loader
menu
© 2024 Eddyburg
Roberto Morassut
Caro Tocci, non fermiamoci adesso
22 Maggio 2008
Roma
L'ex assessore di Roma si cimenta in una spericolata arrampicata su specchi troppo lisci per lui. Da l’Unità, 22 maggio 2008, con postilla

L’articolo di Walter Tocci pubblicato da l’Unità e dedicato all’urbanistica di Roma negli ultimi quindici anni merita una replica puntuale e articolata. Soprattutto ora, dopo la sconfitta elettorale, in un momento in cui, approvato il nuovo Piano regolatore (Prg), è già iniziato da destra e da sinistra un attacco concentrico al suo impianto riformista. Un attacco che riproduce gli astrattismi del vecchio dibattito urbanistico romano.

Il nuovo Prg e le sue regole innovative sconvolgono il campo. Impongono uno sforzo teorico nuovo a tutti e spingono a superare le vecchie pigrizie intellettuali, i vecchi codici stanchi. Paradossalmente, invece, per molti censori di destra e di sinistra, sembra più comodo indossare le vecchie lenti. La destra si lancia all’attacco, invocando maggiori quantità edificatorie e senza alcun riguardo al fatto che il mercato chiede oggi invece più qualità. Da sinistra ci si rifugia nel demone rassicurante della “rendita” che “tutto muove” per salvarsi la coscienza, senza però affrontare le sfide “reali” della trasformazione urbana, senza sporcarsi le mani nella storia “vera” e nei fatti.

Intanto ribadisco una cosa. La puntata di «Report» sul nuovo Prg era colma di inesattezze e bugie. Quella trasmissione non era informazione pubblica ma un programma mirato solo a fare ascolto, senza lo scrupolo doveroso della verifica. Non ho accettato di replicare in quella sede perché non ho avuto la garanzia di poterlo fare esaustivamente e con il tempo adeguato. Le repliche le valuteranno i legali ai quali ho consegnato una denuncia.

Torno alle cose dette da Tocci. Trovo nelle argomentazioni molta astrattezza e deficit d’informazione. Lo dico perché sarebbe utile, invece, parlare anche criticamente di questi quindici anni ma guardando avanti. Per esempio penso che, nonostante tutto, il nuovo Prg sconti dei limiti che le inevitabili mediazioni politiche in Consiglio Comunale hanno imposto ad alcune sue novità rivoluzionarie. Limiti che devono essere superati.

Invece si guarda indietro confondendo e sovrapponendo tante cose. Tocci confonde le trasformazioni in corso con il nuovo Piano. Errore clamoroso, lo stesso che fa «Report» il quale addebita alle Giunte Rutelli e Veltroni decisioni di costruire nuovi quartieri che non appartengono loro e che risalgono a prima del 1992.

Voglio ricordare un dato che spazza via ogni equivoco: il 70% delle costruzioni private realizzate o in corso di realizzazione tra 1993 e il 2008 non sono state approvate da Rutelli o Veltroni. Tranne Bufalotta - risalente al 1997 e comunque interna al Gra - e rari altri casi. Insomma, quando si parla della città trasformata «collocata a ridosso e oltre il Grande Raccordo Anulare in un territorio già devastato dall’abusivismo» e dei problemi che sconta, per favore non si tiri in ballo il nuovo Prg che, semmai, farà vedere i suoi effetti reali nei prossimi cinque, dieci anni. (Dalla approvazione definitiva di un intervento urbanistico alla sua integrale realizzazione e quindi al suo impatto reale urbanistico e sociale passano mediamente dieci-quindici anni).

Quelli che descrive Tocci sono semmai gli effetti delle ultime “code” delle giunte Carraro e Giubilo e delle decisioni dei Commissari Prefettizi pre-Rutelli. Questa banale constatazione cambia tutto il quadro.

Pigramente si cerca nel nuovo Piano con discorsi complessi quello che non c’è. Qualche esempio? Eccoli: Ponte di Nona, Grottaperfetta, Giardini di Roma, Lunghezza, Castelluccia, Casal Monastero, Torraccia, Cecchignola Ovest,Tor Carbone e potrei continuare. Queste parti di città con il nuovo Prg e con la nuova programmazione urbanistica non c’entrano nulla, perché erano già deliberate.

Tocci sostiene che lo strumento della compensazione è stato male utilizzato e che si sono portate cubature all’esterno, trascurando le aree interne e magari pubbliche in prossimità delle stazioni. Sono considerazioni completamente sbagliate e spiego perché. Tutte le compensazioni decise dal Consiglio Comunale e comunque non ancora attuate - e che sono elencate nelle Norme Tecniche di Attuazione - spostano pesi dall’esterno della città al suo interno e, grazie al criterio dell’equo valore immobiliare, ne riducono la quantità (mediamente per un metro cubo compensato ne viene attribuito circa 0.80).

