estetici, ma anche economici, identitari, con tutto ciò che segue nella combinazione (nello spazio e nel tempo) delle loro cangianti prospettive. Una combinazione nello spazio e nel tempo che riprendendo l’immagine del villaggio alpino-rurale di cui sopra, si può per esempio declinare nel caso specifico del Canavese e della visione olivettiana: prima un territorio ad economia tradizionale, poi calato dall’alto un capitalismo illuminato high-tech e uno sfruttamento d’élite delle risorse paesistico-ambientali, e oggi l’high-tech solo virtuale negli scatoloni del centro commerciale-divertimentificio Mediapolis, piazzato nel bel mezzo dell’anfiteatro morenico e del paesaggio agrario. È accaduto, semplicemente, che gli abitanti del mitico villaggio di Giovannoni si siano chiesti se avevano davvero voglia di continuare a stare in quel meraviglioso (secondo Giovannoni) equilibrio fra l’ambiente e le piccole trasformazioni di un’economia di sussistenza. Valori divergenti, insomma.

Questo introduce la seconda grande questione proposta da Franca Canigiani: il paesaggio, CHI lo tutela? L’esempio del villaggio rurale che transustanzia in outlet village perché gli abitanti del posto sono padroni a casa propria, e a loro garba così, ovviamente mette il dito sulla piaga. Anche da uno dei primi documenti programmatico-politici della Lega Nord in materia di territorio, sgorgava inatteso un rigurgito di buon senso là dove si ammetteva la non assoluta sovranità delle popolazioni locali in materia di trasformazioni del paesaggio. E pure quella che dovrebbe essere la “convergenza” del livello federale europeo, nazionale, regionale e locale, a volte se non quasi sempre appare contraddittoria, negli effetti se non nelle intenzioni. Una parte della risposta, la si trova ben riassunta nel titolo-questione che apre il secondo capitolo: Un quadro legislativo incerto e confuso. Che, oltre appunto ad eliminare la propria confusione e contribuire a trovare certezze, dovrebbe orientarsi invece verso l’obiettivo di una maggiore sussidiarietà, ad esprimere “obiettivi e indirizzi di lungo periodo condivisi da una pluralità di soggetti interagenti”.

Fin qui alcuni dei caratteri più generali del lavoro, che si focalizza sul caso della Toscana. E concludo.

Concludo nel senso che nella logica di queste brevi note sono gli aspetti estendibili ad altre realtà ad assumere maggior rilevanza (se mi è consentito), e la Toscana a fungere da caso studio paradigmatico: regione che unisce altissima qualità dei paesaggi e altissimo rischio determinato dalle trasformazioni più recenti, e che in parallelo ha sviluppato, non da ora, una forte cultura sociale e istituzionale a fare da potenziale anticorpo alle trasformazioni più impattanti e irreversibili. Saprà questo potenziale tradursi in realtà operante? Tutto dipende dalla capacità di includere nei processi (di dibattito, di sviluppo, di consapevolezza) la maggior parte dei soggetti coinvolti, e quella di conferire via via adeguato peso e priorità alle varie prospettive.

Perché, se è certo che la logica specialistica del mordi e fuggi devasta irreversibilmente identità e risorse, in cambio di poco o nulla, anche quella di tutela non può non fare i conti con le (sempre legittime, in un modo o nell’altro) aspettative di sviluppo. Dipende da come lo si vuole intendere, naturalmente.

Un’ultimissima nota alla prima delle appendici che concludono Salvare il Belpaese: per i frequentatori abituali del sito eddyburg.it potrebbe (e giustificatamente) apparire come una versione stampata delle nostre Visite Guidate. E in effetti il Volo sul Belpaese che scompare propone una breve rassegna di testi, in buona parte ripresi dagli interventi, su temi nazionali o specificamente toscani, comparsi via via nelle varie cartelle del sito. Se si tratti di un motivo di speranza, o di depressione perché rischiamo sempre di “raccontarcela tra di noi”, dipende naturalmente dai punti di vista.

Nota: per motivi di malfunzionamento dell'editor, non è stato possibile inserire prima i links relativi ad alcuni testi citati e disponibili qui sul sito. Riporto di seguito i collegamenti per esteso (f.b.)

Gustavo Giovannoni, La nuova legge sulla difesa delle bellezze naturali, 1939

Il problema urbanistico della Valle d'Aosta, 1938

Comunità "olivettiane" dei nostri tempi, il parco a tema Mediapolis

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