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Giampiero Spinelli
La cintura verde metropolitana milanese (2005)
29 Luglio 2009
1951, il Piano Intercomunale Milanese
La genesi formativa recente della greenbelt del Parco Sud agricolo. Estratti da: Centro Studi PIM, Il paesaggio, la natura, la città. Le aree verdi nella configurazione del territorio metropolitano, 2005 (f.b.)

Il sistema del verde nel “Progetto generale di Piano Intercomunale” del 1967

Con l’approvazione da parte del Ministero, nel 1959, della nuova perimetrazione proposta dal Comune di Milano per la redazione del Piano Intercomunale (35 comuni che diverranno 92 nel 1967) e superate, mediante una formula di coinvolgimento paritetico, le resistenze iniziali delle amministrazioni comunali interessate dal piano, che temevano una forte diminuzione della propria sovranità territoriale, nel novembre del 1961 si riunisce per la prima volta l’Assemblea dei Sindaci che decide di affidare l’elaborazione del piano ad un organismo tecnico appositamente costituito: il Centro Studi per il Piano Intercomunale Milanese.

Dopo una prima fase nella quale l’attenzione sembra rivolgersi prevalentemente all’analisi ed alla interpretazione delle dinamiche insediative (che porterà alla definizione di “schemi di piano” di notevole forza suggestiva: lo schema “a turbina” del 1963 e quello “lineare” del 1965), l’Assemblea dei Sindaci approva nel 1967 il “Progetto generale di Piano e linee di attuazione prioritaria”, affrontando con un taglio più decisamente operativo i problemi di assetto territoriale dell’area.

Già in questo documento, che sconterà nella sua applicazione concreta i limiti della formula volontaristica di adesione alle scelte di piano che caratterizzerà tutta l’attività del PIM, comincia a delinearsi come elemento qualificante delle scelte di politica insediativa ed infrastrutturale proposte per contrastare i processi in atto di dispersione delle edificazioni e di consumo e compromissione delle aree agricole, un disegno di ampio respiro per il sistema del verde: esso si articola in un livello “di interesse metropolitano” (i cui elementi “portanti” sono costituiti da una serie di “parchi attrezzati”: il Parco Nord, il Parco delle Groane e il Parco di Monza) e in un livello “di interesse locale” (basato prevalentemente sul rispetto degli “standard”, introdotti dalla legge “ponte” dell’aprile del 1967 e precisati dal Decreto Ministeriale dell’aprile dell’anno successivo) al quale viene affidata, oltre alla funzione di salvaguardia territoriale, quella di “supporto per la diffusione dei servizi e dei valori urbani”.

Meno avvertita appare, in questa fase, la questione delle aree agricole del sud Milano che, benché interessate da una crescente edificazione lungo i principali tracciati della viabilità, non vedono ancora intaccata la complessiva compattezza dell’insediamento agricolo e, contrariamente alle aree del nord, sembrano offrire, all’interno dello stesso ambito PIM, buone possibilità di collegamento e connessione in un disegno di scala territoriale. […]

Una cintura verde per l’area metropolitana milanese: gli anni ’70 e ‘80

All’inizio degli anni ’80, mentre prosegue un confronto serrato tra le forze politiche e le associazioni ambientaliste per la definitiva approvazione del piano generale delle aree protette regionali, l’approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento del Parco del Ticino, con la LR n° 33 del 22 marzo 1980, e la pubblicazione dello Schema di Piano Territoriale di Coordinamento Comprensoriale elaborato dal PIM ed approvato dal Consiglio Direttivo il 13 marzo 1980, sembrano aprire una nuova stagione nella pianificazione di “area vasta”, all’interno della quale la “politica del verde” comincia ad assumere una più matura articolazione.

Lo Schema di Piano Comprensoriale, in particolare, contiene la prima proposta organica per la realizzazione di una cintura verde di scala metropolitana.

Nei documenti di piano viene infatti posta con chiarezza, affrontando il tema del verde comprensoriale, l’esigenza di salvaguardare un corretto equilibrio tra aree urbanizzate ed aree verdi (superando la pura logica degli standard urbanistici e considerando invece il rapporto tra il complesso delle aree verdi – agricole e non – ed il complesso delle aree urbanizzate) e, in particolare, di tutelare quelle aree che, per la loro compattezza e continuità, potevano costituire i collegamenti tra il verde metropolitano ed il sistema del verde regionale, ponendo così le premesse per una inversione di tendenza rispetto al progressivo e preoccupante de­grado della qualità ambientale delle aree extraurbane.

Si sottolineava inoltre come, rispetto a questi obiettivi, la situazione complessiva fosse ormai prossima al “livello di guardia”, ma risultasse comunque ancora possibile operare per il loro conseguimento sulla base di una volontà politica che individuasse come punto fermo la salvaguardia rigorosa delle aree essenziali al sistema del verde comprensoriale.