L’unica eccezione, grave, è Tormarancia. Caro Walter, ricordo che chi con te si oppose alla lottizzazione di Tormarancia nel ’99 - tu eri vicesindaco ed io capogruppo Ds ed avevamo posizioni opposte - non volle capire che la conseguenza della cancellazione sarebbe stata una onerosissima compensazione. Cosa che avvenne, anche perché il Consiglio Comunale aveva confermato tre volte quella previsione, dando ai proprietari armi fortissime per ricorrere in giudizio. Oggi tu invochi l’importanza di edificare nelle zone compatte con i servizi e i trasporti anziché andare all’esterno. Tormarancia era questo. Tuttavia quel che è stato è stato e lo ricordo solo perché la storia ha sempre un ruolo nelle decisioni politiche. Non dimentichiamocelo.

Secondo. In vari casi il Piano localizza centralità a ridosso delle stazioni accorpando cubature del Prg del ’62 esterne e sparse nell’agro e trasformandone a servizi le precedenti destinazioni residenziali. È il caso di Massimina, la Storta, Muratella, Ostiense, Ostia Centro. Al tempo stesso il nuovo Piano “carica” volumi destinati a servizi in corrispondenza di tutte le stazioni disponibili con aree di proprietà pubblica. Tutte, nessuna esclusa. Esempi? Ponte Mammolo, Pietralata, Cesano, Polo Tecnologico Tiburtino, Anagnina, Stazione di Ostia.

Mi spiace che non si ricordino queste cose. Non si ricordi, ad esempio, quanto sta avvenendo a Pietralata, a Torvergata, a Valco di San Paolo, al Santa Maria della Pietà, dove stanno sorgendo i campus internazionali pubblici voluti da Veltroni, con i cantieri in corso delle residenze, degli impianti sportivi, delle facoltà. Tutto su aree pubbliche comunali o statali già servite dal trasporto su ferro. Si vada a vedere i cantieri di queste realizzazioni che dimostrano come oggi a Roma sia la mano pubblica a guidare la trasformazione urbana della città consolidata, della prima periferia e di quella più esterna, grazie alle decisioni del nuovo Prg

Terzo. Quando si parla di compensazioni non ci si riferisce ad un gioco di domino di semplici cubetti. Spostare cubature «da una area all’altra» è un procedimento amministrativo carico di implicazioni ambientali, amministrative, giuridiche, economiche e fiscali. Non si può dire astrattamente «andava usato meglio». Le aree di «atterraggio» delle compensazioni non sono quasi mai pubbliche perché il Comune di Roma è poverissimo di aree. Pertanto si è cercato di costituire una riserva pubblica di aree per attuare, tra le altre cose, le compensazioni dall’esterno all’interno. Queste aree sono state localizzate con una procedura di evidenza pubblica per non creare favoritismi di nessun tipo e ponendo come requisito la distanza massima di 1000 metri dai «nodi del ferro». Il bando è dell’8 agosto 2002 e lo si può recuperare.

Quando si parla del nuovo Piano lo si legga concretamente e non in modo astratto e generico.

Ancora. L’idea di una compattazione urbana nelle aree interne al Gra - ammesso che questo limite simbolico valga ancora qualche cosa - è una idea seria, ma alla prova dei fatti insegue astrattamente un modello parigino del tutto sganciato dalla storia reale di Roma e dai conflitti che hanno segnato tante lotte sociali nel cuore della città. Ricordo come alcune scelte del nuovo Piano di rilocalizzazione di volumetrie all’interno della città siano state fieramente ostacolate nei territori interessati: Collina Fleming, Tor Tre Teste, Colle delle Strega, Casal Grottini, via delle Acacie, Gregna, Prampolini e varie altre.

D’altra parte, la sinistra ha fortemente lottato in questi ultimi trent’anni per restituire alla città consolidata aree libere, in grado di recuperare parte delle quantità di standard di verde negati dalla speculazione edilizia degli anni 50-70, figlia del Prg del 1931. Abbiamo vincolato e acquisito al Comune del tutto o quasi, grazie al nuovo Prg, i parchi di Aguzzano, delle Valli, di Volusia, porzioni della Valle dei Casali e della Tenuta dei Massimi, di Veio, dell’Appia e del Litorale Romano.

Abbiamo raggiunto l’obiettivo di Cederna e Petroselli di avere squarci di campagna romana che entrano nel cuore della città, creando un modello urbano unico al mondo ed ora inseguiamo un non meglio specificato «consolidamento»?

