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Galapagos
Una crisi nel vuoto
18 Marzo 2008
Capitalismo oggi
Nella crisi finanziaria di oggi le contraddizioni di un sistema che scricchiola, pericolosamente. Da il manifesto, 18 marzo 2008 (m.p.g.)


Il capitalismo globale se la passa male e, per l'ex presidente della Fed Alan Greenspan, quella attuale è la peggiore crisi del dopoguerra. Ma in Italia nessuno sembra accorgesene. Basta guardare i programmi elettorali. Il comunismo non sarà all'ordine del giorno, ma in questa fase di crisi di sistema c'è un vuoto di idee e proposte.

Circa 90 anni fa Rosa Luxemburg fece una analisi straordinaria di quella fase di globalizzazione, dell'apertura ai mercati di approvvigionamento di materie prime da parte dei paesi industrializzati e della creazione di mercati di sbocco per la sovraproduzione degli stessi paesi. Negli ultimi anni la situazione si è modificata: i paesi emergenti sono diventati, oltre a un enorme serbatoio di domanda, un fornitore straordinario di prodotti per i paesi del primo mondo. A questo punto la contraddizione della sovraproduzione si è riprodotta.

Con una aggravante: mentre ai tempi dell'Urss il proletario occidentale beneficiava (con il boom dello stato sociale) dei vantaggi della guerra fredda, da anni con l'Urss sparita, lo stato sociale si è progressivamente ridotto, fino quasi ad annullarsi in alcuni paesi nei quali (come gli Usa) regge solo un po' di flexsecurity sotto forma di sussidi di disoccupazione. La crisi attuale nasce proprio dal trionfo della globalizzazione e del liberismo. E non a caso il primo paese nel quale è esplosa sono gli Stati uniti, mentre per ora - a fatica - la vecchia Europa regge.

Collateralmente è esplosa la crisi della finanza che dovrebbe garantire tra l'altro - con i fondi pensione - anche il futuro di centinaia di milioni di persone. Negli ultimi 10 anni la finanza creativa ha conosciuto - senza controlli - un autentico boom: il giro d'affari che movimenta è centinaia di volte superiore al Pil mondiale. Lo è praticamente esentasse con un meccanismo diabolico che consente con pochi spicci di muovere miliardi. La finanza esalta il ciclo economico: quando le cose vanno bene le fa andare ancora meglio, ma quando qualcosa non va, l'economia reale subisce contraccolpi micidiali. Di organismi di controllo ne esistono decine (dalla banche centrali, alle varie autorità tipo la Sec e la Consob) ma la speculazione è andata liscia, negli ultimi anni ha fatto quello che voleva e i risultati sono ora sotto gli occhi di tutti. Insomma, parlare di finanza, significa parlare - più o meno direttamente - di economia reale, della vita delle persone costrette ad accettare i mutui subprime a tassi altissimi per poter comprarsi casa. Senza contare che la crisi della finanza porterà un vecchiaia grama per una moltitudine di futuri pensionati.

Ma torniamo ai programmi e alla politica: si può anche abolire (Berlusconi) l'Ici sulla prima casa, si può ridurre (Veltroni) la pressione fiscale ai lavoratori dipendenti. Ma è inutile se dalla crisi attuale non si matura un'ipotesi «riformista»: questo mondo com'è, è destinato ad andare sempre peggio se non si mettono al primo posto i bisogni fondamentali dei più e non si rilancia un'ipotesi di controllo della produzione e della distribuzione del reddito.
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