Coerentemente con queste premesse, il piano indicava la soglia del 50% come limite quantitativo da non valicare nell’urbanizzazione del territorio comprensoriale e definiva planimetricamente le aree da salvaguardare come “cintura verde metropolitana”, individuando al suo interno le aree agricole produttive, le aree a verde agricolo-ecologico e le aree a parco e verde attrezzato comprensoriale; una particolare attenzione era dedicata al settore sud della cintura metropolitana per il quale veniva riconfermata la proposta, ormai da tempo presente nel dibattito culturale, di un “parco diffuso” integrato alle aree agricole, il Parco Sud.

All’interno del complesso delle aree di cintura individuate, il piano proponeva di “ controllare ogni mutamento significativo dell’uso del suolo e del paesaggio, impedendo a tempo lungo ogni trasformazione difforme da quella a “verde” con la sola eccezione di opere pubbliche per le quali una particolare istruttoria abbia verificato l’impossibilità di collocazione alternativa, abbia esplicitato – in termini di ‘costi-benefici’ – il danno arrecato al sistema del verde comprensoriale dall’opera in rapporto ai benefici connessi alla sua attuazione ed infine abbia verificato che ogni sforzo sia stato compiuto in termini di qualità del progetto per il migliore inserimento dell’opera sotto il profilo ambientale e paesistico”.

Pubblicato nel 1982, quando era ormai stato decretato lo scioglimento degli organismi comprensoriali, il piano costituirà in ogni caso un riferimento importante per la definizione delle politiche territoriali nell’area milanese.

Con la promulgazione della legge-quadro n° 86 (“ Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale”), approvata nel novembre 1983, la Regione Lombardia porta a compimento il processo avviato nel decennio precedente: viene individuato un sistema costituito da 23 parchi e vengono istituiti tre nuovi parchi (Adda Nord, Adda Sud e Valle del Lambro), che si aggiungono a quelli istituiti nel corso degli anni ’70 (Ticino, Groane, Nord Milano, Colli di Bergamo e Monte Barro).

La legge inoltre, istituendo le “Commissioni Provinciali per l’ambiente naturale”, affida alle Province nuovi compiti connessi alla individuazione dei particolari valori del territorio e delle misure per la loro tutela.

In questo contesto, ed in assenza di un organismo istituzionale di livello sovracomunale in grado di definire le scelte generali di pianificazione del territorio e di verificare la coerenza delle politiche condotte alla scala locale, la Provincia di Milano, chiamata a completare il quadro territoriale delle aree protette anche adottando misure di controllo ed indirizzo della pianificazione comunale, si fa promotrice di studi, ricerche e momenti di dibattito e confronto che, partendo dal disegno definito nel Piano Comprensoriale, intendono approfondirne le in­dicazioni e individuare le possibili politiche di intervento.

La ricerca promossa nel 1984 su “Il sistema delle aree verdi nel territorio provinciale”, si proponeva, in particolare, (attraverso una valutazione delle risorse, delle opportunità di valorizzazione e degli strumenti di tutela già attivati per le aree non urbane, la verifica della sensibilità delle comunità locali e l’esame della “politica del verde” in alcune grandi aree metropolitane quali Londra, Parigi e Rotterdam) di individuare uno schema di riferimento generale e di fornire indicazioni per l’iniziativa della Provincia, finalizzata a consolidare la tutela delle “aree di cintura” ed a promuovere e coordinare le iniziative comunali per la loro valorizzazione e fruizione pubblica.

I temi che emergono e i principali settori sui quali si propone, anche alla luce delle esperienze condotte nelle altre aree metropolitane europee, di concentrare l’attenzione e l’iniziativa provinciale sono soprattutto, oltre alla tutela ed alla qualificazione delle attività agricole esistenti, quello dello sviluppo delle attività forestali e, in particolare, quello della costruzione di un sistema di attrezzature che consentano e favoriscano una effettiva fruizione sociale del verde e degli spazi aperti.

L’impegno della Provincia e la forte mobilitazione delle associazioni e dei cittadini su questi temi porteranno all’approvazione della LR 41/85, istitutiva dei “parchi di cintura metropolitana”, e all’inclusione all’interno di questa categoria, su proposta dell’amministrazione provinciale, del Parco Sud Milano.

Con la definitiva istituzione del Parco Sud, che avverrà tuttavia solo nel 1990, l’obiettivo della salvaguardia di tutti i grandi ambiti territoriali individuati nel disegno della “cintura verde metropolitana” proposta dal Piano Comprensoriale del 1980 verrà finalmente raggiunto e inizierà una nuova fase, quella della sua “costruzione” in un rapporto di effettiva collaborazione tra i molteplici soggetti interessati.

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