Se invece ci si riferisce ai margini di trasformazione dentro la città che possono offrire programmi di riqualificazione urbanistica ed edilizia su aree dismesse e degradate o della brutta città degli anni 50, nel nuovo Piano vi sono gli strumenti dei “Print” (Programmi Integrati) per farlo. Sono ambiti perimetrati e normati con un sistema di incentivi e alcuni sono avviati. Esempi? Il programma - in corso - di demolizione e ricostruzione di Viale Giustiniano Imperatore, i programmi di ristrutturazione banditi per Alessandrino, Pietralata Vecchia, Centocelle Vecchia, Dragona, Torsapienza. Questi programmi sono il cuore della politica di riqualificazione della periferia intermedia del nuovo Prg. I loro frutti verranno se il nuovo Piano verrà attuato correttamente e se la legislazione nazionale lo aiuterà a sviluppare la sua forza innovativa affrontando il tema della aggregazione della proprietà diffusa e parcellizzata.

Non si cada nell’errore di considerare la pianificazione generale il momento in cui i diritti edificatori si possono cancellare dirigisticamente. È sbagliato. Questo è vero solo nelle raffigurazioni di una urbanistica astratta. La realtà è un’altra. Il nuovo Prg cancella 60 milioni di metri cubi prevalentemente residenziali e il Comune sta combattendo in giudizio contro i ricorsi dei proprietari delle aree. Sono vertenze difficili con il rischio di sentenze definitive che premino ancora di più la rendita

Perché? Perché la vecchia legge 1150/42, tanto invocata come un totem dall’urbanistica pubblicista che non tratta con i privati, in realtà rende eterni i loro diritti e si somma alle sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo che negli anni ha integralmente ricostruito il diritto della proprietà privata dei suoli.

Questo fatto non può essere messo tra parentesi perché è il centro del problema.

In Italia occorre al più presto una moderna legge nazionale sui suoli, che fissi le regole generali all’interno delle quali i Comuni possano muoversi per contrattare con i privati e che ristabilisca parità di durata tra i diritti edificatori privati (oggi di fatto eterni) e le aree a destinazione pubblica (vincolate per cinque o massimo dieci anni). Perciò ritengo illusoria l’idea che si potesse ignorare il trascinamento del residuo del Prg del ’62 e realistica l’operazione di ridisegno e riequilibrio sancita dal nuovo Piano.

In conclusione. La sconfitta elettorale e la giusta revisione critica del nostro operato non deve ricacciarci in un dibattito vecchio che sbaglia bersaglio attaccando il nuovo Piano per cose che non lo riguardano. Il nuovo Prg ha ridotto l’espansione e ha tutelato due terzi del territorio a verde e suolo libero. Questo dato è incontrovertibile. Impone obblighi e oneri pubblici altissimi ai proprietari delle aree.

Il nuovo Piano va attuato. Da lì verrà la città nuova. Guardiamo avanti, allora, e spingiamo la nuova giunta a non interrompere il cambiamento. Demolire astrattamente il grande risultato del nuovo Prg senza conoscerlo rischia di riaprire i giochi.

Attenzione. Molti sperano che alla fine si dica “tutto da rifare”. Ma a “rifare”, caro Walter, nei prossimi cinque anni non saremmo noi.

Postilla

L'ex assessore Morassut dice che si rivolgerà a dei giuristi per replicare alla denuncia di Report. Speriamo proprio che i giuristi interpellati spieghino finalmente all'ex assessore Morassut che le previsioni dei PRG non concedono affatto "diritti edificatori", che quindi la cancellazione di previsioni del vecchio PRG (1962!!!) non comportava nessuna "compensazione" nè per Tormarancia nè per nessuna altra previsione che si fosse voluta cancellare. Rilasciare o autorizzare atti abilitativi basati su vecchie previsioni di PRG non era quindi necessario nè alla giunta Rutelli nè alla giunta Veltroni.

SI può convenire con Morassut che la rendita non muova tutto, ma certamente ha mosso la politica urbanistica che egli vuole ancora difendere.

E così si può convenire quando sostiene che "Il nuovo Prg e le sue regole innovative sconvolgono il campo": in effetti sconvolgono l'Agro romano. E purtroppo, dato il carattere di esempio che la pianificazione romana ha spesso avuto, ha sconvolto anche il campo della buona urbanistica accreditando l'idea, assolutamente falsa, che il PRG attribuisca "diritti edificatori".

Sui "diritti edificatori" rinviamo ancora una volta a una nota di E. Salzano e a una lettera del prof. Vincenzo Cerulli Irelli

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg