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Vittorio Emiliani
Un'autostrada irragionevole
16 Maggio 2004
Maremma
Un'ampia ricapitolazione dei dati essenziali delle infrastrutture sulla direttrice tirrenica nel tratto tosco-laziale, che ha introdotto l'interessante convegno svolto a Roma, in Campidoglio, per iniziativa delle associazioni ambientaliste il 5 maggio 2004. Le ragioni della stupidità della soluzione sponsorizzata da Martini e Storace, "governatori" della Toscana e del Lazio. In allegato il documento di contestazione tecnica dello Studio d'impatto ambientale del tratto Roma-Formia, a cura dei Verdi

INTRODUZIONE AL CONVEGNO SUL CORRIDOIO TIRRENICO – CAMPIDOGLIO 5 MAGGIO 2004

La vicenda, anche quella più vicina, del Corridoio autostradale tirrenico nord e sud, appare impregnata di una cultura delle infrastrutture che rimonta ad un quarantennio e più addietro, a quando in Italia, anche sotto la spinta della potentissima lobby automobilistica, si riservavano i finanziamenti pubblici alle sole autostrade, mentre venivano lesinati in modo indecente alla stessa viabilità ordinaria, ma ancor più ai porti (disperdendoli fra oltre 100 scali classificati) e alle ferrovie sottoposte ad una cura dimagrante che cozzava contro l’orografia stessa di un Paese per due terzi di montagna e collina e contro la tendenza europea e mondiale la quale di nuovo dava grande spazio innovativo ed espansivo alla rotaia. In quegli anni di ebbrezza autostradale il direttore generale delle FS, Rubens Fienga (lo raccontò in un convegno qualche anno più tardi), si sentì dire dal ministro dei Lavori Pubblici :”Allora direttore, quando le chiudiamo queste ferrovie?” Questa era la mentalità al tempo in cui nasce anche la prima idea di Corridoio Tirrenico.

Oggi, quarant’anni dopo, l’Unione Europea punta più risolutamente sulla ferrovia, sulle autostrade del mare e sull’intermodalità, ma l’Italia, Paese marittimo come nessun altro, scommette invece sulla formula asfalto&cemento ormai obsoleta, su nuove autostrade col contorno di bretelle, complanari, tangenziali, ecc. Così ci condanniamo ad un consumo di territorio e di terra a coltivo, a bosco o a magari a parco, insensato in un Paese che, pur fermo demograficamente e con uno stock di vani d’abitazione enorme, viaggia al ritmo annuo di circa 100 mila ettari di terreni “mangiati” da nuove lottizzazioni, ipermercati, fabbriche, ma anche strade e autostrade, ecc. : ogni decennio una regione grande come la Puglia. Così ci condanniamo a ferrovie vecchie e lente, non soltanto nel Sud ma anche nel Centro specie nelle trasversali (oltre 3 ore, nel migliore dei casi, fra Roma e Pescara per 240 Km, o fra Roma e Ancona) e nella linea tirrenica per Genova (oltre 5 ore coi treni più rapidi fra Roma e il capoluogo ligure per 501 Km). Così ci condanniamo ad essere “colonia” per il cabotaggio.

La prima idea di Corridoio Tirrenico nasce in quella cultura già allora arretrata rispetto alle esigenze reali del Paese e alle tendenze delle economie più avanzate. Essa si trascina a lungo senza trovare sbocchi. In Toscana viene realizzata la superstrada da Rosignano a Grosseto che regge bene senza grandi sacrifici ambientali il traffico veicolare, mentre nei PRG dei Comuni di quell’area il tracciato dell’Aurelia viene migliorato con circonvallazioni e altro. Non così purtroppo da Grosseto al confine col Lazio, o soltanto in parte, a spezzoni. Ed è lì che tuttora si concentra il maggior grado di pericolosità e di incidenti mortali dovuti alla persistenza delle due sole corsie e di numerosi e rischiosi attraversamenti a raso. Una pericolosità nettamente superiore a quella della media regionale.

In sequenza : nel ’97 il Parlamento decide di sospendere la realizzazione dell’autostrada a pedaggio Cecina-Civitavecchia, ma ne conferma la concessione alla SAT la quale riceverà dall’ANAS nel ’98 oltre 172 miliardi di lire a titolo di transazione. Alla fine del 2000 – governo Amato, ministro Nesi, sottosegretario Mattioli – viene siglata con la Regione Toscana (presidente Martini) l’intesa in base alla quale si procederà alla realizzazione di una Aurelia sicura a quattro corsie senza pedaggio e anche senza attraversamenti a raso. Sulla base del dettagliato e molti versi apprezzabilissimo progetto redatto dall’ANAS. Verranno così superate le strozzature gravi e pericolose di Orbetello, della Torba, di Capalbio fino alla ex Dogana, di Vulci-Montalto e poi Tarquinia. Il progetto ANAS va alla VIA e lì purtroppo è tuttora bloccato. Incredibilmente.

