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Alberto Vitucci
Fondali, guerra delle quote Non c’è posto per altri fanghi
30 Marzo 2009
MoSE
Per fare soldi rovinano irreversibilmente la Laguna. La Nuova Venezia, 30 marzo 2009, con postilla

Un grande business. Che potrebbe avere come contropartita la rottura definitiva dell’equilibrio lagunare. La nuova frontiera per la «Venezia del futuro» riguarda i fondali, quote e i canali di accesso al porto. Una disputa sulle profondità che torna in questi giorni alla ribalta. «Scavare i fondali a quote troppo elevate è la prima causa dell’aumento delle acque alte, dell’erosione delle barene e dunque della scomparsa della laguna», ripeteva lo scomparso Pino Rosa Salva, protagonista delle battaglie per la salvaguardia di Venezia e presidente di Italia Nostra. Parola d’ordine rilanciata anche dalle associazioni e dal ministero per l’Ambiente. Il nuovo obiettivo, annunciato sabato mattina a Fusina dal presidente del Porto Paolo Costa, è quello di scavare il canale dei Petroli fino a 14 metri, il resto del canale Malamocco Marghera a quota -12. «Non avrebbe alcun effetto idraulico indesiderato», assicura Costa, «e ci consentirebbe di portare in laguna le navi oceaniche di ultima generazione». Linea condivisa anche dal Pdl veneziano che propone di realizzare un nuovo porto commerciale a San Leonardo. E la polemica infuria, non solo da parte ambientalista.

Meno 11. Il commissario straordinario per i fanghi Roberto Casarin ha illustrato ieri tre anni di interventi per scavare il canale - che si interra ogni anno essendo artificiale - fino alla quota di meno undici metri. E’ questa secondo lui la quota massima possibile, come del resto autorizzato dalla commissione di Salvaguardia due anni fa.

I fanghi. Un metro in più di profondità nel canale di Marghera significa almeno un milione di metri cubi di fanghi. Un problema quasi irrisolvibile la loro collocazione - oltre alla spesa - visto che la laguna è ormai satura e per stoccare i fanghi è stata utilizzata l’isola delle Tresse, e poi il Molo Sali e adesso l’area dei Moranzani.

Il Prg del porto. Nonostante il Palav preveda il suo adeguamento dal 1995, il Prg portuale è rimasto quello del 1963, a dispetto della Legge speciale che prevede tra l’altro il mai attuato estromissione del traffico delle petroliere dalla laguna.

Le grandi navi. Studi e pronunciamenti di Comune e ministero per l’Ambiente prevedono che la bocca di Lido sia portata a 9 metri di profondità, Malamocco a 12. Invece adesso si scava fuori del Lido fino a meno 12 per garantire l’accesso anche alle navi da crociera di enorme generazione. A Malamocco il Mose sarà fissato a meno 14, così come la conca di navigazione e si vuole portare anche il canale dei Petroli a meno 14 (oggi è a 13, con buche più profonde), nonostante vi sia un progetto del Magistrato alle Acque per ridurne la profindità.

L’idraulica. Dei progetti del Comune per il rialzo dei fondali per limitare il numero di acque alte non si parla più. «Si affrontano solo gli effetti delle acque alte con opere inutili come il Mose», scrive Italia Nostra, «ma non si affrontano le cause. E la prima di queste è lo scavo dei canali, che aumenta i volumi scambiati tra mare e laguna». Il dibattito è aperto.

Postilla

Dietro c’è una strategia infame. Approfondiscono i canali, così entra più acqua marina, c’è più spesso acqua alta in città, e i mass media aiutano a consolidare la sensazione (errata) che il Mose è indispensabile per “salvare la città”. Contemporaneamente, consolidano l’abnorme passaggio delle “le navi oceaniche di ultima generazione” - dei transatlantici per turisti - così aumento la commercializzazione della città. E magari provano a vendere i fanghi, che non so come mettere, come “materie prime seconde” per costruire qualche isola artiificiale sulla quale – magari – realizzare qualche albergo di lusso.

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