Le elezioni 2001 vengono vinte da Berlusconi che ha in cima al suo programma le Grandi Opere e pochi giorni dopo, in modo per me ancora sorprendente, il presidente della Regione Toscana, Martini, dichiara al “Sole-24 Ore” : adesso l’autostrada si può fare. L’intesa di cinque mesi prima è già archiviata. Torna in campo la SAT (che pure è stata indennizzata con oltre 172 miliardi di lire) e comincia il balletto dei tracciati : quello collinare con numerosi tunnel sponsorizzato dal ministro Lunardi e quello essenzialmente costiero sostenuto dalla Regione. Il primo viene rigettato per i suoi maggiori costi. Il secondo – che costa meno ma che, secondo stime del Wwf, consuma ancor più territorio pregiato – incontra molte opposizioni : di Comuni, di agricoltori qualificati, di comitati di cittadini, e ovviamente di associazioni per la tutela. Con manifestazioni ripetute. Anche sul fronte politico si registra l’opposizione di alcuni significativi esponenti parlamentari dei Ds e della Margherita oltre che dei Verdi. La Regione Toscana rimane alla fine abbastanza isolata dopo essersi arroccata a difesa del suo progetto che poi progetto non è ma semmai un tracciato e poi nemmeno quello visto che non se ne conosce uno definitivo e si parla tutt’oggi di un “ibrido” fra collinare e costiero. Mai risolti, in ogni caso, restano alcuni problemi nodali, per esempio quello dell’attraversamento autostradale fra Tarquinia e Vulci, parco naturalistico e archeologico dei più sensazionali per bellezza e integrità. L’ultima uscita del presidente Martini reca la data del dicembre 2003, per dire che : 1) “l’accordo sul tracciato è ormai vicino” ; 2) il costo del tracciato costiero non è poi tanto superiore a quello del progetto ANAS dal momento che quest’ultimo è raddoppiato negli oneri (articolo sul “Tirreno” del 24.12.03). Ora di quell’accordo vicino non si sa più nulla, mentre il costo del tracciato costiero stimato da Maria Rosa Vittadini sui 2,20 miliardi di euro nel gennaio 2003 rimane molto ma molto più alto di quello del progetto ANAS valutato sugli 800 milioni di euro ed ora attorno a 1 miliardo e 100 milioni. Come fa quest’ultimo ad essere più che raddoppiato nei costi in così poco tempo, essendo fra l’altro, il solo progetto dettagliato, pure negli oneri? Forse Martini intendeva così mitigare un’obiezione di fondo : perché mai lo Stato dovrebbe dare un contributo di 1,2 miliardi di euro al tracciato costiero quando l’intero progetto ANAS gli costerebbe un bel po’ di meno? Qui però si fermano le dichiarazioni ufficiali e a questo stiamo. Di percorsi identificabili non se ne conoscono, a meno che non si voglia prendere per tali i tratti di pennarello che anche sul Corridoio Tirrenico abbiamo visto tracciare alla brava dal capo del governo a “Porta a porta”, addirittura come cantieri già aperti o attivati. Parola, quest’ultima, piuttosto vaga, in sé e per sé.

Meno prolungata nel tempo, ma carica anch’essa di tante contraddizioni, grazie anche alla incapacità, o impossibilità, di redigere un progetto minimamente credibile dal punto di vista territoriale e da quello finanziario, la vicenda del prolungamento a sud di Fiumicino del Corridoio Tirrenico. Il tracciato disegnato in gran fretta dalla Regione Lazio e dal suo presidente presenta tutta una serie di palesi incoerenze : col Piano generale dei trasporti della Regione Lazio (1990) dove si parla di “adeguamento della SS148 Pontina dal GRA a Terracina”, col Piano Regionale della Viabilità del 1993 (che prevede il raddoppio della Pontina fino a Terracina), col programma di sviluppo della viabilità regionale del 2001, con l’Ipotesi di fattibilità regionale 2001 (delibera CIPE) e con l’Intesa-quadro Ministero-Regione del marzo 2002, col PRG del Comune di Roma (dove non ce n’è traccia), con lo Schema territoriale della Provincia di Roma (dove si parla sempre di “adeguamento funzionale e potenziamento della Pontina”), con la zonizzazione della Riserva di Malafede che l’autostrada attraverserebbe colmandone, fra l’altro, il fosso.

Il frettoloso progetto è stato nella sua prima versione ritirato per farlo tornare in sede di VIA il 7 aprile scorso, con una procedura quindi aperta, interrotta e riaperta, i cui termini per le osservazioni scadono in questi giorni. Se nella parte romana tranciava le riserve di Decima e di Malafede nel percorso a sud passava a cento metri appena dal Lago di Fondi dopo aver tagliato in due quella piana. La sua seconda versione corre parallelamente alla Pontina, con nuovi devastanti impatti sulla Riserva di Decima-Malafede. Dopo di che francamente non si capisce perché invece di adeguare e potenziare questa strada statale, la si debba trasformare in autostrada a pedaggio. Il cui percorso abbandona la Pontina a sud, da Fondi (con i gravi inconvenienti ambientali e paesistici sopra segnalati) a Formia. Numerose sono poi le incongruenze fra il tracciato riportato nella Corografia generale e quello riprodotto nelle tavole specifiche della cartografia stradale.

Altre rilevanti criticità sono le ricadute sul Massiccio carbonatico dei Monti Musoni e Aurunci. Un’area questa nella quale si registrano valori ambientali elevati variamente tutelati. Infatti anche il secondo intervento interferisce con la zona del Parco naturale dei Monti Aurunci e nell’IBA (ImportantBirdAreas), ai sensi della normativa europea estesa a questo gruppo montuoso ricomprendendo i Monti Musoni. C’è poi la valutazione da compiere sulla cantierizzazione di gallerie e viadotti nei tratti in variante. Poiché il progetto è stato incluso nella delibera del CIPE del 21.12.01, esso andava sottoposto alla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) da parte del Ministero dell’Ambiente. Invece non risulta corredato da tale Valutazione. Ma il fatto più singolare è che, a fronte della censura inflitta dall’Autorità Antitrust della procedura di infrazione della Commissione Europea sulla violazione delle norme riguardanti le norme sulle gare pubbliche e sugli appalti – visto il ruolo svolto dall’ARCEA SpA – Governo ed ANAS si sono ben guardati dall’intervenire sulla Regione Lazio ed hanno anzi consentito la presentazione alla VIA di un nuovo progetto.

Sul piano della procedura rilievi decisamente pesanti sono stati mossi il 14 gennaio scorso dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici in relazione all’affidamento alla società ARCEA Lazio SpA (a prevalente capitale regionale) della progettazione, realizzazione e gestione dell’opera. Essa infatti ritiene che l’ARCEA abbia natura di organismo di diritto pubblico e quindi sia soggetta alle regole della legge Merloni sugli appalti pubblici. Pertanto occorre per essa esperire una regolare gara d’appalto. La Regione Lazio non ha tenuto conto del rilievo operato dall’Autorità (che ha sede presso il Ministero delle Infrastrutture) affidando direttamente all’ARCEA una Variante al progetto preliminare. La Commissione Europea ha inviato per essa una lettera di messa in mora per violazione di due Direttive europee e degli art. 43 e 49 del Trattato UE.

Poi ci sono anche qui evidenti incoerenze e contraddizioni nel piano finanziario dell’opera. Sia il primo che il secondo progetto costano infatti la bellezza di 3 miliardi di euro. Tanti rispetto alle risorse disponibili e ai flussi (modesti) di traffico che colpedaggiamento potranno coprire soltanto una quota molto contenuta dei costi complessivi dell’opera. Se poi sommiamo il costo dei due Corridoi Tirrenici (Nord e Sud) avviciniamo i 5 miliardi di euro,quando dal 2002 al 2006 il Governo ha stanziato per l’intero Primo Programma delle opere strategiche sul territorio nazionale soltanto 9 miliardi di euro.

A questo punto occorre sottolineare il ruolo essenziale che hanno avuto sia in Toscana che nel Lazio comitati di cittadini sganciati dai partiti di ogni collocazione, associazioni locali e nazionali notoriamente “trasversali”, riunendo in modo molto vitale e consapevole anche imprenditori e operatori del settore agricolo-alimentare, del comparto industriale e turistico.

Lungo l’Aurelia non ancora a quattro corsie e con frequenti attraversamenti a raso il numero e la pericolosità degli incidenti continua ad essere elevata. Ancor più alti si presentano gli indici di rischio sulla Pontina. La pretesa di realizzare, anche senza i mezzi indispensabili e senza progetti tecnicamente credibili, altrettante autostrade non fa che allontanare cinicamente nel tempo la soluzione realistica dell’adeguamento e del potenziamento delle due strade statali, non fa che rendere cronico lo stillicidio di morti, di feriti, di infortunati su di esse. L’Aurelia, nel tratto grossetano e ancor più in quelloviterbese, e la Pontina presentano infatti indici di gravità, di incidenti/Km, di rischio di incidenti e di rischio di mortalità spesso nettamente superiori alla media delle altre strade statali delle rispettive regioni. Adeguare e potenziare le due arterie, al più presto, è, o dovrebbe essere, un preciso dovere. Questo drammatico rilievo di fondo era inevitabile alla fine di un riepilogo cronistico delle vicende che hanno accompagnato, con passaggi francamente sconcertanti, i due tracciati, quanto mai approssimativi, del Corridoio Tirrenico. Qui, oggi, ne verrà fatta una analisi molto approfondita, a conferma che i “no” all’idea vecchia e superata, tutta autostradale, delle Grandi Opere non sono affatto “ideologici” e che comunque ad essi non ci limitiamo facendo emergere controproposte serie, realistiche e ben fondate.

Vittorio Emiliani

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